Riviviamo i giorni della F1 autocostruita coraggiosamente dal pilota britannico, piccolo grade eroe dei GP, nel ’77 e dotata del nome della casa di frigoriferi paterna
Si parte sotto la pioggia battente tra toccate, scodate e colonne d’acqua nebulizzata. Pit-stop a go-go, contagiri in tilt, piloti quasi smarriti. Sì, sembra una guerra. Quando la pioggia cessa e la pista s’asciuga, inizia una lunga teoria di mono- posto in fila ai box a cambiare le gomme e il coriaceo David decide d’essere l’ultimo a rientrare.
Così a un certo punto dagli altoparlanti lo speaker prende fiato e pronuncia una frase che nessuno di chi è in ascolto mai più dimenticherà: "Attenzione, attenzione! - e giù una pausa sapiente - la Lec di David Purley ha preso il comando". Dura neanche un giro il sogno folle dell’ex parà. Lauda su Ferrari, in rimonta, lo pressa, puntandolo da tutte le parti, e alla fine lo passa. A fine gara Niki aggredisce David, accusandolo di averlo ostacolato: "No, se eri più forte di me dovevi passare subito. Uno che ragiona come te non è degno di stare nel mio libro dei campioni" - replica l’inglese. Lauda taglia corto: «Zitto, coniglio!».
Purley sorride e se ne va.
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