Ci vediamo da Mario: La F.1 rischia di fare la fine della boxe

Ci vediamo da Mario: La F.1 rischia di fare la fine della boxe

Tira una gran brutta aria tra promoter e Federazione: attenzione, quindi..

26.01.2023 15:26

Si sente tanto parlare di F.1, in questi giorni, ma non di motori accesi, rombi e sostanza, bensì di proposte d’acquisto, fantastiliardi di dollari e disaccordi importanti nell’aria. Perché la notizia non è tanto l’offerta quasi imbarazzante fatta dal fondo saudita di 20 miliardi del Monopoli a Liberty Media, quanto piuttosto l’ennesima contrapposizione tra Liberty stessa e il Presidente FIA Mohammed Ben Sulayem, il quale ha valutato l’entità economica in ballo del tutto sproporzionata e fuori mercato, rivendicando in ogni caso la facoltà di avere voce in capitolo su faccende del genere; ossia, in altre parole, dicendosi piccato d’essere stato teoricamente l’ultimo a seperlo cioè nenache preventivamente interpellato dalle teoriche parti della contrattazione. Quanto a Liberty Media, si librano in aria seccati malumori per quella che viene considerata, a prescindere dall’esito della trattativa, un’indebita ingerenza esterna.

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Bene. Qual è la morale da trarre da tutta questa roba qua? Direi una sola. Liberty Media, promoter della F.1, e la Federazione Internazionale, ovvero l’autorità istituzionale e di legge, vanno sempre meno d’accordo. Anzi, da mesi sono in rotta di collisione e adesso cominciano a mandare scintille dai rispettivi paraurti. Con un terzo soggetto, quello dei team di F.1, che non solo ha una posizione differenziata e autonoma rispetto alle due entità, ma addirittura, ovviamente, pure frastagliata e con importanti divisioni interne. Che si acuiscono o si rimescolano di volta in volta, a seconda dell’argomento trattato e degli interessi in ballo. Quindi? Quindi attenzione, perché continuando di questo passo la litigata vera è vicina e la rottura dietro l’angolo, con la possibilità - peraltro non inedita - di una separazione dolorosa e deflagrante tra promoter e Federazione, che potrebbe portare addirittura, come estrema conseguenza, a una scissione e alla duplicazione dei campionati.

Come accadde già nel 1961 con la creazione della ribelle Formula Intercontinentale formata dai rivoltosi team britannici e come rischiò di succedere a inizio Anni ’80 tra la Foca di Bernie Ecclestone e la Federazione di Jean-Maria Balestre, nonché tra i Costruttori nel passato prossimo, quando ancora c’era Montezemolo in Ferrari e Mosley alla Fia. Del resto fratture e duplicazioni di campionati internazionali per monoposto si sono verificate addirittura due volte negli Usa in IndyCar, nel 1979 tra Usac e Cart e a partire da fine 1995 tra Cart stessa e IRL. Lo spettro, dietro l’angolo, è quello di frazionarsi in sigle, con la sconfitta generale e l’inverno nucleare dopo che ciascuno ha sparato i suoi bei missili distruttivi. Dello stesso male, con la perdita di gestionalità del potere centrale e il frazionamento in questo caso indiscriminato dei soggetti, è morto il pugilato, che ha centinaia di campioni del mondo in carica in decine di sigle iridate, la maggior parte delle quali inesistenti e tutte insieme ormai non più credibili. Alla fine della fiera, l’opinione e l’auspicio di chi scrive è semplice e chiaro: state attenti, cari signori padroni della F.1, promoter, federali o concorrenti in gara, perché, se continuate così, finirete col fare esattamente la fine della boxe mondiale. Per inciso, una gran brutta fine.  


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