Strana spigolosa e del tutto originale nelle intuizioni, Robin Herd punta in alto con questa quattro ruote motrici che promette di essere la grande rivelazione della stagione 1969 ma poi, improvvisamente sparisce per sempre. Ecco il perché...

Cosworth, la F1 inespressa

<span class="kcode ktype-immagine" data-k-id="3020670" data-k-kid="sn:autosprint:3020670" data-k-thumb="https://cdn-autosprint.corrieredellosport.it/images/2020/05/26/113340399-51a94ad3-01bb-4bce-9ec6-f9ca58cbc975.jpg" data-k-type="immagine">

Enzo Ferrari li chiamava con ironica distanza “garagisti”. E così dicendo intendeva la civiltà dei Costruttori britannici che ricorrevano a componenti fondamentali prefabbricate e precotte, per dar vita a monoposto montate come kit car. Un po’ scatola di meccano, creature metà sognate, disegnate e disognate e metà già bell’e fatte, nelle componenti più spinose e decisive, ossia motore e cambio. In particolare, Cosworth Dfv e Hewland. In pratica, reperibili al supermercato, da inizio Anni ’70, fino alla prima metà degli Anni ’80. Gli anni del primo boom della F.1. Narrativo, tecnologico e mediatico.

Ebbene, nella civiltà dei cosiddetti assemblatori, la Cosworth è centro di gravità permanente, astro splendente e vivificante, oltre che motore tutt’altro che immobile. Il debutto vincente del propulsore Dfv - nato da un investimento Ford e dapprima dato in esclusiva alla partner iniziale ed esclusiva Lotus, nel 1967, presto seguita dalla McLaren -, in pochi mesi lo rende oggetto di culto e desiderio. Tanto che, quando nel 1969 la Cosworth stessa prende la decisione di realizzare una propria monoposto completa per i Gran Premi di F.1, il Circus intero è scosso da un brivido e anche Enzo Ferrari un pochino ci pensa su.

Se questi sanno fare telai come motori - e col vantaggio delle quattro ruote motrici ormai di moda nei Gp di fine Anni ’60 -, stai a vedere che la Cosworth- Cosworth può diventare una vera e propria castigamatti. E, soprattutto, una vettura completa, coraggiosa e innovativa. Altro che garagisti, insomma.

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<h2>Cosworth: un nome, una garanzia</h2>

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La Cosworth in realtà nasce nel 1958 quale società e fusione commerciale e di lettere cognomi tra Frank Costin e Keith Duckworth, conosciutisi lavorando insieme alla giovane Lotus. L’idea è quella di dar vita a una factory in grado di produrre quella che a inizio Anni ’60 appare la risorsa più scarsa nel peraltro fertilissimo mercato racing anglosassone, ossia i motori da corsa.

Ed è proprio l’incontro tra l’ex datore di lavoro Colin Chapman, il gigante Ford in espansione nel mondo dello Sport (vedi Ford Vs Ferrari, Le Mans 1966, il film e oltre) e l’ancor piccola Cosworth a dare il via alla scommessa del Dfv che cambierà e rivoluzionerà per sempre il mondo della F.1, da poco passato ai 3000 cc aspirati.

Il perché? Be’, il Dfv (Double Four Valves) è semplice ultracompetitivo, affidabile, poco costoso da gestire e alla portata di tutti. E da fine 1968 è già un gran successo, tanto che la Lotus 49 con esso s’aggiudicherà il mondiale premiando Graham Hill, così i motoristi britannici decidono di sviluppare il progetto d’una monoposto tutta loro, che riprende il concetto delle quattro ruote motrici che in F.1 aveva già visto nel 1961 il tentativo della coraggiosa Ferguson, poi approdata addirittura alla 500 Miglia di Indianapolis, consorziandosi alla Novi.

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<h2>Ma la Cosworth F.1 è poco più di un gioco</h2>

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L’idea di base appare lineare, razionale e senza fronzoli. Ormai il Cosworth Dfv in F.1 sta diventan- do una costante. Se si riesce a sviluppare prima degli altri un’idea diversa e innovativa, sarà possibile sfruttare una caratteristica determinante.

Della Cosworth-Cosworth 4 WD se ne occupa il giovane e neoassunto ingegnere Robin Herd, anche se nel frattempo la F.1 conosce la rivoluzione delle ali. E ben presto si realizza che in realtà il nuovo giacimento d’oro sfruttabile pret a porter risiede nell’aerodinamica, più che nella meccanica.

Ecco perché per certi versi la monoposto Cosworth come idea e intuizione ancor prima di nascere è già vecchia e l’entusiasmo incipiente dopo poco pare già spento. Fatto sta che il prototipo della vettura viene montato senza troppa fretta in una baracca a lato della factory, che viene chiamata “Toyshop”, ossia il negozio dei giocattoli, quasi a sottendere che si tratta più di un passatempo e di un esercizio di stile che di un investimento mirato e deciso.

