        Vincere? No, dominare. E' quello che &egrave; accaduto quest'anno a Max Verstappen e, nei decenni precedenti, anche ad altri campioni del passato. Negli ultimi tre campionati l'olandese della Red Bull si &egrave; lanciato, oltre che nella conquista dei tre titoli, anche alla caccia di svariati record. Quest'anno ha messo a segno la striscia pi&ugrave; lunga di sempre, con 10 vittorie consecutive da Miami a Monza, e soprattutto ha pareggiato il record di Schumacher, ovvero la vittoria del titolo con ben 6 GP ancora da disputare (anche se c'&egrave; un "per&ograve;"). Vediamo qui chi, in passato, ha saputo chiudere i giochi iridati con largo anticipo. F1 2023: il calendario Vittoria con 6 GP d'anticipo Come Max Verstappen solo Michael Schumacher, che nel 2002 chiuse i conti al GP Francia, round numero 11 di 17. I puristi, per&ograve;, storcono il naso di fronte al primato di Max: l'olandese ha chiuso i conti al sestultimo evento della stagione, uno pi&ugrave; tardi rispetto a Schumacher. Spieghiamo: quando Schumi vinse a Magny-Cours, mancavano ancora sei eventi "pieni" alla fine del mondiale; nel caso di Max, invece, rimangono solo cinque appuntamenti dopo il Qatar. La cronaca moderna si &egrave; infatti arricchita delle sprint race, ma la statistica della Formula 1 ha deciso di "accettare" il record di Verstappen, perch&eacute; a tutti gli effetti i GP mancanti al momento dell'incoronazione erano sei, per cui si pu&ograve; dire che s&igrave;, Max Verstappen ha eguagliato il primato di titolo vinto con il maggior numero di corse di anticipo al pari di Schumacher e della F2002. Scorri tra le schede &nbsp; Vittoria con 5 GP d'anticipo Dopo aver a lungo inseguito il titolo iridato, Nigel Mansell riusc&igrave; a coronare il suo sogno il 16 agosto 1992, 8 giorni dopo aver spento le 39 candeline. Quell'anno, il Leone d'Inghilterra domin&ograve; la scena: con la favolosa Williams FW14B progettata da Newey, Mansell uccise il mondiale con 8 vittorie nei primi 10 GP, per poi accontentarsi della piazza d'onore a Budapest, dove ottenne la certezza del titolo. Il GP Ungheria fu il round numero 11 sui 16 previsti: quell'anno dunque Nigel mise a segno un record che sarebbe durato 10 anni, prima di essere battuto da Schumacher nel 2002. Scorri tra le schede &nbsp; Vittoria con 4 GP d'anticipo Non solo Schumacher, ma anche Vettel e lo stesso Verstappen. Oltre ai record gi&agrave; citati, sono tre i piloti che possono dire di essere andati in "vacanza" con ancora 4 GP da disputare. Detto del 2002, dove fece ancora meglio, Schumi chiuder&agrave; con largo anticipo le stagioni 2001 e 2004: nel 2001 vinse a Budapest al 13&deg; GP della stagione sui 17 in programma, nel 2004 invece sbaraglier&agrave; la concorrenza con la F2004, chiudendo i conti a Spa (gara 14 di 18). Sapr&agrave; fare altrettanto Sebastian Vettel, che nel suo 2011 dominato con la RB7 sapr&agrave; laurearsi campione a Suzuka, gara numero 15 delle 19 in stagione. L'altro traguardo di questa portata invece &egrave; storia recente: nel 2022 Verstappen ha vinto il titolo a Suzuka, pure lui con 4 GP d'anticipo. Scorri tra le schede &nbsp; Vittoria con 3 GP d'anticipo Ha qualcosa da dire anche l'elenco di chi ha saputo vincere il campionato con 3 GP d'anticipo. Il primo a riuscirci fu Jim Clark, iridato nel 1963 con la velocissima Lotus 25 a Monza, gara numero 7 di 10, facendo altrettanto un paio d'anni dopo, nel 1965. Con lo stesso anticipo si imporr&agrave; Jackie Stewart nel 1969 con la Matra, imitando s&eacute; stesso nel 1971, stavolta con la Tyrrell. Nel 2013 toccher&agrave; a Sebastian Vettel chiudere i conti con 3 GP ancora da disputare, con Seb iridato al GP India, gara 17 di 20. Lewis Hamilton invece vincer&agrave; il titolo a tre gare dal termine in due occasioni, nel 2015 (ad Austin) e nel 2020 (in Turchia).       

