GP Abu Dhabi: i 5 punti del fine settimana

GP Abu Dhabi: i 5 punti del fine settimana© Getty Images

Un finale incredibile ed un'attesa fiume ad incoronare Verstappen, anche se la Mercedes ha ancora la possibilità di presentare appello; in tutto questo è passato in secondo piano il sorpasso di Sainz in classifica e l'assegnazione del premio per il maggior numero di sorpassi

13.12.2021 ( Aggiornata il 13.12.2021 12:13 )

Sport o show?

No, non parliamo di mondiale deciso a tavolino. Sarebbe ingiusto nei confronti di Max Verstappen, sarebbe ingiusto nei confronti di Lewis Hamilton, facendolo passare per una vittima che non è. Piuttosto la domanda, o meglio la riflessione, deve riguarda altro, a come viene trattata, gestita e vista la Formula 1. E' uno sport? E' uno show? La domanda politicamente corretta sarebbe quella che uno sport deve essere sempre intrattenimento. Ovvio, nessuno guarderebbe uno sport che non gli piace, che non gli dà emozioni. Ma l'impronta di Liberty Media, su questo tema, c'è e si vede. Non serve andare a scavare nel Mesozoico per ricordare una F1 quasi ingessata, poco propensa a regalare spettacoli fuori copione. Tutto, fin troppo rigido fino a quando la baracca l'ha tenuta Bernie Ecclestone. Che faceva di tutto per piazzare i piloti a piacimento, per mettere le pedine al posto giusto per avere ai nastri di partenza il mondiale migliore possibile. Ma Bernie, a parte la scellerata idea di voler spruzzare acqua a caso sulle piste, mai si è spinto a chiedere tre partenze a gara. Poi invece sono arrivati gli americani, che da americani si sono comportati: basta con le condotte di gara rigide, vogliamo più show. E show la F1 è diventata, consapevole di diventarlo. Solo pochi anni fa mai avremmo visto tre partenza da fermo al Mugello 2020, mai una ripartenza a Baku con appena tre giri da disputare, mai altre tre partenze dalla griglia in Arabia Saudita. Per cui, inutile gridare allo scandalo per aver voluto decidere il mondiale in un giro. Anzi, quella scelta è stata in piena continuità con le decisioni che la F1 sta prendendo nelle ultime stagioni: si vuole lo show, punto. Anche a costo di andare contro un regolamento scritto, anche a costo di creare un precedente pericoloso e concedere, alla Mercedes, l'occasione di allungare ancor di più un mondiale infinito con due proteste ed un appello. Quando la IndyCar faceva di tutto per sgomberare la pista per far ripartire la gara in fretta e furia, anche a costo di decidere una corsa di 200 giri nello spazio di tre, in Europa si sottolineava, quasi con orgoglio, la differenza di base del motorismo europeo e americano: laggiù è tutto uno show, qui è una competizione. Ecco, con il GP di Abu Dhabi la metaformosi è ormai completata: un mondiale del genere tutto in un giro rappresenta la conversione totale della F1 all'esigenza di creare spettacolo. E sbaglia chi dice che Michael Masi, quest'anno, abbia favorito Mercedes o Red Bull: ogni scelta non ha tenuto conto dei protagonisti, ogni decisione è andata nel verso di creare più intrattenimento possibile. Infischiandosene se poi, a Yas Marina, chi aveva dominato la gara si ritrovava a perdere il mondiale. Liberty avrebbe fatto carte false per avere un mondiale del genere dopo due stagioni a senso unico, ed il conto da pagare era un inevitabile inasprimento dei rapporti, un carico di lavoro maggiore e più complicato, un tesoretto da maneggiare con cura, con il pericolo di disperderlo; per fortuna ci sono stati Lewis Hamilton e Max Verstappen a garantire una competizione continua, ma nel tentativo di mettere meno possibile le mani sulla lotta iridata, Masi e Liberty sono finiti dritti nel vortice delle polemiche. Hanno avuto paura di diventare protagonisti del mondiale, e lo sono diventati: quando vuoi accontentare tutti, alla fine finisci per non accontentare nessuno.

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