A porte aperte il WEC batte la F1

A porte aperte il WEC batte la F1

È il Mondiale dal volto umano che accoglie Costruttori nell'Hypercar e giovani validi senza trafile insopportabili

27.11.2023 09:30

Certo che se uno fa il confronto tra WEC e F.1 in chiave 2024, c’è da restar di sasso. Tanto per cominciare, nei GP la griglia di partenza, a parte posti e nomi marginali - con rispetto parlando, eh -, resta esattamente la stessa. Zero mosse al top. Non vi sarà neppure nessun cambiamento regolamentare di rilievo, peraltro. Così la stagione più monocorde, noiosa e scontata nella storia del Mondiale, ovvero la terza puntata della Verstappeneide - un po’ forzata la prima e pallosissime le altre due -, avrà per erede un’annata in cui fin da ora si sa che l’assetto strutturale e il tema normativo resteranno assolutamente uguali per due anni filati, in attesa della svolta targata 2026, trasferendo su progettisti e uffici tecnici le residue speranze di rivoluzione o mutamento nella scala dei valori. D’altronde l’idea che AlphaTauri diventerà Racing Bulls, l’unico vero colpo di scena in cantiere, non entusiasma manco la zia di Tsunoda.

Kubica nel WEC con AF Corse, finalmente c'è la Ferrari

F1 immutabile, WEC in piena rivoluzione

Ovviamente nada segnali di apertura a qualche nuovo concorrente, col promoter Liberty Media che, al contrario, sparerà le ultime cartucce per cercare d’impedire l’entrata del team Andretti Cadillac dal 2025, in questo spalleggiata dalla maggior parte dei concorrenti già presenti, all’elegante grido che in dieci se magna meglio che in undici. Olé. Tutt’altra musica nel WEC. Trentotto macchine al via, tra cui una ventina di Hypercar. Spariscono, con l’eccezione della 24 Ore di Le Mans, le vecchie Lmp2, mentre nella categoria superiore spopolano le Case e i nomi eccellenti e in Gran Turismo le GT3 sostituiscono le GTE.

Nyck De Vries entra a far parte del team Toyota, Raffaele Marciello diventa uomo BMW, mentre Mick Schumacher sarà stella dell’Alpine e Robert Kubica corona finalmente il sogno antico e romantico di diventare pilota Ferrari, anche se della terza 499P, quella battente bandiera AF Corse. Su questa, insieme a Lilou Wadoux, ci sarà Robert Shwartzman, giovane russo a passaporto israeliano, velocissimo terzo uomo Ferrari F.1, che per avere uno sbocco agonistico si affiderà proprio al mondiale di durata. Per parte sua la Lamborghini schiera Daniil Kvyat e Romain Grosjean, mescolati a Mirko Bortolotti e ad Andrea Caldarelli, che sono pur sempre un bell’andare, così come scalpitano veterani ex F.1 quali Stoffel Vandoorne alla Peugeot e Jenson Button sempre più deciso a correre con una delle Porsche private, laddove Gimmi Bruni resta uomo Proton. La stessa Isotta Fraschini, legatasi alla Duqueine come braccio agonistico, pare vicina a schierare un nome di richiamo sicuro, perché appoggiandosi al team satellite, oltre a veder confermato il suo tester Jean Karl-Vernay, dovrebbe accogliere un nome di richiamo come Nelson Piquet Junior.

E tutto questo si va ad aggiungere, con BMW, Lambo e Isotta, al plateau di partecipanti di quest’anno, che già da solo era da urlo, con l’eccezione di Glickenhaus e Vanwall in uscita, salvo colpi di scena, ma questo fa parte dell’alternarsi delle umane cose e ci sta tutto. Il fatto è che il confronto tra le due categorie appare sempre più stridente. Da una parte sta la F.1, specie di circoletto esclusivo per ipersupermiliardari spocchiosi, una micidiale e scostante conventio ad excludendum, la quale desidera sempre più spettatori a sua non specchiata immagine e schifata somiglianza.

Clienti immaginati tali e quali a mucche tonte pronte a farsi mungere con biglietti a weekend dall’importo pari a un incidente stradale di media entità, con gare e garette totalmente scontate e un calendario che sembra la via di mezzo tra un’asta sgangherata per sceicchi e una mano di Mercante in Fiera.

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Endurance con le porte aperte. Ma il BoP...

Roba del tutto diversa il WEC, salito a otto gare, compresa la graditissima riscoperta del circuito di Imola, con la mistica Le Mans sempre al centro del ring. Mentre, grazie a Dio, l’endurance resta per forza di cose la sola categoria al mondo ideologicamente aliena a sprint race o Granpremietti che di si voglia.

Per farla corta? La F.1 è sempre peggio, il WEC sempre meglio. Nella prima sessione di libere ad Abu Dhabi, il Circus fa girare dieci giovani che nei GP di oggi non hanno alcuna possibilità di trovare posto, perché sedili liberi praticamente non ce ne sono.

Il secondo miglior tempo lo fa Drugovich, che però tutti lo stimano e a oggi nessun lo vuole, un anno fermo dopo aver vinto la F.2, esattamente lo stesso destino già toccato a Piastri. Che vergogna. Dov’è la meritocrazia? Invece nel WEC il principio trionfale e trionfante resta quello della porta aperta. Che tu sia Costruttore di livello mondiale, giovane talento ovvero vecchio guerriero delle corse, vieni, provi, ti accordi e corri, punto. No problem.

Poi, ovvio, magari la seconda Isotta Fraschini non l’accettano per sovrannumero e l’ennesima Porsche Hypercar privata ovvio che sì, aumma aumma, perché tutto il mondo è paese, però, dai, vuoi mettere? Il WEC a oggi è il paradiso delle mutazioni, il fiorire delle novità e degli allargamenti, mentre, purtroppo, la F.1 resta il purgatorio dei furbi, fintamente splendente ma narrativamente immobile e stracco. Se solo il WEC fosse così intelligente da abbandonare il famigerato BoP, l’orrendo Balance of Permormance, liberandosi così di questo pestilenziale, intallazzoso e melmoso strumento, la mutazione diverrebbe gioiosamente completa.

Un po’ come nel ballo della scopa alla festa delle nostre scuole medie di tanti anni fa, quando, finita all’improvviso la musica, chi si ritrovava con la ramazza in mano doveva poi far penitenza. E questo WEC merita di ballar sereno, così come la F.1 sta facendo di tutto per appiopparsi la ramazza.

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