        Non c'&egrave; dubbio che l'Alpine sia la squadra che &egrave; peggiorata di pi&ugrave; rispetto allo scorso anno. Una involuzione evidente che ha gi&agrave; fatto pagare il conto, tant'&egrave; che il team ha da pochi giorni annunciato una rivoluzione (l'ennesima) allo scopo di ripartire e migliorare. Una situazione difficile, una bocciatura in tronco da parte di Eddie Jordan, che ha racchiuso il tutto in una parola: imbarazzante. F1 2024: il calendario Un errore mandare via Szafnauer Nel suo intervento al podcast "Formula For Success", Jordan ha argomentato: "Penso che abbiano fatto fuori Otmar Szafnauer troppo presto e credo che sia stato un errore. Penso che sia una persona di talento che sicuramente avrebbe saputo come mantenere la squadra nella giusta direzione, ed i risultati che hanno ottenuto subito dopo averlo lasciato andare sono indicativi. Al momento sono la squadra pi&ugrave; in difficolt&agrave;, ed &egrave; imbarazzante. E' assolutamente imbarazzante da vedere. Gasly ed Ocon sono piloti capaci di vincere delle gare, allo stato attuale non li vedo l&igrave; l'anno prossimo".  Alpine ci sar&agrave; nel 2025? Chi per&ograve; Eddie Jordan non vede in griglia di partenza &egrave; proprio Alpine come squadra, che secondo lui dovrebbe vendere: "Credo che siano aperti ad una possibile vendita. Renault ormai si &egrave; tirata troppo indietro, non vogliono spendere soldi per il motore ed il motore del 2026 rappresenta un esborso gigante in termini di sviluppo e costi, e questo li spaventa anche se il valore del team resta alto. Si parla di un miliardo di sterline per questa scuderia".       

Il fondatore della Jordan, oggi Aston Martin, non ha usato mezze misure nei confronti del team francese, colpevole di aver lasciato andare Szafnauer troppo presto: secondo Jordan il gruppo Renault non vuole pi&ugrave; investire ed a queste condizioni meglio vendere, secondo lui

Eddie Jordan stronca Alpine: "Imbarazzante, meglio se vendono il team"

