Sebastian Vettel racconta se stesso, le differenze di visione sulla F1 rispetto agli esordi, l'importanza relativa del numero delle vittorie, l'esperienza vissuta in Ferrari e il futuro che lo attende in Aston Martin
Quindici anni di carriera in Formula 1 è un traguardo che taglierà con Aston Martin, prossimo approdo scelto non per la necessità a tutti i costi di continuare a “restare nel giro”, ma per misurarsi con qualcosa sicuramente di diverso rispetto a quel che sono stati 5 anni vissuti in Ferrari.
Sebastian Vettel si racconta, intervistato a Beyond The Grid. Il peso, sempre minore e relativo, della vittoria in sé, se considerata come semplice somma numerica di traguardi. Il fallimento della missione ferrarista. I cambiamenti della vita, nel privato, isolato dal professionale, dalla pista.
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E uno sguardo a un giovane tedesco che gli ricorda nei modi il suo idolo. Di Mick Schumacher, Seb dice: “La situazione per com’è adesso è molto difficile per lui ma credo la stia affrontando in un modo molto maturo, che non ti aspetteresti da un uomo che ha passato appena i 20 anni.
Vederlo sulla macchina di suo padre, quel giorno, in quel week end, è stato qualcosa di surreale. Mi piace, è un bravo ragazzo. Sapendo chi è stato suo padre e ciò che ha significato per me, è stato molto speciale”.
Ed è del tutto particolare anche la visione sul successo sportivo. Contare i successi, le pole, i primati, più roba da appassionati della statistica che non una parte essenziale della ragione per cui, Vettel, dice di voler vivere ancora la Formula 1. Qual è il significato della vittoria? “Non dura molto dopo la gara la sensazione. Non voglio sembrare stupido, ma conta sempre meno oggi. Realizzi che si tratta più del viaggio, di quel che ti ha portato a vincere.
Mi piacciono i trofei… vincere ti dà la conferma assoluta di ciò che hai ottenuto. Sono molto competitivo e guidato dall’ottenere il risultato ma... non so, dici 51, 52 vittorie? Quante sono? 53? Non ricordo il numero di vittorie. Quante pole? Non lo so. Campionati 4, è facile.
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Quando parli del 2012, quella gara (Brasile; ndr) è più intorno alla storia che non nella sola vittoria in sé. Per questo dico che è sempre meno importante. Ovviamente sono qui per vincere, non fraintendermi, amo guidare, amo le corse ma non lo farei solo per quello. Devo avere la sensazione di poter vincere e posso vincere la gara, avere la chance. Vincere è ancora importante ma è più una conferma”.
Dall’esordio nel 2006 con BMW, in 14 anni ha scritto pagine importanti della storia della Formula 1, della quale ha una visione differente: “Sì credo sia cambiato l’atteggiamento verso la F1. Sono la stessa persona ma impari lungo la via, impari molto della F1, delle persone, del correre. Ha cambiato la mia visione, la amo ancora ma è un amore diverso da quello di 14 anni fa.
Guardo se c’è qualcosa da imparare ma non guardo al passato, a quanto sono stato grande, solitamente guardo avanti”.
Avanti c’è l’esperienza con Aston Martin, apre un nuovo capitolo che segue 5 stagioni in Ferrari di grandi emozioni, risultati ma anche punti bassi. Ripete quel che è già noto: “Non penso che me ne andrò con dei rimpianti”. Poi approfondisce: “E’ vero che ho fallito, non sono riuscito a vincere il campionato con la Ferrari. Ci sono cose che avrei dovuto fare meglio, cose che avrei dovuto vedere prima, lotte che forse non avrei dovuto fare. Però ogni cosa che ho fatto mi ha portato a dove sono adesso.
Non parlo solitamente di cose accadute in pista, perdere la macchina a Hockenheim su condizioni mezzo bagnato-mezzo asciutto, tanti indicano quello come un punto basso. Se devo essere onesto e duro, ho fallito. Ci sono stati dei motivi ma non li prendo come scuse”.
Del progetto di Lawrence Stroll, unica alternativa percorribile per restare in Formula 1 nel 2021, Sebastian racconta quali stimoli, oltre il dato sportivo, l’abbiano convinto: “C’è stata la mentalità e il desiderio di fare davvero qualcosa e qualcosa di buono. Sembra essere un progetto divertente e voglio esserne parte. E’ molto diverso da Ferrari sul punto di vista delle corse, dove si trova adesso e dove sarà in futuro Aston Martin, ci sono tante cose che si faranno per la prima volta, sarà un viaggio molto sfidante per il team e spero di poter contribuire a tante cose e far bene in macchina e fuori.
Amo le corse, non vedo l’ora di andare alle corse. Come detto non mi pento dell’ultimo anno e il mio tempo passato in Ferrari, è un team diverso, una cultura diversa, però sì la Ferrari è un team speciale in molti versi e dove andrò sarà diverso”.
In 14 anni di Formula 1, Vettel ha sempre mantenuto una netta separazione tra vita sportiva e vita privata. Da un lato i 4 titoli mondiali, dall’altro la famiglia, i tre figli, il matrimonio nel 2019. Altri tempi e condizioni, rischi, quando Enzo Ferrari sanciva il secondo sul cronometro in più a ogni figlio nato. Diversa la F1 odierna. “Quando hai dei figli non cambia le cose, non ti rallenta sul cronometro, non è come se consapevolmente assumi meno rischi e attacchi meno. Però sì ti dà una prospettiva completamente diversa su te stesso, sulla vita in sé, di certo ha un impatto enorme e cambia le cose”.
Famiglia e casa ambienti di isolamento necessario dalle corse: “Sì, le cattive gare ancora mi tengono sveglio la notte, sebbene meno. Tendo ad abituarmi. Considerato dove mi trovo nella mia vita, è bene avere distrazioni, vai a casa e non è focalizzata sulle corse, tutto il contrario e mi piace così. Non ci sono foto sui muri, non l’ho mai voluta così, non è su di ma la casa come famiglia. Ho ovviamente un posto dove dove tengo tutte le cose, colleziono, tengo molte cose perché un giorno sarà bello averle. Anche i piccoli regali dei tifosi”.
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