Pierre Gasly, una vita da mediano: mirino sul 2024

Pierre Gasly, una vita da mediano: mirino sul 2024© Getty Images

Il francese proseguirà la sua avventura a Faenza, dove diventerà il pilota con più presenze nella storia della scuderia: ma per il 2024 vuole un top team per non restare nel limbo del centrogruppo 

24.06.2022 ( Aggiornata il 24.06.2022 15:09 )

Pierre Gasly non si sente un mediano. Anzi, è uno che nelle ultime due stagioni si è auto-candidato al secondo sedile in Red Bull, nuovamente al fianco di Max Verstappen, per raccogliere di nuovo quella sfida che a suo tempo lo aveva scottato. Il problema però non è sentirsi un mediano, quanto piuttosto esserlo agli occhi degli altri.

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Si guarda al 2024

La conferma in chiave 2023 con AlphaTauri era solo una formalità, e di fatto smuove poco o niente sul mercato piloti. La Red Bull di opzioni migliori per la sua scuderia satellite non ne aveva, dato che nel vivaio per adesso convincono in pochi, e forse nessuno appare degno di un sedile per l'anno prossimo; a sua volta Pierre Gasly di piani B era sprovvisto, salvo sperare in un addio anticipato di Daniel Ricciardo in casa McLaren. Hanno preferito non tardare, Pierre e l'AlphaTauri, rimandando all'anno prossimo un discorso che per forza di cose andrà fatto. Perché, diciamo la verità, Pierre Gasly ancora a Faenza oltre il 2023 non ci si vede.

Lui si sente pronto per il grande salto, al salto in un top team. Un salto verso qualcosa che AlphaTauri non potrà mai essere, perché è la vecchia storia dei team B: finché sei il team satellite di qualcuno, se anche le cose andranno alla grandissima sarai sempre e comunque secondo. Certo, c'è l'eccezione del 2008, con la Toro Rosso davanti in classifica alla Red Bull: ma quell'anno a Faenza avevano un certo Sebastian Vettel, ed in più a Milton Keynes erano troppo concentrati sulla rivoluzione regolamentare del 2009, quella che ha davvero messo loro le ali.

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Un pilota che ha saputo ricostruirsi

E poi, a Faenza Gasly ha dimostrato tutto ciò che doveva dimostrare. Si è formato nei primi anni, ci è tornato dopo la bocciatura ed ha persino vinto un gran premio. Due imprese mica da poco, quelle di risorgere come un'araba fenice e quella di portare al successo una squadra del centro classifica. La resurrezione post estate 2019 è di quelle da libri di epica: dopo essere stato lanciato (forse troppo presto?) come pilota titolare alla Red Bull, dopo una dozzina di gare a Milton Keynes gli avevano già fatto trovare pronto il biglietto aereo per il ritorno a Faenza. Fu promosso troppo presto alla fine del 2018, oppure bocciato troppo in fretta a metà 2019? E' la domanda che forse lo stesso Pierre si è fatto mille volte. Ma più che darsi una risposta, l'ha voluta dare agli altri. Lui si è rimboccato le maniche, divenendo l'unico, di fatto, bocciato da Helmut Marko in grado di ricostruirsi una reputazione. Con una forza mentale che lo ha portato ad essere simbolo di resilienza: a Spa, nel 2019, nel fine settimana del ritorno in Toro Rosso vide in diretta la morte dell'amico Anthoine Hubert, in F2, una combinazione di fattori letale, da distruggere la psiche di tanti. Di tanti, ma non la sua: a novembre era sul podio e l'anno dopo sul gradino più alto in quella indimenticabile Monza 2020.

Tra il 2020 ed il 2021 Pierre Gasly ha vissuto due stagioni eccezionali, raccogliendo probabilmente il massimo. Con la squadra di Faenza è già salito sul podio tre volte, compreso il successo di Monza, ed in generale ha offerto prestazioni con le quali sognare la chiamata di una "grande" è lecito. Ma anche a mettersi nei panni della Red Bull, hanno avuto le loro ragioni: Perez è andato tutto sommato bene l'anno scorso (con tanto di vittoria a Baku) ed è andato molto bene nei primi GP del 2022; aveva poco senso, per il team di Milton Keynes, privarsi di uno che è stato capace di mettere sporadicamente in difficoltà Verstappen sul giro secco e sempre molto consistente in gara, senza dimenticare che richiamando Pierre alla casa madre avrebbero lasciato vacante un sedile a Faenza, il quale sarebbe certamente finito a qualcuno meno veloce del francese. Per cui, il gruppo Red Bull ha optato per la stabilità: e per il marchio, è certamente la scelta migliore.

L'esempio di Sainz

Poi però subentra l'ego del pilota, quello che vorrebbe giocarsi le vittorie sempre e non di tanto in tanto, o meglio mai tranne rarissime eccezioni. Ed è qui, che vengono fuori i mal di pancia di Gasly. Il francese classe 1996 è apprezzato nel Circus, è un'alternativa credibile a tanti nomi di spicco ed ha raggiunto già lo status di pilota esperto. A proposito: tra 7 partenze toccherà quota 90 GP con la scuderia di Faenza, superando il record di Daniil Kvyat, fermo a 89; abbastanza per parlare di un'anomalia, data la permanenza lunghissima e contraria al concetto di squadra nata solo per svezzare i piloti. Fu questo il motivo per cui Carlos Sainz si staccò dal cordone ombelicale della lattina più veloce del mondo: volevano tenerlo ancora un po' in Toro Rosso, ma lui disse no grazie, preferendo prendersi i rischi di un cammino individuale, e per poco non rischiò di finire a piedi se solo Alonso non avesse deciso di dire arrivederci alla F1 alla fine del 2018. Però, alla fine la scelta di Carlitos, pur con qualche brivido, ha pagato; è quello che sogna Pierre Gasly, perché lui in mezzo al gruppo, dopo tanto tempo, non vorrebbe più giocare. Basta fare il mediano: per il 2024 vuole una maglia da titolare tra i grandi, in attacco.


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