Non solo Raikkonen: quando Sam Michael disse no alla F1 per tornare a casa

Non solo Raikkonen: quando Sam Michael disse no alla F1 per tornare a casa

Nonostante l'età, sulla decisione di Kimi Raikkonen di lasciare la F1 ha pesato molto il desiderio di trascorrere più tempo con la propria famiglia, una scelta che il famoso ingegnere Sam Michael fece a suo tempo per tornare in Australia e godersi moglie e figli

27.12.2021 ( Aggiornata il 27.12.2021 17:08 )

E' il dorato mondo della Formula 1, tutti lo sognano, tutti lo bramano. Ma poi si arriva ad un certo punto in cui vuoi goderti un tramonto con la persona con cui hai scelto di costruire una famiglia, desideri qualche ora in più per giocare con i tuoi figli, o semplicemente ti va di goderti una birra in più con i tuoi amici. Scene di vita quotidiana di cui non è detto tu possa beneficiare a piacimento quando sei immerso a tempo pieno nel Circus. “Volevo avere più tempo per la mia famiglia”, è stata una delle motivazioni più forti per il ritiro di Kimi Raikkonen, il cui esempio ha fatto tornare alla mente la decisione di un altro protagonista della F1 che fece una scelta coraggiosa a suo tempo: chi si ricorda di Sam Michael?

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F1, non è tutto oro quel che luccica

Kimi di anni ne ha 42, Sam Michael di anni ne aveva 43 quando scelse di tornarsene in Australia con moglie e figli. E ne erano passati 10 da quando era diventato il direttore tecnico più giovane della griglia, a soli 33 anni d'età, a rilevare la scomodissima eredità di Patrick Head alla Williams. Anche questa è storia della Formula 1, un tipo di racconto che a volte si tende a dimenticare, sottolineando sempre le scelte di vita dei piloti ma quasi mai quelle di tutte le persone che la F1 la vivono a 360 gradi forse anche più dei piloti, come gli ingegneri o i meccanici. E trovarne uno, di ingegnere, che nel pieno della maturità abbia avuto il coraggio di salutare tutti quanti è una storia che merita di essere ripresa e raccontata, proprio sulla scia di un Raikkonen che se ne va e di un Circus che, volendo immettere sempre più gare in calendario, sta trovando il malcontento di chi, pur dando tutto alla causa, adesso inizia a farsi domande sul senso e sulla qualità della vita. Perché sì, la F1 è un sogno per tanti, disposti a mettere da parte tante cose pur di raggiungere un obiettivo cullato da piccoli, il vivere appieno un mondo che ti cattura, che ti regala emozioni e sensazioni uniche. Ma è pure un mondo autoreferenziale, dove per stare al passo sei obbligato a straordinari, ad una serie lunghissima di viaggi e ad un numero di cui è semplice perdere il conto di notti passate in hotel anziché a casa. Passi fino a quando sei solo o sola, ma le cose cambiano se hai una famiglia e cambiarono per quel Sam Michael che ebbe la forza di dire basta senza avere ripensamenti.

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Sam, talento precoce

Nei primi anni Duemila il nome di Sam Michael è sulla bocca di tutti. Classe 1971 e cresciuto a Canberra, in Australia, Samuel David Michael attraversa il mondo e si ferma in Europa nel 1993, alla moribonda Lotus, con in tasca una laurea in ingegneria meccanica arricchita da una tesi sull'acquisizione dati su una vettura da corsa. Pochi mesi alla Lotus bastano per farlo notare a Gary Anderson, che se lo porta volentieri alla Jordan nel 1995, l'anno successivo alla bancarotta della Lotus. Da lì comincia una carriera molto precoce: dopo un biennio da ingegnere addetto alla raccolta dati passa alla Ricerca & Sviluppo prima di essere inserito nella squadra test, prologo alla promozione in qualità di ingegnere di pista. In questo ruolo Sam vive annate da protagonista: prima affianca Ralf Schumacher e poi Heinz-Harald Frentzen, con il quale sogna il titolo Piloti nel 1999 chiudendo poi terzo nel mondiale. Due anni più tardi arriva la chiamata della Williams, con il ruolo di ingegnere capo delle operazioni: un incarico molto importante e di grande responsabilità, considerando che Sam a solamente 30 anni si ritrova a coordinare in pista gli ingegneri di una delle squadre più blasonate di sempre. L'esperienza al fianco di Patrick Head è fondamentale e, tre anni più tardi, a Grove scelgono proprio Michael per sostituire Head come direttore tecnico: la prima macchina è la FW27. Purtroppo, in questo romanzo mancherà il lieto fine: Sam non vincerà mai una gara con il team di Grove, salutando tutti alla fine del 2011 per andare in McLaren come direttore sportivo. Ma è come se qualcosa, per un giovanissimo ingegnere sul quale a suo tempo tutti avevano messo gli occhi, si fosse rotto: e così all'inizio del 2014 rassegna le proprie dimissioni ad uno sbigottito Ron Dennis, che non può far altro che accettare la situazione; i due concordano di finire la stagione, poi sarà tempo per Sam di tornare a casa.

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Sam oggi

E così, a 43 anni, dopo una fulminante carriera nel ramo ingegneristico, Sam Michael fa un biglietto d'aereo di sola andata per l'Australia. In realtà è il biglietto del ritorno, perché quello dell'andata lo aveva preso 21 anni prima, quando giovanissimo lasciò l'Oceania per sbarcare in Europa. “Sono stati 21 anni fantastici – racconterà -, ho amato ogni minuto della competizione e le persone, ma ora è tempo di tornare a casa”. Una scelta che a suo tempo creò grande sorpresa, ma che oggi come allora merita assoluto rispetto. Non è mai facile mollare, soprattutto quando hai davanti tanti altri anni ancora di lavoro e guadagno da privilegiato. Ma contava la qualità della vita: contava stare più tempo con i figli e Vanessa, sua moglie, criminologa ed ex campionessa australiana sui 400 metri, contava godersi il surf e la corsa, magari proprio insieme a Vanessa, a cui però “riuscivo a stare dietro solo quando era incinta”. Il motorsport trova ancora posto nella vita di Sam Michael, ma non è più tutto ciò che conta: adesso lavora part-time da qualche anno con il Triple Eight, squadra che milita nel campionato Supercars, là in Australia, dove Michael nel 2021 con il team ha vinto titolo Piloti e Costruttori. Ma quella è solo una parte, c'è altro nella vita oltre ai motori: anche oggi, a 50 anni, meglio un po' di surf, una sgambata con Vanessa, e qualche gara vicino a casa. F1? No, grazie.


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