Si pu&ograve; vincere un GP, sapendo di averlo vinto, ma accettare l&igrave; per l&igrave; la coppa del 2&deg; classificato. E cos&igrave; Giancarlo Fisichella, anzich&eacute; essere felice per una piazza d&#39;onore insperata, aveva il broncio perch&eacute; si sentiva defraudato di una vittoria che era certamente sua. Una vittoria che sarebbe poi arrivata, ma con qualche giorno di ritardo.  Se qualcuno vi chiede cosa intendete con &quot;gara pazza&quot;, raccontategli o raccontatele la storia di Interlagos 2003. Una storia che compie 20 anni, proprio oggi, in un 6 aprile che Giancarlo Fisichella non dimenticher&agrave; mai. N&eacute; lui, n&eacute; il suo capo di allora, Eddie Jordan, e nemmeno un pubblico che quel giorno, accendendo la tv, avrebbe assistito ad una delle corse pi&ugrave; folli di sempre.    La pioggia si abbatte su San Paolo  Si sa che quando in Brasile si scatenano gli acquazzoni, per di pi&ugrave; appena prima del via, si devono preparare i popcorn. Soprattutto in un anno in cui, per abbattere i costi, la Federazione impone l&#39;utilizzo di una sola gomma da bagnato (scelta scellerata e, per fortuna, mai pi&ugrave; ripetuta): cos&igrave; Bridgestone e Michelin si fanno la guerra portando in pista la loro versione di gomma intermedia. Pneumatico certamente pi&ugrave; versatile, ma non adatto ad affrontare i rivoli d&#39;acqua che inevitabilmente si creano con tanta pioggia sull&#39;asfalto, per di pi&ugrave; su un circuito non piano ma contraddistinto da saliscendi come quello brasiliano. Se queste scelte sono la causa, il caos ne &egrave; la conseguenza.  In un via ritardato di un quarto d&#39;ora per l&#39;arrivo dell&#39;acqua, Rubens Barrichello si appresta a partire dalla pole position per insgeuire quel sogno che rester&agrave; irrealizzato: vincere in Brasile di fronte al suo pubblico, come aveva fatto il suo idolo Ayrton Senna. Si parte dietro la safety car, con qualcuno che va subito a rifornire: Frentzen, Verstappen, Fisichella, Panis, Pizzonia e Firman. Nessun nome di grido, insomma, perch&eacute; i big la gara se la vogliono giocare in pista: e chi sembra in gran forma &egrave; David Coulthard, che non appena esce la bandiera verde passa uno stordito Barrichello, poi infilato pure dall&#39;altra McLaren di Raikkonen, dalla Williams-BMW di Montoya, dal compagno di squadra Schumacher e dalla Jaguar di Webber. Davanti invece Kimi e Juan Pablo si mettono davanti a Coulthard e sembrano poter fare gara a parte, ma al 17&deg; giro ci pensa la sospensione anteriore destra di Firman: la Jordan dell&#39;irlandese frana addosso alla Toyota di Panis, detriti in pista e safety car. La classifica comincia a mescolarsi: ai box quasi tutti a parte Raikkonen, che resta al comando. Si riparte ma per poco, perch&eacute; al 25&deg; &egrave; Montoya che finisce a sbattere alla curva do Sol, in pratica la lunga piega verso sinistra in uscita dalla &quot;S Senna&quot;. Nella via di fuga gli andranno a fare compagnia Pizzonia, Schumacher e Button, tutti fuori nel solito punto. Le ulteriori tre safety car rimescolano classifica e valori, su una pista viscida e difficile da interpretare: nella confusione generale rinviene Barrichello che ripassa Coulthard (davanti per il gioco dei pit-stop) ricominciando a sognare. E&#39; il 44&deg; giro, ne mancano 27: ma Rubens ne percorrer&agrave; appena 2, perch&eacute; dovr&agrave; parcheggiare la sua Ferrari per problemi di pescaggio a bordo pista.&nbsp;  Finita? Niente affatto: David va ai box per un&#39;altra sosta lasciando strada a Raikkonen, inseguito da un sorprendente Fisichella, che se vi ricordate si era infilato ai box all&#39;inizio azzardando una strategia tutta sua. Kimi &egrave; in difficolt&agrave; con le gomme e Fisico rinviene, e quando il finlandese commette un errore andando lungo ad una curva il romano passa. E&#39; l&#39;ultima immagine che si ha dei primi, perch&eacute; dietro si sta scatendando il disastro: Webber finisce violentemente a sbattere lungo il curvone in salita che porta al traguardo, e sui detriti della Jaguar impatta Alonso, il quale disintegra letteralmente la sua Renault. Inevitabile la bandiera rossa, in un caos generale che manda in tilt pure i commissari: mentre Fisichella esulta insieme ai meccanici, tutti sicuri di aver vinto, la direzione gara espone la classifica finale con Raikkonen davanti all&#39;italiano. E Kimi davanti rimane, con tanto di solita cerimonia: a lui la coppa del vincitore, inno finlandese e poi inno britannico in onore della McLaren.  Giancarlo Fisichella: i 50 anni dell&#39;ultimo pilota italiano a vincere un GP  La gara finisce... ad Imola!  