Assicurandosi il mondiale con ancora 6 GP da disputare, Verstappen ha eguagliato il record del 2002 di Schumacher: ecco tutti gli altri casi in cui un dominatore ha chiuso il campionato con pi&ugrave; gare d'anticipo

Non solo Verstappen e Schumacher: gli iridati con più GP d'anticipo

Varcando i cancelli di Silverstone, la casa delle corse inglesi, &egrave; difficile non pensare a Nigel Mansell. Quella del Northamptonshire era la sua pista: non quella attuale, tecnica e sublime, ma quella di un tempo, brutale, velocissima, senza via di fuga nei punti pi&ugrave; pericolosi. Tra i layout che pi&ugrave; facevano battere il cuore, spicca quello da 4.778 metri, usato tra il 1987 ed il 1990, dove Becketts era un gomito che portava all&rsquo;esterno e la Stowe, la Club e Copse due curvoni dove il coraggio faceva sempre la differenza. Quella, era la riserva di caccia di Nigel, dove la piazza d&rsquo;onore era spesso il miglior risultato cui ambire. Nella Silverstone che ha reso celebre Mansell, bisognava dimenticarsi di alzare il piede.  Mansell, l&#39;ultimo pilota di Enzo Ferrari  Nel 1987, Mansell vinse siglando il giro veloce in gara ad oltre 246km/h di media. Folle, semplicemente folle. Affrontare Nigel su quelle pieghe metteva una tale soggezione, un tale rispetto, che e? rimasto immutato nel tempo. A Enzo Ferrari piaceva proprio questo di Mansell, e per questo lo ha scelto: non si puo? non voler bene a un pilota che non si d&agrave; mai per vinto. Il soprannome &ldquo;Leone&rdquo; gli fu dato da Carlo Cavicchi quando era Direttore di Autosprint, e Nigel lo conserva ancora con gelosia e orgoglio.    Nigel Mansell fu l&rsquo;ultimo pilota scelto da Enzo Ferrari, prima che il Drake ci lasci&ograve; nel 1988 e non pot&egrave; vederlo vincere sulle sue monoposto. E la prima corsa che l&rsquo;inglese vinse, ironia del destino alla prima uscita in rosso, Nigel la dedic&ograve; senza esitazioni a Enzo Ferrari. Legami forti, quelli tra il Drake e il Leone inglese, di quelli che bastava un senso di approvazione per diventare eterni. Mansell per la Casa del Cavallino corse solo due stagioni, in 1989 e 1990, ma il legame con la Scuderia non si &egrave; mai sciolto. Anzi, &egrave; una delle cose alle quali Mansell tiene di pi&ugrave;. Rivederlo a Silverstone, ospite dalla Casa del Cavallino, &egrave; stato un tuffo al cuore. Sincero, genuino, anche per un leone come lui. Che ci ha spiegato quando il fuoco rosso bruci ancora nel suo grande cuore.  Le emozioni del ritorno a Silverstone  Oltre trent&rsquo;anni dopo, Nigel Mansell&egrave; tornato a passeggiare nel paddock con i colori della Casa del Cavallino, tra applausi, strette di mani, e occhi gonfi per l&rsquo;emozione. Nigel, come hai vissuto questo intenso ritorno?  &laquo;Mi sento emozionato e stanco. &Egrave; qualcosa di davvero incredibile essere qui in prima persona dopo tanti anni. Mi sento coinvolto da ogni piccolo avvenimento: &egrave; come riscoprire il mio mondo dopo tanto tempo. Anche se ora non sono pi&ugrave; giovanissimo, rivivere le emozioni di essere presente ad un gran premio insieme alla Scuderia Ferrari &egrave; qualcosa di davvero speciale, soprattutto per me che ho vestito questi leggendari colori&raquo;.    Se chiudi gli occhi, cosa rivedi delle tue stagioni alla Ferrari?  &laquo;Beh, la prima vittoria, al primo tentativo, con la nuovissima Ferrari 640 al gran premio del Brasile del 1989 &egrave; stato qualcosa di semplicemente meraviglioso. Attimi che un uomo vorrebbe rivivere all&rsquo;infinito nella propria mente. Quella corsa &egrave; la corsa per eccellenza. Ma quando penso alla Casa del Cavallino penso anche al profondo rispetto, al senso di appartenenza, a delle relazioni che rimangono forti nel tempo, perch&eacute; essere stato nella storia della Scuderia &egrave; qualcosa di distintivo per un pilota. Sono passati trent&rsquo;anni e sono ancora qui, come se ci fossimo incontrati l&rsquo;ultima volta ieri. Ecco, questo &egrave; davvero qualcosa di speciale, quello che si vive alla Ferrari non subisce il trascorrere del tempo, &egrave; sempre attuale. Ed essere qui, ancora insieme, dopo cos&igrave; tanto tempo e rivivere le stesse emozioni &egrave; qualcosa di unico&raquo;.  &nbsp;  Hai corso due anni per la Scuderia Ferrari, conquistato un quarto e un quinto posto nel Mondialee, vinto tre Gran Premi e sei salito su undici podi. Dopo aver lasciato la Rossa, due anni dopo, nel 1992 hai vinto il titolo iridato con la Williams. Come si pone la tua parentesi a Maranello rispetto al resto della tua carriera?  &laquo;La differenza tra la Scuderia Ferrari e gli altri team &egrave; che a Maranello sei parte di una famiglia, e questa cosa si sente davvero. &Egrave; sufficiente che tu esca dalla corsia box con i colori della Casa del Cavallino ed automaticamente fai parte della sua storia e del suo mito. Questo &egrave; davvero unico. Sono sensazioni che percepisci e ti entrano dritto nel cuore e l&igrave; rimangono per sempre&raquo;.    Sei geloso del fatto di essere stato l&rsquo;ultimo pilota ad essere stato scelto da Enzo Ferrari?  &laquo;S&igrave;, questa cosa &egrave; importante su tanti livelli. Sia perch&eacute; tocca le mie emozioni, perch&eacute; &egrave; una cosa unica, un privilegio del quale vado molto fiero, ma anche, e questo &egrave; l&rsquo;altro aspetto, &egrave; qualcosa di storico. Perch&eacute;, dopo di me, nessuno. Uno dei momenti pi&ugrave; intensi della mia carriera &egrave; la vittoria in Brasile, la prima in rosso, perch&eacute; ho avuto l&rsquo;onore di poterla dedicare a Enzo Ferrari&raquo;.  Mansell ed Enzo Ferrari, rapporto di stima  Cosa ricordi delle relazioni che hai avuto con Enzo Ferrari, della sua esposizione nei tuoi confronti?  &laquo;Ricordo quando ci siamo incontrati, i nostri dialoghi, ma soprattutto la sensazione di forza che trasmetteva: era davvero un uomo molto forte e potente. E questa cosa si percepiva e suscitava in me un grandissimo rispetto&raquo;.  Cosa pensi che apprezzasse di te?  &laquo;Il coraggio. Il fatto che fossi britannico, forte, determinato. Mi ha sempre visto come un leone e non &egrave; un caso che questo &egrave; il soprannome che mi &egrave; stato dato e che io ho sempre amato tantissimo. Perch&eacute; mi sono sempre sentito cos&igrave;, un combattente, un pilota che guida fino all&rsquo;ultima goccia ed estrae sempre il massimo dal mezzo che ha a disposizione. Penso che qualsiasi Costruttore ami avere un pilota cos&igrave;, perch&eacute; rende il loro lavoro pi&ugrave; semplice e appagante. La mia relazione con Enzo Ferrari, anche per questo motivo, &egrave; sempre stata solida e piena di rispetto da entrambi i lati. Ed era cos&igrave; ancor prima che arrivassi a Maranello&raquo;.  &nbsp;  Cosa ricordi dei tifosi italiani?  &laquo;Che mi volevano bene. Sono stato a Maranello per due soli anni, ma mi hanno sempre fatto sentire come se fossi stato da sempre uno di loro. Anche oggi, &egrave; come se avessi speso trent&rsquo;anni a Maranello. Questo aspetto &egrave; davvero straordinario. Io ero il loro combattente, il loro leone in pista, l&rsquo;uomo che li rappresentava e dava sempre tutto. Anche quando la macchina non era al massimo, io ho sempre dato tutto, non mi sono mai risparmiato. I tifosi, quelli che stanno a bordo pista, queste cose non se le dimenticano. I fan ti amano se si rendono conto che non li imbrogli, che fai sempre il massimo in base alle tue possibilit&agrave;&raquo;.    Ci sono uomini della Casa del Cavallino che ricordi con maggior piacere?  &laquo;S&igrave;, Maurizio Nardon &egrave; stato una persona speciale, lui e la sua famiglia sono nel mio cuore. Abbiamo lavorato duramente insieme, nel suo ruolo di ingegnere di pista, ma abbiamo anche dei ricordi bellissimi fuori dalle piste. John Barnard aveva realizzato una macchina speciale, lavorare su quella monoposto &egrave; stato sensazionale. Davvero, ho tanti, tantissimi momenti unici nel mio passato alla Scuderia&raquo;.  Come ti troveresti a correre con tutte le regole di ingaggio nei duelli che ci sono oggi?  &laquo;Oggi ci sono forse un po&rsquo; troppe regole. Quando attacchi un pilota, ci sono cose che si possono fare, mentre altre no. &Egrave; come se ci fosse una procedura per passare la macchina davanti. D&rsquo;altro canto, tutto si evolve e le nuove regole vanno comprese, non necessariamente era meglio prima. Ad esempio, ricordate il modo in cui Senna mi tenne alle sue spalle a Monte Carlo nel 1992? Penso che al giorno d&rsquo;oggi lui avrebbe subito dieci stop and go ed io avrei vinto quella corsa! Ci sono cose positive e negative nelle regole di oggi. Per me, il modo di correre dev&rsquo;essere il piu? &ldquo;puro&rdquo; possibile. E, sotto questo aspetto, troppe regole non aiutano&raquo;.    Ferrari, il mito 30 anni dopo  Hai trovato qualcosa di diverso nella Ferrari di oggi rispetto a trent&rsquo;anni fa?  &laquo;Ferrari &egrave; un mito, qualcosa di magico. Ogni cosa ha un suo stile unico alla Rossa, inavvicinabile dagli altri team. &Egrave; qualcosa di diverso. Anche il tifo degli appassionati, qualcosa di incondizionato, &egrave; come una religione. I colori ti avvolgono e ti conquistano, e questo vale anche per persone che non sono coinvolte al cento per cento nella Formula Uno. Ho sempre avuto l&rsquo;impressione che qualsiasi persona in Italia, non importa se avesse due o novantadue anni, sapesse perfettamente chi erano i piloti della Scuderia Ferrari e come stavano andando! Per me, Enzo Ferrai aveva la stessa simbologia del Papa: quando la Rossa vince una corsa suonano le campane in chiesa. Non esiste nulla di nemmeno paragonabile al mondo. La Ferrari mi &egrave; rimasta nel cuore, cos&igrave; come il vostro popolo. Ti affido una piccola missione, che &egrave; quella di portare il mio messaggio che li amo e che mi mancano. E li ringrazio per tutto quando mi hanno dato, per l&rsquo;incredibile supporto. E, credimi, ho dei ricordi bellissimi legati anche ad Autosprint, che una rivista fantastica e vibrante, nella quale si respira una passione unica. E non potrebbe essere diversamente, dopo trenta anni siete ancora qui con me. E questo, non &egrave;&nbsp;certamente un caso. Qualsiasi cosa ci porti la vita, continuate cos&igrave; e divertitevi sempre nel fare il vostro lavoro!&raquo;. 