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<h2>Una realizzazione originalissima</h2>

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In realtà la Cosworth F.1 si rivela al primo colpo d’occhio una delle monoposto più strane e originali della storia. A colpire di primo acchito sono le forme spigolosissime, squadrate e i voluminosi pon- toni laterali, nonché la presa d’aria anteriore tipo Naca e il generoso quanto inusitato muso a becco.

Ma questo è niente. Perché le vere novità la sorprendente Cosworth F.1 le nasconde sottopelle. In realtà il propulsore trasmette potenza all’assale frontale tramite un complessissimo sistema di tre differenziali e meccanismi posti dalla parte destra del posto guida, tanto che il pilota si ritrova spo- stato leggermente sulla sinistra, per fare spazio al complicatissimo sistema d’assemblaggio.

E, per buona misura, la versione specifica del motore, evolutissimo per l’occasione, prevede un non marginale utilizzo di magnesio.

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<h2>Dal dire al fare c’è di mezzo il male e il peggio</h2>

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Dalla primavera 1969 comincia un fitto programma di test, precondizione necessaria per fare de- buttare la Cosworth 4 Wd nel mondiale in occasione del Gp di Gran Bretagna, a due passi da casa, il 19 luglio 1969 a Silverstone.

Questa la teoria. Ma prima c’è la pratica e lo sgrossamento, che si rivelano fin da subito impacabilmente catastrofici. Trevor Taylor, ex gregario di Clark alla Lotus, e il cofondatore Mike Costin provano a busso la monoposto e rilevano che il serbatoio dell’olio posto dietro il pilota (per dare un senso alla distribuzione dei pesi) causa notevole disagio a chi guida. Tanto che il serbatoio stesso viene spostato e nel frattempo si provvede a ridisegnare il semiasse anteriore.

E arrivano pure i primi pareri di piloti top che iniziano a sgrossare la macchina, primo fra tutti Ja- ckie Stewart, il quale trova l’anteriore così pesante, al punto di affermare che "In curva non sono io a guidare la Cosworth ma è la Cosworth che guida me... Non ci siamo proprio". Peggio ancora reagisce Bruce McLaren, del quale esistono immagini che lo ritraggono in pausa nell’abitacolo della vettura con un’espressione puntualmente disgustata.

<h2>L’ultimo test a poche ore dal Gp e poi l’addio</h2>

Nei vari test fanno la loro comparsa un piccolo alettone posteriore, un’altra presa d’aria anteriore, si cerca di agire sulla distribuzione pesi e anche di semplificare il sistema 4x4, ma il sottosterzo cronico rimane insopportabile. Intanto, dal punto di vista gestionale, bisogna decidere qualcosa. Il Gran Premio di Gran Bretagna incombe. Il solo pilota che potrebbe avere interesse a portare in gara la macchina è Trevor Taylor, il quale, dopo che ha fatto debuttare in F.1, la pestilenziale Shannon tre anni prima, ormai nella vita non ha più paura di niente.

Il 15 e il 16 luglio 1969, a tre giorni dal Gp, e nelle ultime ore disponibili prima dell’inizio delle prove ufficiali, la Cosworth scende in pista a Silverstone per una sessione privata che è anche un pre-esame definitivo, anche se in pit-lane ci sono musi lunghi e facce con poche speranze. Accanto alla monoposto si vedono pensosi pure Colin Chapman e Jochen Rindt: non sorride nessuno e tantomeno il pilota Trevor Taylor.

Il test si rivela avvilente nei riscontri. La macchina, una volta di più, appare lenta, pesante e poco affidabile. Hayes della Ford fa sapere a Duckworth e Costin che non ha intenzione di appogiare un progetto simile e in quattro e quattr’otto la Coswoth F.1 scompare per sempre dal radar dei Gran Premi. Le due monoposto complessivamente realizzate per portare avanti il progetto esistono tuttora, in mano a collezionisti. Una per anni è stata esposta al museo di Donington, mentre l’altra, addirittura, viene gelosamente conservata in Australia.

Alla Cosworth F.1 è dedicata una delle frasi più simpatiche, sferzanti e memorabili mai pronun- ciate da un pilota da Gran Premio, parlando di una monoposto. Proprio pensando a essa, il gran- de Bruce McLaren, da sempre collaudatore di prim’ordine, oltre che acclamato campione di hu- mour anglosassone, ebbe a dire: "Ah, che meraviglia! La Cosworth 4 WD dà immense soddisfazioni solo al pensiero di smettere di guidarla".

Strana spigolosa e del tutto originale nelle intuizioni, Robin Herd punta in alto con questa quattro ruote motrici che promette di essere la grande rivelazione della stagione 1969 ma poi, improvvisamente sparisce per sempre. Ecco il perché...