GP Azerbaijan: i 5 temi del fine settimana

GP Azerbaijan: i 5 temi del fine settimana© Getty Images

La Ferrari rompe, la Red Bull vince e ringrazia: ma non c'è solo questo in un fine settimana in cui a tenere banco è pure il porpoising che ha provocato problemi alla schiena ad Hamilton

13.06.2022 ( Aggiornata il 13.06.2022 11:59 )

La battaglia mancata

Chi l'avrebbe spuntata? Resterà una domanda senza risposta, anche perché, vista come è andata la gara, è lecito attendersi che la seconda virtual safety car (quella uscita per lo stop di Magnussen) avrebbe ulteriormente mischiato le carte in tavola, a seconda di eventuali scelte strategiche. Invece, il ko di Sainz e Leclerc ha tolto di mezzo le Ferrari e la possibilità al pubblico di assistere ad una lotta che sarebbe stata quasi certamente intensa. Curioso come dopo la gara Horner e Binotto rivendicassero entrambi la bontà della scelta strategica della loro squadra (“stavolta abbiamo fatto bene noi”, ha detto Mattia; “la Ferrari aveva fatto una scelta aggressiva”, ha risposto Chris), forse perché sapevano che non potevano essere smentiti. Ma la lotta ci sarebbe quasi sicuramente stata, per più di un motivo.

Innanzitutto, le due macchine erano andate verso una convergenza nella scelta degli assetti, muovendosi in maniera opposta: una Red Bull scarichissima nelle FP1 era andata piano piano a “caricare” la macchina, al contrario la Ferrari aveva scelto di portare in pista nelle libere 2 l'ala posteriore già provata a Miami ma rimasta fino a questo fine settimana inutilizzata in gara (dovrebbe essere una configurazione da portare ed affinare nelle piste veloci). E così, per la prima volta durante l'anno, si era assistito per qualifica e gara ad una situazione opposta rispetto a quella dominante del 2022, ovvero una F1-75 aerodinamicamente un po' più scarica della RB18. Lo si è capito anche nelle primissime fasi di gara, quando Verstappen, nonostante scia e Drs, non riusciva a passare Leclerc. La scelta dei tecnici di Milton Keynes, quella di caricare un pelo di più la monoposto, era stata logica scommettendo su quello che poi era di fatto avvenuto, ovvero avere temperature più alte che sarebbero state più severe sulle gomme. La preoccupazione del resto c'era, dati i brevissimi long run del venerdì. Domenica, al via, la temperatura della pista era di 47° gradi, ovvero 14 in più rispetto a quelli del Q3: abbastanza per dire che si trattavano di condizioni clamorosamente diverse. Ecco perché Leclerc, nei primi chilometri del GP, non riusciva a replicare l'inserimento in curva e la guida del sabato: le equazioni tra pista e macchina erano cambiate e Charles si era ritrovato una vettura con più sovrasterzo, mentre la Red Bull, dopo aver sofferto di un leggero sottosterzo al sabato, in gara dava l'impressione di essere più bilanciata.

Poi però c'era stata la virtual safety car a mischiare le carte della strategia: la Ferrari aveva sì anticipato la sosta, ma a guardare i tempi degli ultimi passaggi di chi si era fermato insieme alla Rossa (Gasly e Vettel, giusto per dirne due), viene da pensare che la scelta fosse giusta. Horner ha parlato di aggressività, perché una temperatura così calda insieme alle indicazioni della Pirelli inducevano a pensare che anticipare al 10° giro il pit-stop fosse più rischioso di quanto in realtà non fosse. Logico immaginare una Red Bull più rapida nel finale grazie agli 8 giri di gomma più fresca di Verstappen nei confronti di Leclerc, ma dato il passo precedentemente simile viene da pensare che per Max recuperare gli oltre 13” (e sarebbero potuti essere di più, se solo la sosta del numero 16 non fosse durata 5”7) che lo separavano da Charles dopo il pit-stop non fosse una passeggiata, per quanto comunque possibile. Molto sarebbe dipeso dalla gestione che i due piloti avrebbero fatto della gomma: peccato solo non averli potuto vedere entrambi all'opera fino alla fine.

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