Nigel Mansell torna con la mente e col cuore ai suoi 2 anni alla Rossa, con vittorie cult e l&#39;onore di essere l&#39;ultimo pilota scelto da Enzo Ferrari

La nostalgia del Leone: l&#39;intervista a Nigel Mansell

Il campione del mondo di F1 del 1992 e della serie CART nel 1993 compie oggi 69 anni. Buon compleanno, Mansell, Leone d&#39;Inghilterra

Nigel Mansell, buon compleanno al Leone d'Inghilterra

Il mondiale del 1989 fu dominato dalla McLaren di Senna e Prost, ma una delle gare pi&ugrave; epiche di quella stagione (escluso il ben noto finale) la regal&ograve; Mansell, sulla Ferrari 640&nbsp;

GP Ungheria, una rimonta da record e vittoria leggendaria di Nigel Mansell

Sebastian Vettel, con la tuta Sparco che richiana quella di quell&#39;epoca, prima del GP, si esibir&agrave; a Silverstone con la leggendaria&nbsp;Williams FW14B, monoposto con la quale Nigel Mansell si laure&ograve; campione del mondo nel 1992. Vettura che il pilota tedesco&nbsp;ha acquistato quattro anni fa

Vettel,  a Silverstone con Williams FW14B di Mansell

        Sarebbero potuti essere certamente di pi&ugrave;, se solo un destino beffardo non se lo fosse portato via in una domenica del 1994 ad Imola. E cos&igrave;, Suzuka 1991 &egrave; diventato sinonimo di ultima corona iridata per Ayrton Senna, che in quel 20 ottobre di 30 anni fa vinse il suo terzo ed ultimo titolo mondiale.  Horner: "Vincere il mondiale sarebbe il pi&ugrave; grande traguardo di sempre"  1991 in salsa inglese E' una stagione che si pensa possa essere una specie di secondo atto dell'annata precedente, con il finale al veleno tra la McLaren di Senna e la Ferrari di Prost, subito fuori alla prima curva l'anno prima, sempre in Giappone, per un incidente che decise il titolo a favore del brasiliano. E invece, nel 1991 di fatto il Cavallino non c'&egrave;: in piena crisi gestionale, la squadra di Maranello d&agrave; nelle mani di Prost ed Alesi una vettura deficitaria, mai in grado di vincere un GP e di conseguenza incapace di lottare per il titolo. Cos&igrave; Senna nelle prime gare ha vita facile, con quattro successi su quattro, nell'attesa che la Williams risolva i suoi problemi: a met&agrave; del 1990 &egrave; arrivato il geniale Adrian Newey a far fare un salto di qualit&agrave; alle vetture di Grove; Newey insieme a Patrick Head ci mette un po' a trovare la quadra definitiva della FW14, che per&ograve; una volta messa a punto inizia a filare. In pieno stile Newey, la macchina si dimostra talvolta fragile, sicuramente pi&ugrave; della McLaren MP4-6 di Senna e Berger, e per certi versi &egrave; proprio l'affidabilit&agrave; la chiave della stagione. Dopo il poker iniziale Senna pu&ograve; gestire il ritorno di Mansell, che in estate pare incontenibile ma che deve fare i conti con un altro ko in Belgio, un passaggio a vuoto che mette Senna nelle migliori condizioni per assicurarsi il titolo. Le speranze del Leone per&ograve; crollano quasi definitivamente in Portogallo, quando segna di nuovo uno zero dopo essere stato squalificato: viene fatto ripartire su tre ruote dopo la sosta, i meccanici intervengono in fretta e furia ma operando in un'area non consentita Nigel viene squalificato. Siamo alla vigilia di Suzuka e Senna ha 16 punti di vantaggio a due gare dalla fine.   Verstappen, ad Austin per vincere  Mansell tutto cuore, ma non basta Cos&igrave;, in Giappone, Senna pu&ograve; chiudere i conti. Il brasiliano si reca nel Sol Levante addirittura tre settimane prima per ambientarsi al meglio con il Paese ospitante. Vuole subito sfruttare il primo match ball, attendendosi un Mansell sugli scudi e con ben poco da perdere. Le cose per&ograve; vanno benone per il brasiliano: Berger fa la pole, lui &egrave; 2&deg; ma davanti a Mansell, che deve vincere per sperare di tenere aperto il titolo fino all'ultima corsa. Al via la Williams non passa le McLaren, ed allora Mansell, vedendo scappare Berger (buona strategia da parte della McLaren), inizia a forzare per passare Senna: al 10&deg; giro per&ograve; l'inglese esagera e finisce nella ghiaia, ritirandosi. Il mondiale &egrave; finito: Senna si ritrova addirittura al comando della corsa dopo le soste, ma all'ultima curva rallenta e fa sfilare l'amico Berger, che artiglia il sesto successo della carriera; si parla di un accordo in casa McLaren secondo il quale la vittoria sarebbe andata al pilota che avrebbe girato davanti alla prima curva, mentre altri sostengono che fu solo un gesto di stima da parte di Ayrton nei confronti di uno dei piloti con cui aveva pi&ugrave; legato in vita sua.  F1 2021, guida al rush finale del campionato       

Era il 20 ottobre 1991 e con il ritiro di Mansell Senna diventava campione per la terza ed ultima volta in carriera, al termine di una stagione in cui a premiarlo fu la miglior regolarit&agrave; della sua McLaren contro una Williams fortissima ma fragile

GP Giappone 1991, l'ultimo titolo di Ayrton Senna

        Una nuova perla si aggiunge alla collezione di auto d'epoca di Sebastian Vettel. Il pilota tedesco visto il periodaccio che sta vivendo, tra un feeling pessimo con la sua SF1000 e un futuro incerto in Formula 1, si &egrave; fatto un regalo per tirarsi s&ugrave; di morale: la&nbsp; Williams FW14B di Nigel Mansell, con la quale il pilota inglese vinse nel 1992 il Mondiale piloti e il titolo Costruttori.  Gp Italia, gli orari della gara di Monza su Sky e in chiaro su Tv8 La "Red Five" La monoposto &egrave; proprio quella guidata dal Leone d'Inghilterra con tanto di numero 5 in rosso che le valse il soprannome di "Red Five". E non a caso &egrave; lo stesso numero che Seb ha scelto per correre. L'acquisto secondo la Bild, che riporta la notizia, &egrave; valso al quattro volte iridato una cifra stratosferica ceh sembra vada oltre i 3 milioni di euro. &nbsp;&ldquo;La Red Five &egrave; molto interessante per me - ha detto Vettel - Si tratta di una monoposto assolutamente iconica e come le mie vetture ha il numero cinque, con cui gareggio fin dai tempi dei kart&rdquo;. Un'attrazione irresistibile dunque per Vettel che con Mansell ha sempre avuto un bel rapporto e che da sempre ha ammesso di aver ammirato le sue imprese, a quel titolo strappato a Senna e a quei 10 Gp vinti su 16, oltre alle 15 pole position, messe a segno dalla Williams.       

