Michael Schumacher e i 10 anni di una presenza che va oltre i ricordi

Michael Schumacher e i 10 anni di una presenza che va oltre i ricordi

Per il campione tedesco non si può parlare di "senza", di "mancanza", perché come racconta la moglie Corinna: "Michael c'è ma è diverso". Dal legame con il figlio Mick al suo casco donato a Hamilton: viaggio nel passato che è anche presente per una figura speciale che si avverte in ogni angolo del paddock

Stefano Tamburini

27.02.2023 09:59

L’ultima volta lo hanno visto avviarsi lentamente verso l’uscita del Paddock, sorridente e gentile, silenzioso e con quella faccia un po’ così, con quel profilo obliquo e una smorfia che ricorda Totò. In realtà, quasi dieci anni dopo, è come se quel cancello non l’avesse mai varcato, perché con Michael Schumacher si sono ridefiniti i concetti dei tempi verbali, con passato, presente e futuro che si fondono nell’indefinito. E si sono riconsiderate anche le nozioni di presenza, di sguardo, di visione. Con lui non si può più parlare di “senza”, di “mancanza”, perché – come ha raccontato la moglie Corinna"Michael Schumacher c’è, ma è diverso".

Sì, è presente anche in ogni paddock, ha un pass differente da quelli di tutti gli altri, apre ogni varco e si insinua in mille pensieri, ogni volta. E non solo perché qui si è affacciato il figlio Mick e in tanti hanno sognato di vederlo vincere per poter pensare che ci fosse anche il padre dentro quella monoposto. Al di là dei destini del giovane figlio, non sarebbe andata diversamente anche se non ci fosse stato quel volto somigliante a ricordarlo con maggiore forza. Dopo l’incidente sugli sci del 29 dicembre 2013 a Méribel, in Francia, quella che sta per aprirsi è la decima stagione “con” Michael diversamente vicino a tutti. Non la decima stagione “senza”, perché anche se nessuno lo ha più visto fisicamente, tutti lo avvertono come presente nel mondo dove ha vissuto due volte sportivamente e con molti altri momenti ai margine delle sfide. Ma è qui che continua a esserci e ci sarà anche quando il “dopo” sarà diverso da quelli di tutti.

Nessuno, fino a oggi, si è chiesto che differenza farà, e anche per questo è difficile raccontare una storia unica. È inutile chiedersi “come sarebbe se…”, perché anche se fosse presente fisicamente cosa sarebbe mai potuto cambiare per uno che è stato il Luciano Pavarotti del volante? Qualunque altro ruolo non avrebbe mai potuto avvicinarsi all’immensità di una carriera stupenda, umana al punto di metabolizzare e assorbire anche gravissimi errori, sempre ammessi e sempre pagati a caro prezzo. Qualunque pilotino si fosse messo a seguire personalmente, avrebbe potuto avere un senso il confronto? In realtà non lo è neanche quello con Lewis Hamilton, uno che ha vinto i suoi stessi titoli mondiali e ogni volta che parla di Michael si lascia andare a frasi di immenso rispetto. Così come accade nei confronti di Ayrton Senna e degli altri grandi del passato.

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