Caso Nyck De Vries, il metodo Marko parla chiaro: o rendi o te ne vai!

Caso Nyck De Vries, il metodo Marko parla chiaro: o rendi o te ne vai!

L'allontanamento dell'olandese dal box dell'AlphaTauri è solo la punta dell'iceberg. Ripercorriamo insieme la storia della RedBull e dei suoi piloti

14.07.2023 ( Aggiornata il 14.07.2023 14:42 )

Il caso De Vries, appena licenziato da AlphaTauri, e l’affaire Perez, pericolante in RedBull, sono solo alla punta dell’iceberg. A livello di rapporti, in F1 non v’è storia più travagliata, tempestosa e spietata di quella dei licenziamenti nell’ambito dei team RedBull. Certo, niente è per sempre, ciascun rapporto finisce prima o poi, però mai e poi mai nel mondo dei GP si è assistito a una serie di rotture così deflagranti, improvvise e catastrofiche come nel caso dei piloti racing dell’energy drink nel Circus. Fondamentalmente per un motivo: il metodo Marko. Ovvero la filosofia dell’ex pilota Helmut Marko, classe 1943, talento tramontato a causa di un incidente di gara che gli fa perdere un occhio nel GP di Francia 1972 e a inizio del terzo millennio tornato alla ribalta quale consigliere principe del boss Red Bull Didi Mateschitz.

Filosofia Marko in poche parole: in F1 o vai e rendi, oppure te ne vai

Il primo della lista è Scott Speed, americanino in forza a Toro Rosso, che nel 2006 viene allontanato addirittura fisicamente a spinte, dopo un alterco al Nurburgring col Team Principal Franz Tost. Il tutto prelude all’arrivo di Seb Vettel, la young star che porterà quattro mondiali piloti in cara RBR. Quanto al team principal, ovvero la Red Bull, il debutto, nel 2005 è segnato da un vero e proprio Shootout tra Tonio Liuzzi e l’austriaco Christian Klien, che si dividono la macchina, in attesa di capire chi è il più forte. Risolverà tutto la nascita di Toro Rosso, verso la quale Tonio sarà girato l’anno dopo, finendo però il rapporto al termine del 2007 perché il coproprietario Berger vuol far spazio al francese Seb Bourdais, che però fallirà e ben presto finirà sostituito. Dopo di lui, lo spagnolo Jaime Alguersuari conoscerà una vera e propria umiliazione, tanto da uscire dalla squadra a fine 2011 per darsi alla carriera di DeeJay: «Non ne potevo più dei rimbrotti di Marko, era diventato un incubo che sonavo anche di notte».
Poi Jean-Eric Vergne e Sebastien Buemi non conoscono destini migliori con francese fuori a fine 2014 e lo svizzero out già al termine del 2011. Ma il massimo si tocca nel 2015, con l’arrivo in Toro Rosso della stella teenager Max Verstappen, il quale diventa il vero e proprio detonatore dell’ordigno Marko, da lì in poi. Nella squadra faentina, tanto per cominciare, mette ombra su Sainz, quindi l’anno dopo propizia il siluramento di Kvyat dirottato in Toro Rosso, nel giorno della storica vittoria dell’olandese in Spagna. Poi è il turno di Brendon Hartley, quindi del richiamato Kvyat, che prelude a De Vries.
Quanto alla Red Bull, dopo tanta stabilità all’inizio e una certa continuità di militanze, su tutte quella di Vettel e l’altra di Webber, è il regno di Verstappen che dal 2016 in poi diventa il motivo dell’abrasiva consunzione del secondo sedile del team che vede, di seguito, giubilati Daniel Ricciardo, Pierre Gasly, Alexander Albon e ora “Checo” Perez decisamente sotto schiaffo, dopo una raffica di GP deludentissimi. Eppure, dati alla mano, i conti tornano. Quattri mondiali vinti da Vettel e dalla RBR-Renault e due titoli conquistati da Verstappen e uno dalla RBR-Honda più altri due in arrivo quest’anno, dimostrano che i criteri volti a preservare chi vince e a far durare poco chi non sta al passo, hanno un senso, eccome.
Il metodo Marko trionfa e il turn-over continua a imperare. Scoprendo che il consumismo è alla base non solo del sistema economico mondiale ma anche del ciclo vincente Red Bull.


  • Link copiato

Commenti

Leggi autosprint su tutti i tuoi dispositivi