Il tedesco della Ferrari si &egrave; concesso una nuova monoposto per il suo garage: la&nbsp; &ldquo;Red Five&rdquo; con cui il Leone d'Inghilterra domin&ograve; il Mondiale Formula 1 nel 1992 &nbsp;

Vettel si fa un regalo: compra la Williams FW14B di Nigel Mansell

Ecco la “Red Five” con cui il pilota dominò e conquistò il Mondiale di Formula 1 nel 1992

Williams FW14B di Nigel Mansell FOTO

Massimo rispetto per i campioni di oggi, ma la F.1 eroica era un&#39;altra cosa. Diretto e sincero, Nigel Mansell spiega il suo punto di vista sul Circus di oggi in un&#39;intervista al Daily Mail, facendo confronti tra la sua epoca e quella attuale.  Todt: &quot;Sarei felice di vedere Ferrari, Red Bull e Mercedes a Le Mans&quot;  Lo struggente ricordo di Gilles  Un episodio che&nbsp;Nigel non dimenticher&agrave; mai &egrave; quello che port&ograve; alla morte di Gilles Villeneuve: &quot;Ai miei tempi le persone morivano regolarmente, e questo poteva avere serie ripercussioni sulla tua psiche. Gilles divenne mio amico, avevamo un rapporto stretto. Mi diede ottimi consigli. Per questo non dimenticher&ograve; mai la tragedia che gli capit&ograve; a Zolder fino alla fine dei miei giorni. Ero nella macchina dietro ed osservai tutto. Lo&nbsp; vidi sollevarsi in aria e ricadere gi&ugrave;, lo vidi volar via dall&#39;auto e finire contro le barriere. Andai oltre e ricordo che pensai che non avrebbe avuto speranze. E&#39; stata la cosa pi&ugrave; scioccante a cui abbia mai assistito, rimasi sconvolto e lo sono tutt&#39;ora&quot;.  &nbsp;  Cowell lascia la Mercedes  La F.1 degli anni &#39;80 e &#39;90  Prosegue Mansell: &quot;La Formula 1 negli anni &#39;80 e &#39;90 era una faccenda molto seria. Se non morivi, potevi comunque rimanere ferito, con le barriere ai limiti dei circuiti. Non potevi mai sapere che cosa sarebbe successo&quot;. Poi arriv&ograve; la morte di Ratzenberger e Senna: &quot;Il giorno della scomparsa di Ayrton fu una catastrofe per il motorsport, e cambi&ograve; il mondo delle corse per sempre&quot;.  &nbsp;  27 anni senza James Hunt  La Formula 1 di oggi  Il motorsport ha fatto passi avanti, ma non tutto &egrave; migliorato: &quot;E&#39; migliorato sotto molti aspetti, ma peggiorato sotto altri, perch&eacute; ad esempio i circuiti in tutto il mondo sono stati sterilizzati. Questo &egrave; un grande errore. La Formula 1 era uno sport incredibile, dove eri ricompensato se guidavi bene e penalizzato se guidavi male. Non potevi andare a 200 miglia orarie in una curva se non ne avevi le capacit&agrave;. Ora questo &egrave; incredibilmente cambiato. Lewis Hamilton avrebbe fatto bene anche in quelle circostanze, ma &egrave; molto difficile fare paragoni tra le epoche. Allora anche tanti bravi piloti hanno avuto un semplice incidente e ne sono usciti con braccia, gambe o qualcos&#39;altro rotto e non hanno potuto continuare la loro carriera. Ora i buoni piloti fanno errori grossolani e non si fanno niente. Sudano raramente in macchina. A fine gara sembra quasi siano usciti dal parrucchiere. La cosa bella ai miei giorni era che se facevi 180 Gp ed eri ancora vivo ti davi una pacca sulla spalla da solo e potevi dire di aver avuto una grande carriera&quot;.  &nbsp;  Ipotesi doppio Gp in Cina  Fangio il pi&ugrave; grande  Su chi sia il migliore di sempre il Leone ha pochi dubbi: &quot;Non Hamilton, ho sempre detto Fangio, perch&eacute; ha guidato in un&#39;epoca in cui, e Lewis sar&agrave; d&#39;accordo con me, i piloti erano dei veri eroi perch&eacute; non avevano cinture di sicurezza, dei veri caschi, dei veri occhiali e talvolta neanche i guanti. Avevano il serbatoio della benzina tra le gambe e se avevi un incidente c&#39;era il 50-50 % di possibilit&agrave; di essere sbalzato fuori oppure di morire. Comunque, Lewis sta facendo molto bene&quot;. 

