Con le
performance delle
Toyota TS 040 evidenti già dalla gara di Silverstone e le
Porsche 919 Hybrid piuttosto veloci nelle prove, affermare prima della gara che il
team Audi dovesse contare sulla sua
esperienza e sull’affidabilità delle R18 e-tron quattro sembrava un po’ stucchevole, il contentino concesso giusto per non dire che fossero fuori gara. Invece la 82esima edizione della
24 Ore di Le Mans si è confermata una volta di più una gara di durata ma soprattutto dura, in cui nulla risulta scontato e nella quale l’affidabilità e la capacità della squadra di affrontare i problemi assumono un ruolo decisivo. E in misura nettamente superiore perfino a quanto i più pessimisti avrebbero potuto ipotizzare prima del via.
Ciò al di là delle
sfortune e dei singoli episodi di gara, come l’incidente che ha tolto di gara il nostro
Marco Bonanomi quando stava dimostrando di poter lottare a pari degli altri. Un episodio che, assieme al
tour de force dei meccanici Audi quando hanno ricostruito la numero 1 distrutta da Duval, dimostra come la tendenza ad “abbondare” dell’Audi fosse motivata; non solo
abbondare in ricambi (che ha permesso la ricostruzione di una vettura completa) ma anche come
numero di vetture schierate in pista. Perché al di là della doppietta al traguardo, va sottolineato che le squadre avversarie,
Toyota e soprattutto
Porsche, hanno avuto problemi di vario genere su entrambe le vetture schierate. Una in più avrebbe potuto fare la differenza.
Non dimentichiamo infatti che
entrambe le Audi al vertice sono state a lungo ferme ai box per la sostituzione del turbocompressore, giusto per citare il più importante dei
vari problemi accusati. Con
Ullrich che avrà perso qualche anno di vita per le intense ed altalenanti emozioni vissute in questa gara. Solo che gli avversari ne hanno avuti anche di più, di problemi, come la
Toyota terza dopo essere andata quasi distrutta (foto sotto) o come la
Porsche che alla fine ha ceduto proprio sul piano dell’affidabilità. Con addirittura certi
spegnimenti improvvisi (risolti da reset di sistema, come se avessimo a che fare con dei computer e non delle auto) che testimoniano come la
tecnologia quasi fantascientifica di queste
macchine ibride comporti parallelamente una complicazione per nulla facile da tenere sotto controllo.
Del resto nemmeno
le più affidabili GT sono state immuni da problemi, che hanno per esempio tolto dalla (bellissima e avvincente) lotta per il vertice alcuni protagonisti come l’
Aston Martin di Turner-Mucke-Senna o la
Corvette di Gavin-Milner-Westbrook. Così la
Ferrari 458 numero 51 ha trionfato sia per la velocità indiscussa di Bruni-Fisichella-Vilander, sia per l’assenza di problemi decisivi grazie alla buona gestione del
team AF Corse. E non si può ignorare che la
Corvette seconda classificata in GTE, quella di Magnussen-Garcia-Taylor, sia stata ferma a lungo ai box nella notte per via di problemi a componenti solitamente “insignificanti”: i
martinetti pneumatici che sollevano la vettura nei pitstop.
Alla fin fine, tuttavia, tutto ciò ha permesso che una volta di più la
24 Ore di Le Mans risultasse una gara avvincente e aperta a qualsiasi risultato fin quasi al traguardo, quindi
ben poco noiosa per chi assisteva nonostante la sua lunghezza, aggiungendo anche stavolta un tassello importante alla storia di questa classica competizione. Se nessuno critica che in questa occasione venga assegnato
il doppio del punteggio, a differenza di quanto accaduto in F1 per la proposta relativa ad Abu Dhabi, un motivo ci sarà…
Maurizio Voltini
