Red Bull campione Costruttori: da Interlagos 2010 a Suzuka 2023

Red Bull campione Costruttori: da Interlagos 2010 a Suzuka 2023

Dalle bibite energetiche alla Formula 1: il dominio della Red Bull è nato così

26.09.2023 11:07

Gli stand ad ogni angolo del paddock e la musica sparata a palla dietro ai box, ormai, sono solo un ricordo. Era cominciata così, l'avventura Red Bull in F1: simpatici, guasconi, certamente numeri uno a livello pubblicitario. Ma se chiedete se tutti, all'epoca, li avessero presi sul serio, scoprirete che in tanti pensavano fossero solo una squadra tirata su per promuovere un brand e niente più. E invece, la lattina più famosa del globo (sempre dopo la Coca-Cola, eh), oggi è diventata la squadra più forte del mondo in Formula 1.

Li abbiamo ricordati tante volte, gli inizi. Ma occorre ripeterlo un'altra volta, fosse anche solo per l'insegnamento che hanno dato: le apparenze, a volte, ingannano. E poi, le cose possono cambiare: prima perdevano e stavano simpatici a tutti, dopodiché hanno iniziato a vincere e la simpatia è venuta meno. Ma barattare la simpatia per i titoli mondiali, alla fine, è un cambio che ci sta. Horner non sembra proprio il tipo che si lascia toccare da certe cose, figurarsi Marko o Verstappen. A Newey, invece, basta un tecnigrafo in una stanza silenziosa e per lui il mondo può pure finire lì. Sono tre, le teste vincenti della scuderia che sta dominando la Formula 1, con Max nel ruolo di esecutore finale. Tutto il resto, è noia.

Da Interlagos 2010 a Suzuka 2023

Tredici anni dopo, il ricordo di Interlagos è ancora dolce. Quel titolo, il primo della loro storia, passò quasi in sordina: un po' perché ormai lo avevano in pugno da qualche settimana, un po' perché vinsero nel giorno in cui tutti si chiedevano come mai, a doppietta in gara acquisita, non avessero lasciato vincere Mark Webber al posto di Sebastian Vettel, nella sua battaglia iridata con Fernando Alonso e la Ferrari. Poi, sapete anche voi come sia finita: ebbero ragione loro. Ma intanto, a Interlagos, si fermarono a pensare, si fermarono a godere di un successo che era arrivato appena al sesto anno di attività, ed al quarto con Newey al timone tecnico. Era l'anno della RB6, quello: una delle macchine migliori che Adrian avesse mai progettato. Tredici anni dopo, quella stessa frase, quello stesso complimento, è ormai inflazionato: perché da allora, a Milton Keynes di macchine ne hanno sbagliate veramente poche.

C'è stata la RB6, regina del mondiale 2010, e poi c'è stata la RB7, che un po' come la vettura di quest'anno era imprendibile sì, ma solo nelle mani di un pilota, Sebastian Vettel, interprete eccezionale delle nuove gomme Pirelli ma soprattutto della diavoleria degli scarichi soffiati. Venne la RB8, la più scorbutica delle quattro dominatrici della prima era: in Red Bull ci misero un po' a capire di aver cannato la simulazione dei flussi al posteriore, ma quando vennero a capo del problema e la macchina fu rimessa in sesto, beh, non ce ne fu più per nessuno. Infine, toccò alla RB9, la macchina del fine ciclo, l'ultima della stirpe dei V8 aspirati: partì soffrendo la gestione delle gomme, concluse da imbattuta nelle ultime nove gare, sempre con Vettel. Le piroette di Seb in India restano la cartolina vincente di quella cavalcata.

Poi arrivarono le power unit e tutto cambiò

Poi vennero le power unit, accompagnate dal cambio regolamentare valido anche per l'aerodinamica, e tutto cambiò. Furono gli unici ad interrompere il dominio Mercedes nel 2014, con tre gare vinte, ma i successi a ripetizione finirono lì: Vettel se ne andò alla Ferrari, Newey si fece convincere dalle sirene dell'America's Cup e dal progetto di Red Bull Technologies, perché la F1, con quel regolamento, non gli interessava più. 

Ci è voluta poi qualche stagione, con il nuovo ricambio regolamentare del 2017, per riprendere le misure. Tutto, a poco a poco, si è aggiustato: Verstappen è maturato, Newey è tornato, la Honda è cresciuta ed Horner, rimasto al suo posto anche negli anni con poche vittorie (molte ascrivibili alla mancanza di una Pu all'altezza), ha garantito stabilità. Il titolo Piloti del 2021, con la RB16B (non regina tra le squadre), è stato un tocco d'artista: ha interrotto un'egemonia che sembrava imbattibile, ha spezzato un dominio che stava per essere consegnato alla storia da imbattuto, quello della Mercedes. Fu uno scontro tra titani, quello, un rumore degno di quando un corpo irremovibile si scontra con una forza irrefrenabile. 

Il nuovo dominio

Pareva cominciato in salita, il nuovo ciclo tecnico, con un doppio ritiro alla prima gara in Bahrain, nel 2022. Mai impressione però fu più sbagliata: la RB18 si sarebbe ripresa in fretta e sarebbe cresciuta a dismisura. Tolto il peso in eccesso, risolti i piccoli guai di affidabilità, avrebbe riscritto i record della categoria, poi migliorati dalla RB19. E' un concentrato di efficacia, questa macchina: ha il diavolo nei dettagli, perché non ha un vero ed unico punto di forza (come la RB7 degli scarichi soffiati, per intenderci), ma è strepitosa in ogni condizione e sotto tutti i punti di vista. L'efficienza aerodinamica di cui dispone è una lunga coperta da gestire a piacimento, spostandosi verso la rapidità in rettilineo o il carico in curva a seconda delle esigenze; ha una meccanica raffinatissima e complementare alla mappa aerodinamica studiata per questa monoposto, consistente e stabile in ogni condizione, frenata, accelerazione o trasferimenti di carico. Ha pure un motore eccezionale, anche se nessuno pare farci più caso. Ed è messa in mano ad una squadra che sul piano strategico non sbaglia un colpo, perché sa tenere tutto sotto controllo. Nella stagione in cui l'avversario di turno più vicino cambia ogni domenica, la Red Bull è la regina della continuità: efficacia ed efficienza organizzativa assoluta. Chi ci vuole riprovare nel 2024, prego, si accomodi.


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