In un&#39;intervista al Daily Mail Nigel fa un confronto tra la F.1 di oggi e quella della sua epoca, rievocando il ricordo di Villeneuve e indicando in Fangio il pi&ugrave; grande di sempre

Mansell ricorda Gilles: &quot;Vederlo volare &egrave; stata la cosa pi&ugrave; scioccante della mia vita&quot;

        In tempi di quarantena si cerca di distrarci un po', magari ripensando a qualche corsa del passato. L'operazione nostalgia per eccellenza in questi giorni l'ha fatta la Williams, che ha lanciato un gioco su Twitter chiedendo ai suoi tifosi di decretare il miglior pilota ad aver guidato per la scuderia di Sir Frank. I followers hanno votato ed il pilota pi&ugrave; amato &egrave; risultato essere Ayrton Senna. Binotto sul calendario 2020 La competizione Il team di Grove aveva predisposto un tabellone inserendo 32 piloti, facendo partire quindi la competizione dai sedicesimi di finale, dove si chiedeva di votare tra un pilota o l'altro per ogni accoppiamento. Poi &egrave; stata la volta degli ottavi e quindi dei quarti, dopo i quali sono stati eletti i migliori quattro. Stavolta la Williams ha chiesto di votare in un round unico e di scegliere tra Ayrton Senna, Damon Hill, Nigel Mansell e Jenson Button, i quattro piloti che avevano riscosso maggior successo. Il pubblico si &egrave; espresso ed ha scelto il brasiliano come il pilota Williams pi&ugrave; amato di sempre, con il 35,6% dei voti. Mansell ha chiuso secondo con il 26,7%, seguito da Hill (25,8%) e Button (11,9%).  It all comes down to this Who do you think is Williams greatest ever driver? The one most synonymous with the team? Get voting and let's find out your favourite ever Williams driver  pic.twitter.com/v2d0eujdJu &mdash; ROKiT WILLIAMS RACING (@WilliamsRacing) March 27, 2020    Scelte di cuore La votazione lasciava campo libero al pubblico, che poteva scegliere di concentrarsi sulla sola parte di carriera di ogni pilota in Williams oppure di valutare la carriera in generale di tutti quelli che abbiano guidato per la squadra di Sir Frank. Ha prevalso questa seconda ipotesi, perch&eacute; in tema Williams Ayrton Senna ha potuto correre appena tre gare, mettendo a segno tre pole ed altrettanti ritiri, l'ultimo nella tragica domenica di Imola, il 1&deg; maggio 1994.  Una scelta di cuore dunque da parte degli appassionati che hanno preso in considerazione l'intera carriera di Ayrton con i suoi tre mondiali e le sue tante vittorie, con il brasiliano che purtroppo non ha potuto lasciare il segno con la Williams.&nbsp;  Your winner: Ayrton Senna Whilst his time with the team was tragically cut short, there's no doubting his extraordinary talent in a racing car.26 years on from his untimely passing he remains a part of Williams, as we carry the Senna 'S' on our cars at every single race. https://t.co/4WO8aCmBRW pic.twitter.com/Fv4S1npBhC &mdash; ROKiT WILLIAMS RACING (@WilliamsRacing) March 29, 2020          

La scuderia di Grove sul suo account Twitter aveva chiesto di votare il pilota Williams pi&ugrave; amato di sempre, i tifosi hanno risposto decretando Senna come vincitore

