L'arrivo dello spagnolo a Maranello è avvenuto troppo sottotraccia: lui è tra quelli tosti della F.1 e non è alla Rossa per fare il gregario
Di rado in tanti anni ho mai visto l’arrivo di un pilota in Ferrari passato così in camuffa e quasi sottotraccia. A ben guardare, sembra quasi che non freghi niente a nessuno della presa di servizio di Carlos Sainz a Maranello. E ciò suona piuttosto strano.
Per esempio, sul presto, venerdì 18 dicembre, era in factory a fare il sedile e nessuno lo sapeva né nessuno lo filava, tra i soliti curiosi di tutto. Quasi che la cosa, all’inizio assoluto della sua storia, non facesse neanche gran notizia. Certo, è vero che la Ferrari targata 2020 purtroppo non è un team che cerca o provoca clamori a ogni pie’ sospinto, vista la stagione deludente e sottotraccia che molto ha contribuito a smorzare, almeno per ora, gli entusiasmi.
In fondo passare da top team obbligato a vincere a squadra di seconda fascia che fa fatica a tenere il passo della Alpha Tauri comporta pur sempre un prezzo da pagare e questo ovviamente riverbera anche sull’attenzione (o meno) riservata all’ingresso del nuovo pilota e sul di lui percepito magnetismo. Tutto vero, in ogni caso fa strano e fa brutto notare che fin dall’inizio, dal giorno dell’ufficializzazione del futuro arrivo di Carlos Sainz, i commenti restano quieti e composti, quasi a far intendere che si tratta di una scelta poco urlata, non proprio entusiasmante e tutto sommato di medie ambizioni.
Lasciando capire chiaramente che lo spagnolo dovrebbe e saprà essere un comodo complemento per il caposquadra Charles Leclerc e giammai un pungolo, un contraltare o, peggio ancora, una minaccia. Con altre e più sentite metafore, se Schumi aveva il suo Barrichello, Alonso il suo Massa e Vettel un tutto sommato abbordabile e mansueto Raikkonen, adesso Leclerc si bea e si pascerebbe di un non irresistibile Sainz. Bene. Qui mi inserisco.
E prendo subito la strada contraria e contromano, per dire una cosa molto semplice: manco per niente. Chi vede in Carlos Sainz un portaborracce di complemento, un utile quasi moscio, un compagnetto di giornata o una specie di scudiero con qualche finta corazzetta da cavaliere, proprio non ha capito niente della scelta Ferrari, né tantomeno della classe e della solidità di Carlos Sainz.
Il quale dal giorno in cui ha debuttato in F.1 fa una certa fatica a far capire quanto vale, più per miopia altrui che non per colpe proprie. Lo spagnolo ha ventisei anni, ovvero un’età nella quale un buon pilota può dire d’essere in piena ascesa, vanta già 119 Gran Premi all’attivo con due podii ed è reduce da un sesto posto nel mondiale e soprattutto dall’aver propiziato coi suoi piazzamenti un clamoroso terzo posto della McLaren nel campionato Costruttori 2020, peraltro ottenendo più punti - 105 a 97 - del suo giovanissimo e velocissimo compagno di squadra, ovvero Lando Norris.
Ma c’è molto di più: Carlos è il pilota che più di tutti è andato vicino a riportare al successo il team orange papaya, nella strana, pazza e affascinante domenica di Monza, che poi ha messo sotto le luci della ribalta il bravo Pierre Gasly, meritato vincitore su Alpha Tauri. Però Carlos era lì.
Andando a ritroso, lo spagnolo ha avuto la ventura - e non certo la fortuna -, di debuttare il F.1 all’interno di Toro Rosso a parità di macchina col sensazionale Max Verstappen, riuscendo peraltro a contenere dignitosamente l’impatto con uno dei più grandi talenti della F.1 moderna.
Chiaro, poco da fare contro l’olandese volante, ma a livello di distacchi cronometrici sia in qualifica che in gara c’è poi chi ha fatto peggio assai dello spagnolo, capace di passare dai 18 punti incamerati nella prima stagione ai 46 della seconda per andare ai 54 della terza annata col team faentino, issandosi addirittura al nono posto finale ossia nella top ten del mondiale, con un meraviglioso quarto posto nel Gp di Singapore 2017.
