La nostalgia del Leone: l'intervista a Nigel Mansell

La nostalgia del Leone: l'intervista a Nigel Mansell

Nigel Mansell torna con la mente e col cuore ai suoi 2 anni alla Rossa, con vittorie cult e l'onore di essere l'ultimo pilota scelto da Enzo Ferrari

Alessandro Gargantini

19.08.2022 11:31

Cosa ricordi dei tifosi italiani?

«Che mi volevano bene. Sono stato a Maranello per due soli anni, ma mi hanno sempre fatto sentire come se fossi stato da sempre uno di loro. Anche oggi, è come se avessi speso trent’anni a Maranello. Questo aspetto è davvero straordinario. Io ero il loro combattente, il loro leone in pista, l’uomo che li rappresentava e dava sempre tutto. Anche quando la macchina non era al massimo, io ho sempre dato tutto, non mi sono mai risparmiato. I tifosi, quelli che stanno a bordo pista, queste cose non se le dimenticano. I fan ti amano se si rendono conto che non li imbrogli, che fai sempre il massimo in base alle tue possibilità».

Ci sono uomini della Casa del Cavallino che ricordi con maggior piacere?

«Sì, Maurizio Nardon è stato una persona speciale, lui e la sua famiglia sono nel mio cuore. Abbiamo lavorato duramente insieme, nel suo ruolo di ingegnere di pista, ma abbiamo anche dei ricordi bellissimi fuori dalle piste. John Barnard aveva realizzato una macchina speciale, lavorare su quella monoposto è stato sensazionale. Davvero, ho tanti, tantissimi momenti unici nel mio passato alla Scuderia».

Come ti troveresti a correre con tutte le regole di ingaggio nei duelli che ci sono oggi?

«Oggi ci sono forse un po’ troppe regole. Quando attacchi un pilota, ci sono cose che si possono fare, mentre altre no. È come se ci fosse una procedura per passare la macchina davanti. D’altro canto, tutto si evolve e le nuove regole vanno comprese, non necessariamente era meglio prima. Ad esempio, ricordate il modo in cui Senna mi tenne alle sue spalle a Monte Carlo nel 1992? Penso che al giorno d’oggi lui avrebbe subito dieci stop and go ed io avrei vinto quella corsa! Ci sono cose positive e negative nelle regole di oggi. Per me, il modo di correre dev’essere il piu? “puro” possibile. E, sotto questo aspetto, troppe regole non aiutano».

Ferrari, il mito 30 anni dopo

Hai trovato qualcosa di diverso nella Ferrari di oggi rispetto a trent’anni fa?

«Ferrari è un mito, qualcosa di magico. Ogni cosa ha un suo stile unico alla Rossa, inavvicinabile dagli altri team. È qualcosa di diverso. Anche il tifo degli appassionati, qualcosa di incondizionato, è come una religione. I colori ti avvolgono e ti conquistano, e questo vale anche per persone che non sono coinvolte al cento per cento nella Formula Uno. Ho sempre avuto l’impressione che qualsiasi persona in Italia, non importa se avesse due o novantadue anni, sapesse perfettamente chi erano i piloti della Scuderia Ferrari e come stavano andando! Per me, Enzo Ferrai aveva la stessa simbologia del Papa: quando la Rossa vince una corsa suonano le campane in chiesa. Non esiste nulla di nemmeno paragonabile al mondo. La Ferrari mi è rimasta nel cuore, così come il vostro popolo. Ti affido una piccola missione, che è quella di portare il mio messaggio che li amo e che mi mancano. E li ringrazio per tutto quando mi hanno dato, per l’incredibile supporto. E, credimi, ho dei ricordi bellissimi legati anche ad Autosprint, che una rivista fantastica e vibrante, nella quale si respira una passione unica. E non potrebbe essere diversamente, dopo trenta anni siete ancora qui con me. E questo, non è certamente un caso. Qualsiasi cosa ci porti la vita, continuate così e divertitevi sempre nel fare il vostro lavoro!».


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