Il mondiale Costruttori in tasca, quello Piloti relegato a una formalità. Mercedes si prepara a una sfida ostica per le caratteristiche del circuito di Città del Messico, tutte avverse sulla carta al progetto W10
Se c’è un aspetto, del dominio Mercedes, che colpisce più di altri è la rapidità a svoltare sui punti deboli. Dai test invernali di Barcellona, con l’evoluzione portata in pista nella seconda sessione, ai correttivi per superare i problemi di surriscaldamento vissuti in Austria, fino al perfezionamento di un’aerodinamica penalizzata nel drag rispetto all’efficienza della Ferrari.
Campioni per la sesta volta consecutiva, un traguardo che Toto Wolff celebra aspettando la sfida di un GP del Messico che potrebbe rivelarsi più complesso da interpretare rispetto a Suzuka.
“Quando abbiamo iniziato questo viaggio, nessuno avrebbe mai sognato che saremmo riusciti a ottenere tutto questo. Speravamo di arrivare a vincere delle gare, forse anche un campionato e rappresentare bene il marchio Mercedes. Vincere, però, per 6 volte consecutivamente entrambi i campionati e battere un record che sembrava imbattibile, è molto appagante.
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Il risultato è la dimostrazione del duro lavoro, della grande determinazione e passione di ogni singolo componente del nostro team. Tutti, a Brixworth e Brackley, hanno svolto un lavoro straordinario e siamo davvero contenti di poterci dire campioni del mondo per la sesta volta consecutiva”.
A Lewis Hamilton mancano pochi punti per chiudere il mondiale Piloti a Città del Messico. Ne ha 64 di vantaggio su Valtteri Bottas, deve incrementare fino a 78 punti, tanti ne restano sul campo dopo l’appuntamento in Messico, contando anche i punti per il giro più veloce in gara. Non sarà semplice riuscirci già domenica, perché il circuito non è tra quelli storicamente più favorevoli a Mercedes.
Le sfide sulle quali misurare la prestazione della W10 sono in aree come il raffreddamento, la prestazione e affidabilità della power unit, il bilanciamento aerodinamico. Tutti temi tecnici condizionati dal gareggiare in alta quota, a 2.200 metri sul livello del mare.
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“Non c’è la sensazione di un diritto a successi futuri in questa squadra, perciò siamo tornati in fretta ai nostri consueti preparativi in vista della gara dopo il Giappone. Sappiamo che le restanti quattro gare non saranno semplici e ci aspettiamo che il Messico sia la più difficile per noi.
L’alta quota del circuito porta con sé delle sfide piuttosto insolite, vista la ridotta densità dell’aria che incide sul carico aerodinamico della monoposto, il raffreddamento e la prestazione del motore.
È un combinazione che non si addice particolarmente alla nostra macchina ma daremo tutto per provare a limitare i danni”, spiega Toto.
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