Benvenuti nel mondiale 2017 che a parole, anzi, dai silenzi, nessuno sembra voler vincere. Sono ben lontani i tempi dei proclami fantasy di Coulthard e Barrichello
Madonna che silenzio che c’è stato, in questo inizio 2017 della F.1.
C’era una volta il mondiale d’inverno. La lunga interstagione nella quale per decenni tra test e interviste si svolgevano fanta Gran Premi virtuali con classifiche mirabolanti e fantasmagorici proclami.
È così che squadre pirandellianamente in cerca d’autore, financo boys tipo Toleman e Arrows, facevano temponi che neanche l’astronave Apollo 12, chissà, magari girando un po’ sottopeso e con una bicchierata di benzina a bordo, giusto per guadagnarsi l’articoletto in pagina, un contrattino con la polleria osvaldo e due adesivini sulle fiancate.
Intanto la Ferrari degli anni bui premontezemoliani arava Fiorano annunciando record meravigliosi, imminenti sfracelli agonistici e capovolgimenti di fronte improbabili perfino nella più sgangherata telenovela.
Gli anni passarono, la Rossa tornò sacra e grande e vennero loro, i cristiani dal proclama facile.
Dai, due su tutti. Rubens Barrichello e David Coulthard.
Cavolo, con le interviste invernali a Barrichello e Coulthard per quasi un quinquennio, via, dal 2000 in poi, tante testate sono andate aventi felici e molti giornalisti hanno pagato rate del mutuo, perché eran tempi in cui internet non mordeva ancora e il cartaceo si vendeva benone, a prescindere da quel che raccontava.
È così che il ferrarista Rubens, a ogni far di tempaccio in Europa, lanciava alto il suo ululato spettacolare: “Vedrete, quest’anno ho le carte in regola per battere il mio compagno di squadra Schumacher”. Il quale, dai suoi meritati ozii alpestri o antipodali, manco rispondeva. Della serie, sfogati adesso che ciao, mi ti fumo domani.
Coulthard già da tempo era il Barrichello degli anglosassoni.
A un certo punto dell’inverno, il settimanale Autosport lanciava alla grande la faccenda, sparandolo in copertina bello patinato, sguardo fisso e mascella volitiva, didascalizzato da un titolo a busso che manco su Batman: “Can this man win next F.1 championship?”. Ahò, può mister DC bastonare tutti?
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E poi, tempo una settimana, David cantava. Si faceva intervistare, sì. Fluviale, ciarliero come una volpe che sta facendo la visita guidata in un pollaio, spiegando le novantasette buone ragioni per cui avrebbe surclassato Mika Hakkinen, suo compagno di squadra alla McLaren, e uno a uno i centododici motivi per cui la Ferrari di Schumi era ormai pronta a segnare il passo. Del minaccioso, anch’egli preiridato e nucleare Barrichello, neanche la minima menzione.
Insomma, eran inverni così.
I primi Gp puntuali facevano giustizia d’ogni bancarella della fiera delle vanità, ma comunque era stato bello sognare.
Poi, pian piano, sempre meno strilli, fino a un anno fa, quando Marchionne sembrava suonar la carica alla Ferrari incitandola al trionfo. Ma, visto com’è andata, più niente.
E in cotal 2017, fino a questa settimana caldissima per le varie presentazioni in corso, in pratica tutti zitti.
La Mercedes per lo più ha taciuto, perché se si dice ultracerta di poter riammazzare il mondiale, cava la voglia a tutti di seguirlo, visto che risulta credibile assai.
Hamilton a differenza di suo padre non ha quasi parlato, in quanto se annuncia di poter far strame di Bottas, toglie fin dall’inizio uno dei pochi motivi d’interesse certi.
Bottas sta bello schiscio, perché meglio di così non gli poteva andare, quindi pedalare.
La Ferrari ha scelto la strategia del silenzio, in quanto è l’evoluzione estrema del “testa bassa e lavorare” frutto dell’Arrivabene philosophy.
Vettel se parla rischia di dire cose per il suo futuro che è meglio anche no, mentre Raikkonen, silenziosamente rantolante da decenni, non fa altro che confermare simpaticamente se stesso, attendendo muto gli eventi.
Quanto alla Red Bull, meglio star di basso profilo perché molto dipende dall’evoluzione delle power unit Renault, Renault che non si sbilancia in quanto le sue future belle figure sono legate a cosa combinerà il team di Enstone, col nuovo telaio.
Force India ha un proprietario del quale il paese di provenienza non disdegnerebbe l’arresto, quindi più tace e meglio è, alla Williams l’ex pensionato Massa e il deb Stroll attendono la prova della pista per vedere a quanto servono rispettivamente vecchiaia e giovinezza, mentre alla McLaren c’è ben poco da dire, perché se la Honda non si sveglia son cavoli ancora più amari.
Alla Haas parlerebbero anche, ma in pratica non c’è la fila per chiedergli come la pensano e così, fino a oggi, in questo che sembra un immenso torneo di tressette, proverbialmente il gioco degli zitti, l’unico che di fatto ha preso la parola per benino, Carlito Sainz, la settimana scorsa ha confidato che un Gran Premio con Toro Rosso quest’anno lo vincerebbe volentieri. Viva la sincerità.
In poche parole, quest’inverno si è discusso e sognato soprattutto di e su Antonio Giovinazzi, toh, il solo che era certo di non salire da subito su una F.1 e che invece, a forza di parlarne e complici i problemi dello sfortunato Wehrlein, sulla altrimenti non filata Sauber ci salirà eccome.
Così questa sembra diventata la F.1 di Gigi Marzullo, dove ormai tutti fanno le cose come piace a loro: sottovoce, mentre la notte sta finendo e un giorno si prepara a nascere.
E consola pensare che dalla prossime ore finalmente tutti saranno costretti a dire la loro.
Come nel Cinema, quando dal muto si passò all’avvento del sonoro.
Preparatevi, dunque.
La vera notizia è che la F.1 2017 - come Greta Garbo nel 1930 -, finalmente, parla.
Formula 1 2017, finalmente si alzano i veli
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