Fin qui i fatti della pista. Ma nel frattempo c&#39;&egrave; un giovane ingegnere, Rob Smedley, che si &egrave; accorto dell&#39;errore dei commissari. Non &egrave; l&#39;unico, al muretto Jordan: tutti si sentono scippati di una vittoria certa. La Federazione ha sbagliato, loro sanno di avere in pugno i documenti con cui ribaltare la classifica del GP, e cos&igrave; avviene nel venerd&igrave; successivo alla gara, quando da una riunione straordinaria esce fuori la nuova classifica: vince Fisico, Raikkonen 2&deg;. Dov&#39;era l&#39;errore? Semplice: al momento della bandiera rossa, Fisichella aveva appena tagliato il traguardo del 55&deg; giro iniziando il 56&deg;, ma la direzione gara, per un errore del sistema di cronometraggio, non lo aveva segnalato. Per cui i giri completati sembravano 54, non 55: e questo significava prendere la classifica del 53&deg; giro completato (due tornate prima, come da regolamento), non del 54&deg;, quello in cui Kimi, dopo l&#39;errore ed il sorpasso sub&igrave;to, se ne era andato ai box. E quello in cui, davanti, c&#39;era Giancarlo Fisichella.&nbsp;  La prima delle tre vittorie in carriera di Giancarlo Fisichella avvenne cos&igrave;. Arriv&ograve; ad Interlagos, ma fu certificata in un ufficio e salutata all&#39;appuntamento successivo di Imola, quando avvenne lo scambio dei trofei: un sorridente Kimi Raikkonen, che alla fine l&#39;aveva presa molto bene, cedeva ad un Giancarlo ancor pi&ugrave; felice la coppa del vincitore. In un autodromo deserto, con qualche fotografo e le loro vetture dietro di loro. Spiccava soprattutto il giallo della Jordan: per Eddie sarebbe stato l&#39;ultimo trionfo della sua amata scuderia. Oggi, quella scuderia, si chiama Aston Martin.  Prigioniera dei like: cos&igrave; la F1 diventa wrestling    Le storie nella storia  Dur&ograve; 5 giorni, quel GP del Brasile. Ma per alcuni dura da 20 anni. Tanti per Rubens Barrichello, che mai come quella volta and&ograve; vicino ad essere profeta in patria: mancavano 27 giri, ma col senno di poi sarebbe bastato percorrerne poco pi&ugrave; di 10 per arraffare la vittoria. Senza colpe, dato che fu un guasto tecnico e non un errore di guida a metterlo fuori, ma con il rammarico di aver potuto solo sognare quello che sarebbe potuto essere e che invece non fu. Sensazioni simili in casa Minardi, con Jos Verstappen, pap&agrave; di Max, che ancora si mangia le mani per il testacoda che lo mise fuori dopo 30 giri. Al momento dell&#39;uscita di pista Jos era 8&deg;, ma sarebbe potuto finire molto pi&ugrave; su: il retroscena sarebbe stato svelato da Paul Stoddart, all&#39;epoca co-proprietario della Minardi. La scuderia faentina, scommettendo proprio su una gara caotica, alla prima safety car aveva riempito fino all&#39;inverosimile il serbatoio della PS03: se fosse rimasto in gara, Jos avrebbe chiuso sul podio o addirittura vinto.  Tra i macigni della nostalgia, c&#39;&egrave; anche chi oggi di Interlagos 2003 pu&ograve; raccontare con un sorriso. Giancarlo Fisichella, di sicuro. Ma anche Fernando Alonso e Rob Smedley. Nando, per esempio, fin&igrave; di fatto fuori dalla gara: ma fu proprio il suo incidente a provocare la bandiera rossa definitiva e decretare la classifica finale, quella di due giri prima, ovvero quella in cui lui, con la sua Renault, era ancora al terzo posto. Fu dunque podio, per Nando, ma fu un podio solo &quot;statistico&quot;: lui fisicamente su quel podio non sal&igrave; mai, perch&eacute; al momento della premiazione era gi&agrave; all&#39;ospedale per i controlli del caso, lasciando vuoto il gradino del terzo classificato al fianco di Raikkonen e Fisichella, sul podio solamente in due.  E che dire invece dello stesso Fisichella, oppure della sua Jordan che and&ograve; a fuoco nel parco chiuso. Pochi altri giri, forse, e nemmeno Giancarlo avrebbe potuto proseguire quel GP iconico, quello in cui un giovane Rob Smedley si accorse per primo che qualcosa, nella classifica finale, non stava funzionando. &quot;E&#39; in gamba, far&agrave; carriera&quot;, profetizz&ograve; il romano. E carriera l&#39;avrebbe fatta eccome, quell&#39;ingegnere britannico, tanto da finire alla Ferrari. Storica voce di Felipe Massa, con il quale ha creato una forte amicizia: ma quando Massa fin&igrave; ko per la molla di Budapest 2009, dopo due gare con al volante Luca Badoer la sua F60 numero 3 fu affidata proprio a Fisichella. Il quale, dopo sei anni e qualche mese da quella magica vittoria, torn&ograve; ad avere Rob Smedley come ingegnere di pista, l&#39;ultimo nella sua carriera in F1. Che storie, che ci ha regalato questa F1. Non rovinatela.  Ferrari, i numeri dentro la crisi: mai cos&igrave; male dal 2009 

