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Sergio Perez
Tra i due litiganti il terzo gode. Battuta scontata, ma vera: né Lewis Hamilton né Max Verstappen, ma Sergio Perez. Baku gli è sempra piaciuta, normale che abbia vissuto il suo miglior fine settimana in Red Bull proprio in Azerbaijan. Sarebbe stato il miglior weekend con il team di Milton Keynes anche senza la vittoria, lo dicevano le prestazioni: per quanto al messicano sia mancato il colpo finale in Q3, in gara ha recuperato subito ed è stato in grado di girare su tempi vicini a quelli di Verstappen, svolgendo il suo lavoro alla perfezione, ovvero interporsi tra il caposquadra ed Hamilton. E' stato solido, Sergio, anche quando aveva tutto da perdere: non ha sbagliato al momento della ripartenza, quando ha visto sfilare Lewis alla sua sinistra, di gran lunga il rivale più pericoloso. Non si è potuto godere il giro d'onore perché la sua Red Bull si è fermata poco dopo il traguardo, appena superata curva 1. Un brivido, con il senno di poi, ma che non ha tolto a Perez la seconda vittoria della carriera, arrivata nuovamente al termine di un GP caotico. Per lui fanno tre podi a Baku, dopo i due ottenuti con la fu Force India (2016 e 2018), e soprattutto la consapevolezza di aver fatto passi da gigante rispetto ad inizio stagione. In sole sei gare, Perez è riuscito dove non erano riusciti in due anni i suoi predecessori, ovvero Pierre Gasly ed Alexander Albon, fatti fuori proprio perché non erano in grado di garantire prestazioni vicine a quelle di Verstappen. Max resta un osso durissimo, e batterlo sarà molto, molto complicato, ma almeno Perez ha dimostrato di aver meritato la fiducia concessagli da Christian Horner ed Helmut Marko. Da ora in poi potrà andare solo meglio, ed è quello che Sergio si augura.
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Sebastian Vettel
“Un grande bacio ai ragazzi di Silverstone!”. Il tono è euforico, l'entusiasmo contagiante, la soddisfazione enorme. C'è festa, intorno a Sebastian Vettel. Lui, il “Driver of the day” votato dal pubblico, che la prima cosa che risponde all'addetta della F1 che lo avvisa via radio del premio risponde “E a te chi te lo ha dato il mio numero?”, segno di un momento di totale liberazione dopo un inizio di stagione non facile. C'è festa intorno a lui e nella sua testa, proprio da come si evince dai team radio appena dopo il traguardo. Uscito dalla macchina, è un susseguirsi di abbracci: prima alla squadra, poi arrivano in successione Leclerc, Gasly, Alonso e poi è lo stesso Seb a cercare Perez per rendergli omaggio. Beffato in qualifica, il tedesco ha costruito il suo podio con una gestione perfetta delle gomme, con tempi di rilievo nonostante le coperture usate: è stato l'ultimo a fermarsi per la prima sosta, quando mancava solo il suo compagno di squadra ad effettuare il cambio gomme. Poi Lance è finito a muro per lo scoppio del pneumatico, e quella di Seb è rimasta l'unica AMR21 in pista: per quanto il passo fosse ottimo, sembrava impensabile il podio per la vecchia Racing Point. Invece Seb ce l'ha fatta, con calma e pazienza: ha passato Leclerc e Gasly dopo la prima interruzione e poi ha approfittato del ko di Verstappen e del lungo di Hamilton. Andare a prendere Perez era un sogno probabilmente non realizzabile: Seb aveva la gomma più nuova di tutti, ma la RB16B aveva decisamente un altro passo. Va bene così, va benissimo così: dopo Monaco un altro mattone alla ricostruzione di un morale caduto in basso come non mai, dopo l'addio alla Rossa e l'inizio, difficile, con l'Aston Martin. Ma un pilota vive anche per queste giornate qui, quelle della redenzione, e per Vettel è stato certamente ciò che ci voleva. Ha dato continuità ai suoi risultati a Baku (sempre tra i primi 4 in cinque edizioni), ma soprattutto ha regalato al marchio il primo podio della sua storia: per gli amanti delle statistiche si tratta del team numero 60 a concludere tra i primi tre, mentre per Seb si tratta del quarto team portato sul podio dopo Toro Rosso, Red Bull e Ferrari. Forse è tornata la primavera.
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Pierre Gasly
Pierre e Charles sono due amiconi che di tanto in tanto si trovano insieme sui go kart per divertirsi, in ricordo degli anni in cui, da ragazzini, muovevano i primi passi insieme a tantissimi altri coetanei che cullavano le stesse speranze. La sfida di ieri è stata solo un confronto con mezzi più grandi e potenti per due ragazzi che a fare ruota a ruota hanno sempre avuto l'abitudine. Stavolta l'incrocio in pista lo ha vinto Pierre, uno specializzando in gare pazze: ultimamente, quando il GP non è lineare, lui lo spunto decisivo lo trova sempre. Fu 2° ad Interlagos 2019, ha vinto a Monza lo scorso anno, è finito 3° a Baku: c'è del materiale per parlare di un pilota maturo, solido, che sta imparando a non sbagliare soprattutto quando la preda alla portata inizia a farsi grassa. Da quando è a Faenza, ha già portato a casa tre podi: la retrocessione dalla Red Bull all'allora Toro Rosso, anziché una condanna, è stata una specie di liberazione, una nuova opportunità. Un segno che forse la promozione alla fine del 2018 fu prematura, ma che il piede c'era: aveva solo bisogno di essere sgrezzato ancora un po', senza le eccessive pressioni tipiche di un top team al fianco di uno dei peggiori compagni di squadra che oggi possano capitare, Max Verstappen. La maturazione passa anche attraverso la gestione dei momenti più delicati: Pierre non ha perso la calma quando la sua power unit firmata Honda ha iniziato a calare di potenza, ed è rimasto freddo quando ha visto affiancarsi la sagoma rossa della SF2. Sorpasso prontamente restituito e massima fiducia nello staccare al limite. Un podio meritato ed una bell'abbraccio anche da parte di Charles, l'amico sconfitto.
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