Avere continuità per i due Gran Premi tricolori a Monza e Imola fino al 2025 significa ridare impulso e linfa all’epopea dei palcoscenici di casa nostra al mondiale di F.1, per continuare una saga quasi centenaria
Rallegriamoci, consoliamoci, esaltiamoici così: se la Formula Uno per l’Italia è fonte non solo recenti di sospiri e preoccupazioni, con la Ferrari in cerca di rinascita e Antonio Giovinazzi che lotta per assicurarsi un futuro, l’apice del piacere a questo punto si sposta altrove e precisamente concentrandosi sulle gare. Perché la Formula Uno in Italia è come Elisabetta Canalis: le vere prodezze e i motivi d’entusiasmo risiedono tutti nel calendario.
In questo caso il calendario 2022 del mondiale della massima formula, con ben due Gran Premi italiani in programma, ovviamente a Monza e Imola, fino al 2025. Un colpo a sensazione, visto che in Europa ben poche sono le nazioni storicamente e culturalmente forti dal punto di vista dell’automobilismo agonistico ad avere la certezza financo di una sola prova, figuriamoci di due. Tanto che la fortissima Germania in tempi recenti non ha brillato per continuità, la Francia nel 2023 rischia di perdere il Ricard e il suo Gp e, nondimeno, perfino il Belgio è fortemente indiziato di vedere in pericolo la gara nello stesso 2023 e sarebbe un gran peccato perché, al di là di tutto, il circuito di Spa-Francorchamps resta il più bello del campionato oltre che quello più affascinante, probante e da brivido. In altre parole, l’Italia, da un punto di vista positivo, sta diventando un vero e proprio caso, perché il diritto ad avere il doppio Gran Premio nella Formula Uno d’oggi non solo non è cosa da poco, ma rappresenta un raro attestato di autorevolezza, nobiltà narrativa e talento politico-amministrativo.
Sui contesti e i risvolti tecnico-politici, vi rimando direttamente alla lunga intervista che pubblichiamo questa settimana al Presidente dell’Aci Angelo Sticchi Damiani, che rivela contesti e retroscena di questo vero e proprio exploit che un suo senso ce l’ha, eccome. Certo, l’amicizia con Jean Todt e la presenza in plancia di comando per Liberty Media di Stefano Domenicali, oltre che l’apporto governativo dei ministri Di Maio, Giovannini e Franco, più il ruolo del Presidente dela Emilia Romagna Bonaccini, hanno contribuito alla grande, ma è anche possibile cogliere e andare oltre questo, per dire che non è solo un fatto di politica, fee pagate, soldi racimolati e posizione strategicamente vincente. Insomma, qui il discorso diventa diverso e l’Italia, come all’inizio degli Anni ’80 e per il quarto di secolo seguente, torna ad essere una delle colonne portanti del campionato del mondo di F.1 e forse qualccosa di più.
Perché, parliamoci chiaro, da sempre un Gran Premio nella Penisola non è una semplice gara, ma qualcosa d’assai diverso. Perché storicamente rappresenta una sfida del tutto speciale, con la Ferrari puntualmente sotto pressione e chiamata a grande imprese, più i top team di solito belli aggressivi e i piloti che un qualcosa di più lo danno, perché vincere un Gran Premio a Monza o sulle Rive del Santerno sono raggiungimenti che un po’ la vita e la carriera te le cambiano. Insomma, se è vero che in Italia risiede il 70% del patrimonio culturale mondiale, spostando il ragionamento in termini di Formula Uno, possiamo dire che tra Imola e Monza alligna una gran percentuale delle emozioni, delle vicende e del patrimonio esistenziale che hanno caratterizzato la storia della massima formula, visto che l’atmosfera, il pathos, l’emozione e il senso della sfida assumono sempre un che di particolare, nelle due corse di casa nostra. Penisamo alle leggende di Gilles Villeneuve e Ayrton Senna, per non tacere di Michael Schumacher: vincere o convincere da noi è diverso, su. E poi nessuno sa tifare come tifa un italiano. Con gioia, passione, trasporto e un’esperienza mediamente ampia, forte e radicata. Tanto che questa bella, stupenda e galvanizzante notizia piace anche interpretarla e leggerla in modo sognante, romantico e alternativo.
Pensando a una Formula Uno ormai un po’ svuotata e in cerca di referenti culturali, etnici e paradigmatici e orientata proprio a darsi un nuovo impulso basando sull’Italia non in uno ma addirittura su proiezione pluriennale di due Gran Premi a stagione, quasi a voler raccontare al mondo che siamo la vera patria del Motorsport come il Brasile lo è della samba.
Poi staremo a vedere.
Speriamo che la Ferrari torni a vincere presto e spesso e che gli italiani continuino a correre per evitare nuovi e fastidiosi vuoti, però, intanto, la soddisfazione e il vanto risiedono altrove: la Formula Uno pensa sempre più all’Italia e l’Italia si ritrova e si riconosce sempre più sulla F.1, con due piste meravigliose frutto di epopee parallele e ricche di sognanti realtà, con il superamento definitivo di un dualismo antico che risaliva addirittura alla seconda metà degli Anni ’70, quando l’autodromo di Monza sembrava sempre più in crisi a causa delle istanze ecologiste e la pista del Santerno sempre più in auge visto l’appoggio incondizionato a essa offerto da Enzo Ferrari. Ora, ed era davvero ora, anche senza il beneplacito di Bernie Ecclestone, Monza e Imola tornano a vivere alla grande e a convivere pacificamente e costruttivamente, pronte a raccontare un’infinità di storie capaci ancora di regalarci emozioni e tanta poesia. Italians do it better, diceva la cantante Madonna negli Anni ’80, e qualcosa del genere sembra emergere da tutta questa faccenda che ci vede chiamati e richiamati per tornare a essere la spina dorsale ideologica di questa Formula.
Uno sempre più alla ricerca di una nuova identità andando a riscoprire le matrici esistenziali più intime e vere di se stessa e trovandole proprio a casa nostra. Dove le corse si organizzano, si vivono e si frequentano con rigore, precisione e scintillante professionismo, ma con un cuore che le sa filtrare e respirare ancora come immense feste di paese, ricche della capacità d’innamorarsi per ciò che sta accadendo sotto i nostri occhi. Per questo i due Gp stabili a Monza e Imola fino al 2025 sono molto di più di quel che sembrano, testimoniando l’importanza dell’Italia nel futuro della Formula Uno che sta cambiando, guardando sempre più a come noi sappiamo plasmarla, raccontarla e viverla.
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