Sono passati esattamente 20 anni da una delle gare pi&ugrave; caotiche dell&#39;era moderna, quando da Interlagos, in un susseguirsi di colpi di scena, usc&igrave; fuori la prima vittoria per Giancarlo Fisichella e l&#39;ultima per la scuderia Jordan

GP Brasile 2003: la gara che dur&ograve; 5 giorni

La monoposto &egrave; stata utilizzata dal 7 volte Campione nel suo primo week end in Formula 1 in Belgio nel 1991

Schumacher, venduta all'asta la Jordan del suo debutto in F1

        Trent'anni dopo, c'&egrave; un altro Schumacher a girare a Silverstone sulla Jordan 191. Un'immagine che ha fatto vivere un pomeriggio di nostalgia a chi ancora ricorda Michael, che proprio con quella macchina aveva mosso i primi passi in Formula 1. Una vettura che suo figlio Mick ha avuto modo di guidare nella giornata di ieri, prima di cimentarsi, quest'oggi, nei test con le Pirelli da 18 pollici sulla sua Haas. McLaren, aggiornamenti in arrivo a Budapest             Visualizza questo post su Instagram  Un post condiviso da Mick Schumacher (@mickschumacher)       Dal 1991 al 2021  Nell'estate del 1991 a Michael Schumacher, in vista del GP Belgio per cui era stato scelto per sostituire Bertrand Gachot, fu fatto effettuare un test sul circuito di Silverstone come preparazione della tappa di Spa. Quella per lui fu la prima volta a bordo di una F1, e con quella stessa macchina, nella livrea verde della Seven Up, Mick ha avuto modo di togliersi lo sfizio di farsi qualche giro. Ne ha approfittato per vedere la 191 pi&ugrave; da vicino anche Sebastian Vettel, amico di Michael ed oggi anche di Mick, rimasto in pista per provare pure lui, ieri, le gomme Pirelli da 18 pollici.  GP Gran Bretagna, Hill: "Hamilton mai cos&igrave; aggressivo"              Visualizza questo post su Instagram  Un post condiviso da Haas F1 Team (@haasf1team)      I tifosi applaudono sui social  Il tutto &egrave; stato pubblicato sui social, nei canali della F1, di Mick Schumacher e della Haas, con i tifosi che non sono riusciti a trattenere un tocco di pungente nostalgia. Il pilota nel suo post ha semplicemente scritto "Nella macchina di mio padre", mentre il team nella didascalia accanto alle foto ha commentato "Qualcosa di speciale &egrave; appena accaduto", pubblicando successivamente un video con scritto "In tutta onest&agrave;, siamo grandi fan di tutto ci&ograve;".             Visualizza questo post su Instagram  Un post condiviso da Haas F1 Team (@haasf1team)            

Il pilota della Haas, prima di scendere in pista per testare le gomme da 18 pollici, ha potuto effettuare qualche tornata sul circuito di Silverstone con la Jordan 191, la macchina con cui Michael effettu&ograve; il suo primo test di F1 e la sua prima gara

