Storie di corse: 30 anni senza Soichiro Honda

Storie di corse: 30 anni senza Soichiro Honda© Getty Images

Il 5 agosto 1991 se ne andava Soichiro Honda, un uomo che da un piccolo villaggio giapponese è arrivato a conquistare il mondo sia a livello di vendite che dal punto di vista sportivo

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05.08.2021 ( Aggiornata il 05.08.2021 17:28 )

"Un giorno sarò un numero uno. Ma un numero uno nel mondo, perché solamente in Giappone non sarebbe abbastanza". Era uno così, Soichiro Honda. Un giovanotto che si fece scappare tale confidenza a sua moglie Sachi, questo per dire quanta fiducia avesse in se stesso. La storia gli ha dato ragione, ed il mondo delle corse lo ringrazia per questo.

Da Senna a Verstappen

Sono passati 30 anni da quel 5 agosto 1991, data in cui il signor Honda vide l'alba per l'ultima volta. Oggi la Honda è forte come allora, nelle due e nelle quattro ruote. Vince di qua, vince di là, vince nel mercato. Restando fedeli al nostro ambito, tre decadi fa c'era Ayrton Senna a lottare con la McLaren spinto dai motori Honda, oggi c'è Verstappen, anche lui con l'ambizione di arrivare al titolo con la Red Bull grazie cavalli nipponici. Tra Motomondiale e Formula 1, non possiamo che essere grati all'unico uomo che è riuscito a vincere almeno una gara come costruttore totale in entrambi i mondi. Con le due ruote ha avuto molto più successo, in F1 i titoli sono arrivati solamente come motorista: ma averne, di successi così.

L'odore dell'olio

Se dovessimo descrivere Soichiro Honda con due aggettivi, i più indicati sarebbero ambizioso e determinato. Dell'ambizione avete avuto un esempio nelle prime righe di questa pagina, perché solo uno spinto da un'ambizione fuori dal comune può pensare di dire, alla sua giovane sposa, una cosa del genere. La determinazione invece era quella del quotidiano, quella con cui si alzava ogni mattina per fare qualcosa di migliore rispetto al giorno prima, con una forza di volontà che in pochi sarebbero in grado di avere. E poi c'era la passione, motore di tutto: il piccolo Soichiro, classe 1906, nel villaggio di Komyo (distretto di Iwata) era attratto da qualsiasi forma della meccanica. Fu colpito dal passaggio di una Ford, e gli riempiva il cuore pure vedere in azione una macchina per mondare il riso. Era inoltre un fautore dell'artigianato, per essere cresciuto tra una mamma tessitrice ed un papà fabbro, che però sapeva anche aggiustare le biciclette. Con una di queste bici una volta andò a vedersi la dimostrazione di un aeroplano, ma niente gli riempiva i polmoni come l'odore di olio di un motore.

La scalata con Takeo Fujisawa

Credeva molto più nella teoria che nella pratica, per questo della scuola non si interessò più di tanto. A 16 anni (qualcuno dice 15) se ne andò a Tokyo a fare il garzone, e divenne meccanico presso la Art Shokai. Tornerà a casa sei anni dopo, sempre più convinto che il mondo dei motori sarebbe stato quello dove avrebbe speso la sua vita. E quindi dopo la devastante Seconda Guerra Mondiale che mise in ginocchio il Giappone, eccolo lì a tirare su la sua azienda, non prima di aver rimediato, nel 1936 una semi-paresi facciale per un incidente mentre sperimentava le sue doti di pilota. Il signor Honda ebbe due segreti per il successo: il lavoro e Takeo Fujisawa, il suo uomo di fiducia. Soichiro penserà alla parte tecnica, Takeo a quella imprenditoriale, ed i due si completeranno nel corso della loro vita professionale, una vita di successi, anche se sperimenteranno il brivido del fallimento: era il 1954 e l'azienda si salvò grazie al nuovo piano di risanamento presentato da Fujisawa. Da lì in poi niente avrebbe più fermato la Honda, che sbarcò in America, in Europa e nelle corse per restarci. L'amicizia tra Soichiro e Takeo era così grande che quando il secondo raggiunse il momento della pensione (era il 1973), il primo decise che anche per lui era il momento di farsi da parte, indicando un successore alla presidenza per restare prima direttore e quindi "consigliere supremo" negli anni a venire. 

Fama mondiale per un uomo umile

Di Soichiro Honda si racconta che fosse un uomo che non disdegnava di vestirsi con la tuta di tela grigia indossata dai suoi dipendenti, un aspetto che accumunava il presidente con l'addetto alle pulizie. Era il suo modo per sentirsi come loro, quelli che lavoravano sotto il suo nome, e verso i quali lui ha sempre nutrito profonda gratitudine. "Prima l'uomo, poi le macchine", amava ripetere in questa sua visione filantropica in cui ok macchine e motori, ma solo per migliorare la vita degli uomini. E' stato tra i primissimi a operare attivamente per la salvaguardia dell'ambiente, a conferma di una comprensione di ciò che lo circondava molto profonda considerando poi ciò che è seguito. Anche questo contribuì a diffondere ulteriormente un marchio globale di un uomo che però, intimamente, era rimasto umile ed attaccato alle origini. Innamorato del suo lavoro, che però non sarebbe stato ugualmente appagante senza l'affetto della sua famiglia. Perché "tutti abbiamo bisogno tanto di tenerezza quanto di successo professionale, senza offesa per gli ambiziosi". 

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