E occhio, che pure Max Verstappen non era andato oltre il quarto posto correndo per Toro Rosso, salvo poi vincere al primo shot in Red Bull, in Spagna 2016... Eppure, per dirla col messicano Jo Ramirez, che resta un suo grande estimatore oltre che un finissimo analista dellle faccende del Circus, Carlos Sainz non ha mai potuto godere dell’attesa promozione in seno alla Red Bull, a differenza del suo ex compagno Max Verstappen.
Perché, sempre proseguendo con la teoria di Ramirez, Helmut Marko, ovvero l’uomo forte del drink team, non ha mai visto troppo di buon occhio i piloti neolatini; salvo poi, infine, questo va detto, dopo anni di poca fiducia, eccolo accettare l’ingaggio di Sergio Perez, anche se quest’ultima è un’altra storia, che affonda le sue radici su ben diversi presupposti.
In ogni caso, tornando a Carlito, dopo quasi tre anni in quota Faenza, eccolo tentare fortuna in seno alla Renault dove si ritrova come primo pilota il forte Nico Hulkenberg, chiudendo l’annata con 69 punti a 53 di vantaggio per il tedesco, quindi tenendo perfettamente la scena, buon decimo nel mondiale, con Hulk settimo al volante di una Renault onesta ma francamente non eccezionale.
E poi arriva il biennio in McLaren, fondante, formante, vissuto con grante intensità. Contribuendo a far risollevare un team pre-moribondo che con lui e Norris si trasforma progressivamente appunto nella terza forza del mondiale 2020, ritrovando competitività, speranza e identità.
E attenzione, perché Carlos, oltre a dare l’idea di poter vincere a Monza, è anche quello capace di disputare un’inizio gara strepitoso a Portimao, su una pista dall’aderenza precaria per l’umido, confermando l’impressione d’essere pilota non solo veloce, ma anche sensibilissimo e versatile.
E, soprattutto, anche ben poco incline all’errore, vero martello nella costanza dei tempi e molto, molto determinato nel modo di lavorare, nell’attenzione a quei mille particolari che distinguono un grande professionista da un sontuoso manico.
Poi c’è un aspetto in più, tipico della seconda parte della stagione 2020.
Tutte le volte che per caso s’è trovato a sfidare Charles Leclerc, Carlos s’è dimostrato correttissimo, sportivo e tranquillo, ma anche ben deciso a tenere duro, a non cedere il passo, quasi a dare i primi segnali subliminali che il monegasco in lui troverà uno stimolo e una cameratesca collaborazione, ma non certo una sponda compiacente, arrendevole o un morbido materasso. E poi c’è il suo stile, a dire e a dare qualcosa in più.
La faccia pulita del ragazzo corretto, il senso della misura dello sportivo vero e anche una determinazione assoluta ben delimitata dalla percezione dell’importanza della squadra: questo è Carlito Sainz.
Non un bravo pilota e un bravo ragazzo qualsiasi, quindi.
No, c’è qualcosa che non va nello spirito con cui la maggior parte degli appassionati di F.1 sta vivendo il primo periodo di Carlos Sainz alla Ferrari. Sì, è vero, molto, tantissimo di quello che potrà combinare in pista, in questa sua prima stagione in Rosso, dipenderà dalla capacità di reagire del team, che deve a tutti i costi fare in modo d’affidargli una monoposto il più decente possibile.
Però sarà bene mettersi in testa almeno un paio di verità tali da partire con un tocco d’ottimismo in questa stagione, al momento così enigmatica da decifrare in chiave Ferrari: punto primo, Carlos Sainz è un pilota che parte senza limiti d’azione e di guida, avendo la possibilità di sorprendere in positivo, visti i precedenti personali validissimi ma ad oggi tendenzialmente sottovalutati. Punto secondo, lo spagnolo, pur leale, corretto e sempre dentro le righe, ha tutte le qualità per motivare Leclerc incalzandolo e non certo reggendogli mansuetamente il sacco.
Alla Ferrari il compito di metter in pista una macchina più buona delle ultime volte, quanto ai suoi piloti, bravissimi lo sono di sicuro: Leclerc tutti lo conoscono da un pezzo, ma lo stesso Sainz merita molto più rispetto, attenzione maggiore e un ancor più incisivo incoraggiamento per questa sua nuova, emozionante e determinante sfida, all’interno di una carriera deliziosamente in crescita.
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