Da Vasseur a Vasseur: il bilancio Ferrari dopo un anno con Frederic

Da Vasseur a Vasseur: il bilancio Ferrari dopo un anno con Frederic© Getty Images

Felice dopo un anno al timone della Scuderia di Maranello, il team principal francese si gode la sola vittoria di Sainz anche se non è ciò che si sognava

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Carlo Vanzini

21.12.2023 11:24

Non ancora un anno tondo, dall’insediamento ufficiale, ma ci siamo se consideriamo invece il giorno dell’annuncio di metà dicembre 2022: “Ferrari N.V. (NYSE/EXM: RACE) (“Ferrari” o la “Società”) ha annunciato oggi che Fred Vasseur entrerà a far parte della Scuderia Ferrari il 9 gennaio come Team Principal e General Manager”. In quel comunicato le prime righe ricalcavano soprattutto la sua longevità nel motorsport: "Vasseur ha un’esperienza di oltre 25 anni di successi nelle corse automobilistiche, a partire dalle formule junior e nell’ultimo decennio in Formula 1. Durante questo periodo, è stato ampiamente riconosciuto anche il suo successo nel promuovere piloti di talento, conquistando la serie GP2 sia nel 2005 (Nico Rosberg) che nel 2006 (Lewis Hamilton)".

Partiamo da qui, dall’esperienza. Vasseur è stato evidentemente convinto che la SF2023 fosse una macchina da mondiale, perché altrimenti, uno della sua “anzianità” agonistica, non si sarebbe mai sbilanciato, con il resto del gruppo, in proclami bellicosi nei confronti della Red Bull. Il tempo insegna che c’è sempre da imparare ed è quello che ha voluto rimarcare, nel non proclamare chissà cosa, durante il pranzo natalizio. Meglio aspettare, ben convinto della buona crescita nel finale della stagione passata, portando di fatto già un cambiamento rispetto all’ormai decennale e cronica perdita di prestazione nella seconda metà del campionato. L’inizio burrascoso con gli addii di Sanchez e Mekies avrebbero piegato una quercia e invece lui ha tenuto sempre il punto, con quella risata che per chi non l’avesse ancora capito è il suo modo per prendersi quel paio di secondi in più, per elaborare la risposta più corretta. Mai una frase fuori posto, fin dal primo week end in Bahrain quando ha individuato nel set up uno dei limiti della macchina e il tempo, da buon uomo di pista, gli ha dato ragione.

Nel comunicato non gli si chiedeva la luna: "Questo approccio e la sua leadership sono ciò di cui abbiamo bisogno per far crescere la Ferrari con rinnovata energia", riportando le parole dell’amministratore delegato Vigna, ma una crescita che di fatto c’è stata in tutti i reparti, piloti compresi. Il gruppo si è coeso, ha capito che il capitano ne sa e ha una visione corretta del campo di “battaglia”. Non è scivolato nei nostri tranelli con domande girate ad hoc per staccare la risposta da titolo. Non è arrivato a dire "Non sono pirla", alla Mourinho, ma te lo fa capire nello sguardo della serie "stai provando a fregarmi", non si è fatto “fregare”. Il “mai dire mai” su un futuro in rosso di Verstappen, comunque lontano (contratto con Red Bull scade nel 2028) ha rappresentato forse l’unica concessione a noi che ricamiamo su ogni singola parola. L’impressione è che abbia davvero preso per mano la squadra nel momento della debacle iniziale e l’abbia accompagnata a crescere per uscire dalla burrasca. Red Bull, anzi Max Bull, resta di un’altra dimensione, ma la rossa sembra in buone mani. Sciorinare ottimismo a 32 denti non è proprio il caso, ma aspettarsi altri segnali di crescita è d’obbligo. La Ferrari ha fatto la scelta giusta prendendo un pistaiolo, uno che dopo averci provato con il kart si è messo a studiare per fare il Newey della situazione, ma mentre frequentava l’École supérieure des techniques aéronautiques et de construction automobil, la stessa di Mekies, si scopriva team principal, fondando il team ASM. Una carriera alla Horner o alla Wolff, dalla pista con il casco in testa alla pista per comandare. Rispetto a loro gli mancano 14 titoli piloti e 13 costruttori, ma la pasta è quella lì...

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