GP Azerbaijan: i 5 temi del fine settimana

GP Azerbaijan: i 5 temi del fine settimana© Getty Images

La Ferrari rompe, la Red Bull vince e ringrazia: ma non c'è solo questo in un fine settimana in cui a tenere banco è pure il porpoising che ha provocato problemi alla schiena ad Hamilton

13.06.2022 ( Aggiornata il 13.06.2022 11:59 )

Fermo azero

Sì, è un orribile gioco di parole. Ma del resto, “allarme rosso” è un titolo troppo abusato in questi casi. Tanto, la sostanza non cambia: chiamarla come si vuole, perché i contenuti della domenica di Baku, per la Ferrari, restano drammaticamente negativi. Tra Spagna, Monaco e Azerbaijan è facile farsi tornare alla mente il trittico asiatico degli orrori nel 2017, vale a dire Singapore, Malesia e Giappone. Ma se quello è un passato che non si può cambiare, gli eventi del presente riempiono di angoscia il tifoso medio, perché sono lo spettro di vecchi fantasmi che ritornano. Qui però occorre scindere, per quanto sia difficile farlo, tra il trasposorto del tifoso ed i fatti oggettivi. E sono i secondi che Mattia Binotto dovrà analizzare nell'incontro con gli ingegneri, toccando tasti dolorosi ma utili, se non fondamentali, per guardare avanti. L'evidenza è che il mondiale 2022 non è ancora finito, anzi siamo ad appena un terzo di campionato; l'altra evidenza è che su una macchina fantastica nelle prestazioni ci siano delle lacune altrettanto lampanti in fatto di affidabilità. Ma era un rischio da correre, se si voleva a tutti i costi recuperare il gap motoristico che a fine 2021 separava le Pu del Cavallino da quelle marchiate Mercedes ed Honda. E qui occorre avere onestà intellettuale: in quanti, nell'inverno, avevano invocato una “aggressività progettuale”? La risposta è “quasi tutti tra quelli che speravano in una Ferrari al vertice”.

Ma “aggressività progettuale” non è solo una bella espressione, è un modus operandi che nasconde dei rischi. Già nell'inverno, spifferi da Maranello avevano sussurrato di una power unit che al banco prova non dava tutte le garanzie del mondo in fatto di tenuta, imponendo ai tecnici una modalità di utilizzo meno esasperata nella prima versione che è scesa in pista nelle prime gare (e infatti problemi non ce ne sono stati). Che i guai di oggi siano riconducibili a dei rischi presi per recuperare il distacco motoristico, è ormai un fatto appurato; dal loro punto di vista, a Maranello ha avuto senso andare per questa strada perché lo spettro del congelamento rischiava di far restare indietro la Pu del Cavallino sul fronte delle performance, e questo era un pericolo da evitare. Si è pensato più a lungo termine, preferendo avere la garanzia di un motore forte subito seppur un po' più fragile che non il contrario; questo perché gli interventi permessi alla voce “affidabilità” sono molto più numerosi rispetto a quelli concessi per lo sviluppo della prestazione pura. Poi, è anche vero che passando dall'affidabilità si può “sbloccare” altra prestazione, proprio come accaduto in tutte quelle stagioni di congelamento dei V8 prima dell'avvento dell'ibrido. A tutto ciò, si aggiunge il pensiero che accompagnava le rottura Red Bull di inizio stagione: è più facile rendere affidabile una macchina già veloce piuttosto che veloce una macchina nata con il solo pregio dell'affidabilità.

Tutta questa serie di considerazioni sono doverose, se si vuole fare un'analisi chiara del momento. E sono considerazioni, non giustificazioni. Perché giustificazioni, se rompi così tanto quando vuoi lottare per il titolo, non ne hai. Sono considerazioni, appunto, o al massimo spiegazioni. Il guaio è che la Red Bull ha sofferto ad inizio anno di problemi che non hanno costretto i tecnici di Red Bull Powertrains a perdere dei pezzi, cosa che invece è accaduta alla Ferrari: in Spagna Leclerc si è giocato l'MGU-H ed il turbo, in Azerbaijan il motore termico, tutte componenti dal chilometraggio ancora molto ridotto rispetto alla distanza che questi elementi avrebbero dovuto coprire. Motivo per cui le preoccupazioni sono evidenti, perché non ci sono state avvisaglie prima della rottura e perché quando i problemi sono così tanti, così diversi e così gravi, c'è poco da stare allegri.

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