Mick Schumacher, 30 anni dopo sulla Jordan di papà

        Troppi pochi partecipanti in Formula 1? Ne abbiamo parlato nel nostro Sterzi a parte di questa settimana, per un tema che coinvolge e scalda. Se non vediamo nuove squadre in Formula 1, specialmente in questo periodo storico, buona parte della "colpa" &egrave; della tassa di iscrizione di 200 milioni di dollari che spaventa molti investitori che hanno l'idea di tuffarsi nel Circus. Ed Eddie Jordan, uno che di nuovi team se ne intende, ha apertamente criticato questa tassa. GP Bahrain: basta chiacchiere, parlino i motori Oggi non potrebbe esistere una Jordan Gran Prix Recentemente Stefano Domenicali ha ammesso che la tassa potrebbe essere tolta o comunque rivista. In tanti sostengono che sia una cifra eccessiva, che scoraggia possibili nuove squadre, e contro questa tassa si &egrave; lanciato come detto Eddie Jordan a RaceFans: "Penso che sia qualcosa di assolutamente e fondamentalmente sbagliato. Aumenta il valore per le squadre esistenti, poich&eacute; le persone acquisteranno una squadra piuttosto che istituirne una nuova. Io non sono favorevole, perch&eacute; rende lo sport un po 'come un franchising e squadre come la Jordan non sarebbero potute nascere. La mia squadra ha attraversato la Formula 4, la Formula 3 e la Formula 3000 ed ha vinto tutte le gare in quelle categorie per poi ottenere la Superlicenza per entrare in F1. Questa tassa impedisce tutto ci&ograve;, quindi sono totalmente contrario". Domenicali: "Serve coinvolgere i costruttori"  La F1 pu&ograve; impedire la partecipazione ad altre squadre? Su questa tassa molte sono state le discussioni, anche da un punto di vista legale. Joe Saward, noto giornalista britannico, nel suo blog aveva parlato proprio di questa faccenda discutendo in termini molto critici questa quota di iscrizione: "Faccio fatica a pensare che il dover pagare i tuoi concorrenti per partecipare non sia una specie di cartello che limita il libero commercio. E la cara vecchia Unione Europea &egrave; piuttosto incline a farla finita coi cartelli". Un'accusa neanche troppo velata, che fa capire come la questione possa esulare dai confini sportivi della F1 per finire in quelli ben pi&ugrave; importanti dell'Antitrust.&nbsp; Alonso: "Al livello di Hamilton e Verstappen? Sono migliore" In attesa Non esiste nessuna legge che imponga alla F1 di essere un campionato a numero chiuso limitato a dieci squadre. Dai dieci team attuali si potrebbe dunque salire quantomeno ad undici, e tra i nuovi papabili era venuto fuori il nome della Monaco F1 Racing Team, una societ&agrave; che ha gi&agrave; avviato discussioni con Liberty Media. Ufficialmente, quella di Domenicali &egrave; stata l'ultima dichiarazione da parte della F1 sulla possibilit&agrave; di avere nuovi costruttori, ma da allora non c'&egrave; stata alcuna novit&agrave;. Come per tante altre cose in F1, la sensazione &egrave; che si dovr&agrave; aspettare ancora. Monaco F1 Racing Team, chi c'&egrave; nella squadra che vuole il Circus       

Eddie Jordan &egrave; tornato sulla questione dei possibili nuovi team, criticando apertamente la scelta della F1 di imporre una regola di tassa di iscrizione di 200 milioni di dollari per chi vuole entrare. Un qualcosa criticato non solo da lui...

Nuovi team, Jordan: "Sbagliata la tassa d'iscrizione da 200 milioni"

Lo sfogo al termine del Gran Premio del Belgio da parte di Sebastian Vettel ha sollevato legittimamente un polverone, perch&eacute; le critiche dirette alla Pirelli non sono state filtrate n&eacute; infarcite di diplomazia. Comprensibile, se si pesano i vari fattori in gioco: l&rsquo;aver perso il podio e il rischio corso di andare a sbattere in piena Eau Rouge sono giustificazioni pi&ugrave; che valide per esprimere il proprio disappunto a caldo.  A sentire Eddie Jordan, per&ograve;, le esternazioni del ferrarista non sono state corrette, visto che alla Bild ha dichiarato: &laquo;Sebastian deve pensare prima di attaccare pubblicamente una casa globale come Pirelli&raquo;. E&rsquo; la visione di chi sta fuori dall&rsquo;abitacolo, giocando a equilibrare la rabbia con un aplomb &ldquo;istituzionale&rdquo;.  &laquo;Vettel voleva restare in lotta per il titolo a tutti i costi, ecco perch&eacute; con la Ferrari ha preso un rischio cos&igrave; elevato, ed &egrave; per questo che Sebastian era deluso: con 67 punti di ritardo, pu&ograve; scordarsi il titolo&raquo;, aggiunge.  Fabiano Polimeni

