Quel 2006 con Binotto in Red Bull

Quel 2006 con Binotto in Red Bull

Nell’unica stagione in cui la Ferrari ha motorizzato la Red Bull in F.1, l’attuale team principal della Rossa vestiva in blu. Andiamo a scoprire perché

09.08.2022 09:40

La rivoluzione comincia da qui

Chiaramente, arrivando alla fine del 2005, Adrian Newey non ha il tempo di lavorare al progetto del 2006, la RB2, che sarà la prima, vera macchina nata completamente sotto la stella della Red Bull, contrariamente alla RB1 che, come già detto, era stata largamente concepita quando il team si chiamava ancora Jaguar. Newey, metodico come sempre, del progetto RB2 vuole sapere il meno possibile: è una macchina che non ha progettato lui, non vuole mettere mano a questa vettura di cui non conosce le basi di progetto, preferendo concentrarsi direttamente sul modello 2007, da sviluppare con calma durante l’annata 2006. Se Newey non interviene direttamente sul tavolo tecnico, però il suo impatto serve eccome per dare un cambio di passo nella mentalità: perché è proprio questo il primo, macro difetto da correggere. Gli investimenti e le ambizioni sono da grande squadra, ed è in questo senso che va letto l’accordo con la Ferrari: in un anno fondamentale dal punto di vista motoristico come quello del 2006, nel quale arrivano i nuovissimi V8 a sostituire i vecchi V10, a Milton Keynes non si fanno problemi a lasciare i Cosworth per prendere quelli del Cavallino Rampante. Le ambizioni però non vanno di pari passo con la mentalità di una fabbrica che però è sfiduciata: le grandi promesse degli anni Jaguar hanno lasciato il segno, e tra i dipendenti si dà il benvenuto ai nuovi capi quasi con rassegnazione.

La RB2 a motore Ferrari non fa faville

Lo ha raccontato bene Newey, di cosa significhi entrare in un team che deve essere portato per mano al successo. Lui, che aveva lavorato con Williams e McLaren, capisce a sue spese quanto diverso sia l’approccio di una squadra che non ha mai vinto niente rispetto ad altre, come Williams e McLaren appunto, che invece hanno un passato glorioso. Lo spiega bene nel suo libro: "Qui alla Jaguar facciamo così, mi dissero, e dovrai adattarti. La chiamavano ancora Jaguar!". Sempre nella sua autobiografia, Adrian spiega come tutto il quartier generale avesse un morale basso, convinto che lui ed Horner sarebbero stati, come quelli precedenti, due capi di passaggio prima dell’ennesima rivoluzione. "L’arroganza tipica delle Midlands", ricorda Newey con sarcasmo, rievocando come la mentalità che regnava a Milton Keynes fosse quella di dire "Siamo felici di finire settimi". Insomma, quello che serve è un “cambiamento culturale”, sempre per usare le parole del geniale progettista, che ad Adrian ed Horner costa tempo, sudore e fatica. Piano piano questa svolta arriva, anche se il percorso sarà accidentato: e infatti la RB2, nel 2006, di risultati soddisfacenti ne ottiene pochi. Nonostante David Coulthard, con la squadra sin dalla nascita, porti a casa il primo podio nella storia della scuderia (lasciando la RB1, di fatto, l’unica macchina di Milton Keynes a non essere mai andata sul podio nelle 18 stagioni del team), il cambio di passo rispetto al 2005 non c’è: anzi, da un certo punto di vista va pure peggio, perché pur ottenendo un podio e confermando il 7° posto nel Costruttori, la squadra scende dai 34 punti del 2005 ai 16 del 2006. Troppo pochi, per chi aveva puntato sul Ferrari V8 056. Sono i mesi in cui Mattia Binotto, motorista della Ferrari, viene dirottato a seguire il team clienti, l’unico del Cavallino in quella stagione. Se il confronto con la Ferrari 248 F1 è fuori portata, quello con il resto della concorrenza è deludente. La macchina, concepita attorno al V8 Ferrari che avrebbe dovuto essere il fiore all’occhiello di un progetto molto valido, si rivela una monoposto con un difetto congenito ai sistemi di raffreddamento, ed in generale con un’affidabilità precaria: il motore tiene, è la vettura ad avere problemi, soprattutto nella prima parte dell’anno, con sistema idraulico e trasmissione che finiscono sul banco degli imputati. I problemi arrivano solo indirettamente dal motore Ferrari, un propulsore che “scalda” molto e dunque molto esigente in termini di raffreddamento. Con un sistema interno che mal si sposa con questo motore, la RB2 si trova a soffrire troppo spesso di surriscaldamento.

Aerodinamicamente è un’evoluzione del modello precedente, dal quale differisce comunque molto al retrotreno, cosa normale dato il cambio di fornitura. La squadra abbandona la singola chiglia per la chiglia a V, di chiara ispirazione Renault R25 campionessa mondiale l’anno prima, all’inizio delle fiancate, nella speranza di migliorare l’aderenza meccanica. L’affidabilità migliora nel corso dell’anno, ma la RB2 non è una macchina nata per vincere e infatti non vincerà mai: a poco a poco che Newey si cala nella nuova realtà e velocizza il lavoro sulla macchina del 2007, la RB2 viene abbandonata al suo destino senza riceve sviluppi adeguati per tenere il passo della concorrenza.

Lo stop agli sviluppi lo si deve leggere in questa maniera: volendo proporre una macchina radicalmente diversa per l’anno successivo, ha poco senso per la squadra investire su un concetto di vettura che sarebbe notevolmente cambiato per la stagione 2007, nonostante la continuità dei regolamenti. E infatti, quando la RB3 si svela, ha ben poco in comune con la RB2: cambia tutto a partire dall’aerodinamica (la RB3 assomiglia molto più alla McLaren del 2006, la vettura lasciata in eredità da Newey alla scuderia di Woking, che non alla Red Bull dell’anno prima), e cambia anche la fornitura dei motori, con il passaggio ai Renault. Dietro a questa scelta c’è lo stesso Newey, non solo per i suoi buoni rapporti con la Renault, rimasti tali dalla sua collaborazione con i francesi nei primi anni ‘90 quando lavorava in Williams. A far propendere Newey per i propulsori francesi, anche esigenze aerodinamiche della vettura che si sarebbe sposata meglio, come forme, agli ingombri del V8 Renault piuttosto che del V8 Ferrari, come detto più esigente dal punto di vista del raffreddamento. Per questo motivo, la Red Bull firma un accordo per i Renault, meno problematici da questo punto di vista. Tuttavia, è col modello 2007 che in Red Bull si renderanno conto di un grave, grande difetto: la mancanza di correlazione dati tra galleria e pista. Risolvere tutto ciò, sarà un’altra delle chiavi che porteranno la Red Bull ai vertici del Circus.


  • Link copiato

Commenti

Leggi autosprint su tutti i tuoi dispositivi