Il punto dopo il GP del Messico: è ora di finirla o i soli sorpassi che contano saranno quelli decisi a tavolino dai commissari
Che la penalizzazione retrocedente comminata a Vettel nel post Gp del Messico sia una vergogna e che la Ferrari in F.1 sia ormai ingiustamente trattata come un cane in piazza, mi pare palese. Così come è altrettanto palmare notare un altro paio di cosette simpatiche come una cistite: in questa stagione qualsiasi cosa facciano i Mercedes boy - all’occorrenza perfino tra loro -, l’atteggiamento giurisprudenziale medio degli indagatori ufficiali è lasciar perdere il più possibile o far finta di guardare da un’altra parte.
Primo, perché nessuno vuol prendersi la responsabilità di decidere un mondiale tramite un foglio di carta bollata - e fin qui posso capire -, secondo magari perché alla Mercedes - forte com’è politicamente oltre che tecnologicamente - igienico è rompere le palle giusto il minimo indispensabile.
Non trovo altra spiegazione al fatto che in Messico pronti-via, Hamilton tira dritto dopo il rettilineo iniziale più lungo dell’universo campionato tutto, immaginando una linea compiacente che nella corretta realtà non esiste ma lo proietta verso una vittoria sicura - perché in questa F.1 potresti assegnare le coppe già dopo la prima frenata -, trasformando la prima curva in un’autostrada rivierasca e tutti zitti, compiacenti e buoni.
Guai chi fiata.
Cioè, calma un attimo: una volta in F.1 se uscivi di pista rischiavi d’ammazzarti, adesso se esondi rischi solo di vincere più facilmente.
Evvai così.
L’altra cosetta su cui zoomare alla fin fine s’inserisce alla perfezione nello scenario appena tracciato e risulta la più odiosa e malinconica di tutte le altre: in F.1 ormai gli arbitri sono i veri protagonisti dei Gran Premi.
Tira più un pelo di naso del commissario inquirente (o acquiescente), che un carro di buoi - quand’anche Buoi o Tori Rossi - con la scocca in carbonio e ibdridamente spinto da un motopropulsore endotermico dotato di ausilii elettrificati.
E adesso, per carità, lasciamo perdere l’ipotesi di un complotto contro la Ferrari, perché in questa stagione il Cavallino, in sofferenza com’è, non risulta essere neppure obiettivo sensibile e appetibile per eventuali geni del male.
No, la realtà di fondo offre uno scenario sostanzialemente più preoccupante. Cioè questo: in Messico, così come nella stragrande maggioranza dei tracciati-toboga -kartodromi di F.1, non c’è verso di poter fare un sorpasso vero, cattivo e pulito.
E ogni qual volta due vetture si sfiorano, s’apre un’indagine, proprio come capita all’incrocio se due neopatentati s’ammaccano le portiere. Con l’aggravante che le regole d’ingaggio in F.1 sono ormai talmente restrittive, che ha più possibilità sistemiche d’opporsi il furgone del latte a una Lamborghini in una camionabile provinciale, che una Ferrari Sf16 H di difendersi da una Red Bull o fate voi chi da cosa. Strano poi sottolineare che Max Verstappen corre al limite e oltre esso da quando è in F.1, ma da sempre con lui le norme s’interpretano, invece con altri s’appiccano a tolleranza zero.
Comunque andiamo oltre: alla fine dei giochi, i sorpassi veri e sicuri, che muovono o bloccano la classifica, non sono neanche quelli fintissimi fatti col Drs, ma vengono effettuati financo tre ore dopo il podio - a tutti gli effetti ridotto a spettacolino ufficioso e oleografico a posizioni provvisorie, fatto per deliziare la mondovisione pagante -, in carta intestata, con firma in calce dei commissari Fia.
In poche parole, se sull’asfalto la F.1 somiglia sempre più al wrestling, fuori dalla pista la massima espressione dell’automobilismo s’ispira sempre più al peggior calcio, con la crescita d’importanza a dimisura di opinabilissimi decisioni della classe arbitrale, peraltro raramente uniformi da Gp a Gp, tendenzialmente financo poco omogenee da curva a curva e puntualmente originanti dubbi antipatici assai.
Per questo il vero danno dei pronunciamenti del dopo gara messicano non è contro la Ferrari o avverso il Vettel medesimo, ma soprattutto nei confronti della credibilità di un Circus ormai martoriato ed esausto.
Tanto che mai come ora la F.1 iper-regolamentata fa ahimé rimpiangere l’epica, la giustezza e la giustizia di quella anarchica e maschia del tempo che fu.
Tutti gli Sterzi a parte di Mario Donnini
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