Secondo Eddie, Sebastian non avrebbe dovuto attaccare pubblicamente la Pirelli

Jordan: sbagliate le critiche di Vettel

Schermaglie verbali a Silverstone tra due &ldquo;vecchi&rdquo; della Formula 1. E&rsquo; un Ron Dennis che risponde per le rime a Eddie Jordan, &ldquo;reo&rdquo; di aver non solo sottolineato il momento nero della McLaren-Honda ma di aver rincarato la dose accusando i vertici del team di &laquo;conservare la stessa arroganza di quando dissero Hamilton si sarebbe pentito quando and&ograve; via dalla McLaren. Guardate come gli si &egrave; ritorto contro. Quell&rsquo;arroganza &egrave; ancora l&igrave;, al vertice della McLaren. Sono irrimediabilmente senza velocit&agrave; e chiunque pensi sia solo a causa del motore, sbaglia: &egrave; una gran parte del problema, ma ci sono molti altri problemi l&agrave;. La Honda &egrave; in confusione, ma anche la McLaren&raquo;.  Certo non una dichiarazione d&rsquo;amore, alla quale Dennis ha replicato a tono. Arrogante Ron? &laquo;Scemo del villaggio&raquo; Eddie. A Sky Sports ha dato una spiegazione dettagliata: &laquo;Considero la Formula 1 un po&rsquo; come una famiglia. Le famiglie vivono in villaggi e ogni villaggio ha sempre lo scemo del villaggio: lui si cala nel personaggio alla perfezione&raquo;.  Come se non bastasse, va oltre e aggiunge: &laquo;Non lo considero un amico, penso solo viva fuori dalla realt&agrave;. Vuole essere colorito, ma a spese degli altri&raquo;. Battibecchi a parte, dopo aver dichiarato di nutrire piena fiducia nella Honda, certo che prima o poi avranno il miglior motore del lotto, spiega: &laquo;Abbiamo davanti una sfida con il nostro partner, stanno lottando con l&rsquo;affidabilit&agrave; e le prestazioni. Honda ha risorse enormi e le sta impiegando, discutiamo continuamente e non &egrave; piacevole per loro questa situazione. Se fa male? Ovviamente, ma devi usare i momenti di dolore come una forza motivante. E&rsquo; la giusta sfida, perch&eacute; senza il supporto di una casa come Honda non credo sia possibile vincere il mondiale&raquo;.  Fabiano Polimeni

Ron arrogante? Eddie &laquo;vive fuori dalla realt&agrave;&raquo;. Il battibecco a distanza a Silverstone

F1, Dennis: Jordan &ldquo;scemo del villaggio&rdquo;

E&rsquo; ancora Bernie Ecclestone la figura giusta per gestire la Formula 1 e proiettarla nel futuro? Secondo Eddie Jordan, non pi&ugrave;. Ottantacinque anni il prossimo ottobre, la figura di Ecclestone sul ponte di comando sembra sia l&rsquo;unica certezza che oggi pu&ograve; dirsi avere la categoria. &laquo;Ha fatto un lavoro eccezionale, ma il tempo ha fatto la sua parte e dovrebbe andarsene. Dobbiamo lasciare la Formula 1 alle generazioni future in uno stato migliore, deve interrogarsi su quale sia il momento in cui abbandonare: credo sia arrivato&raquo;, dice Jordan a BBC Radio 5 Live.  Dagli ambienti finanziari &egrave; emersa in questi giorni la notizia di un&rsquo;offerta imminente per rilevare la quota di maggioranza della Formula 1 dalla CVC ed Ecclestone ha aggiunto che le sue quote azionarie, nel caso in cui la vendita andasse in porto, verrebbero cedute nel pacchetto. Tuttavia, conserverebbe i poteri decisionali odierni anche nel caso in cui RSE Ventures e Qatar Sport Investments dovessero subentrare. Potrebbe essere, questa, l&rsquo;occasione giusta per riscrivere le gerarchie decisionali e inaugurare un nuovo corso?  &laquo;L&rsquo;uomo &egrave; una leggenda, ha preso lo sport dal nulla ma non &egrave; immortale. Pu&ograve; pensare di esserlo, ma non lo &egrave;. A volte devi dire: &ldquo;Guarda, ho fatto tutto quel che potevo&rdquo;. Serve un cambiamento radicale, che scuota tutto e lo riporti ai fondamentali&raquo;, ha aggiunto Eddie Jordan.  Analisi condivisibile, non resta che trovare l&rsquo;uomo giusto che rimpiazzi Ecclestone&hellip;  Fabiano Polimeni

Eddie Jordan &egrave; convinto sia il momento di passare la mano da parte di Bernie e aprire a un cambiamento radicale

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