Williams: è Senna il pilota più amato

Conquistato il terzo titolo iridato, c&rsquo;&egrave; gi&agrave; chi si sbilancia in ottica 2016 e, addirittura, 2017. Per Nigel Mansell &egrave; il favorito d&rsquo;obbligo e va oltre la previsione: &laquo;Attualmente nessuno pu&ograve; impensierire Lewis. Merita tutti gli elogi e ci sar&agrave; invidia per il fatto che si trova nel miglior team.  E&rsquo; l&rsquo;inizio di un percorso ancora pi&ugrave; grande e importante, gli direi: punta il record di Schumacher (5 mondiali consecutivi, dal 2000 al 2004; ndr). Non c&rsquo;&egrave; motivo per cui non possa vincere altri titoli in sequenza. Schumacher ha avuto la monoposto pi&ugrave; affidabile della storia della Formula 1 e ha vinto tre titoli sfruttando unicamente questo fattore&raquo;, commenta Mansell a BBC Radio 5.  All&rsquo;interno del box Mercedes, dopo il bis nel mondiale Costruttori, celebrano un altro titolo e si proiettano al futuro: &laquo;Anzitutto, congratulazioni a Lewis, ha guidato per tutto l&rsquo;anno da campione e adesso guadagna il suo posto in un gruppo speciale di iridati. Non ho dubbi che arriver&agrave; ancora altro per lui se riusciremo a dargli una macchina in grado di assecondarlo, allora tutto sar&agrave; possibile&raquo;, ha dichiarato Toto Wolff, che si ritrova con un lato del box con sentimenti opposti a quelli di festa: &laquo;Quella di Nico &egrave; stata un&rsquo;annata sfortunata per molti versi, ma ha dimostrato ancora una volta il suo spirito battagliero e non cambier&agrave; il prossimo anno&raquo;.  In una domenica perfetta, forse c&rsquo;&egrave; stata una pecca strategica, che avrebbe potuto incidere sul risultato finale e riguarda la seconda chiamata ai box di Rosberg, correttamente fatta nel periodo di neutralizzazione della gara con VSC al 38mo giro, lasciando invece Hamilton in pista, che recuperer&agrave; poi grazie alla Safety Car mandata in pista al giro 43. &laquo;Dal muretto &egrave; stata una gara molto difficile da gestire, con tante decisioni da prendere e chiamate al limite con le safety car. Forse non tutte sono state quelle giuste, ma alla fine Lewis ha avuto la fortuna del campione del mondo dalla sua parte e, quando guidi come ha fatto lui quest&rsquo;anno, te la guadagni a pieno titolo&raquo;, analizza Toto.  C&rsquo;&egrave; poi la vicenda del contatto in partenza tra Hamilton e Rosberg, sulla quale non si sbilancia, limitandosi a dire: &laquo;E&rsquo; stato un momento teso e Nico chiaramente non era contento, non accadr&agrave; mai che un pilota sia felice di vedere vincere il rivale. Abbiamo per&ograve; tre gare davanti ed &egrave; fondamentale che l&rsquo;incidente di oggi non abbia ulteriori conseguenze. Andremo avanti, ci sono un paio di giorni per sbollire la rabbia e poi parleremo&raquo;.  Fabiano Polimeni

Toto riconosce qualche imperfezione strategica del muretto; Mansell rilancia: &ldquo;Punta al record di Schumacher&rdquo;

Wolff: Hamilton si &egrave; guadagnato la &ldquo;fortuna del campione&rdquo;

Il Leone d&rsquo;Inghilterra saprebbe ancora misurarsi al vertice. No, non si parla di Lewis Hamilton &ndash; quella &egrave; una certezza &ndash;, ma dell&rsquo;originale, Nigel Mansell. A parit&agrave; di macchina, il 62enne iridato del 1992, non ha dubbi: &laquo;Arriverei molto vicino ai suoi tempi, se non gli stessi. Non voglio essere presuntuoso e dire che, forse, andrei un po&rsquo; pi&ugrave; forte. Mi avvicinerei rapidamente al suo crono&raquo;, afferma dopo averci pensato (e riso) un po&rsquo;, quando gli hanno chiesto cosa riuscirebbe a fare se scendesse in pista oggi sulla W06 Hybrid, con del tempo per riabituarsi.  Il punto interrogativo, semmai, &egrave; quantificare quel &ldquo;molto vicino ai suoi tempi&rdquo;, perch&eacute; sono gli ultimissimi decimi i pi&ugrave; difficili da togliere, e lo sa bene, ad esempio, un Nico Rosberg. &laquo;Il fatto &egrave; che puoi riuscire a fare gli stessi tempi per pochi giri, quando invecchi non riesci a mantenere il ritmo giro dopo giro&raquo;, ha aggiunto Mansell. Sebbene gli ausili alla guida rendano molto meno fisica una monoposto attuale rispetto all&rsquo;epoca in cui correva tra Lotus, Williams e Ferrari il campione inglese &ndash; l&rsquo;ultima volta dentro un abitacolo di F1 a 42 anni, nel 1995 in Argentina e Spagna con la McLaren &ndash; l&rsquo;incremento delle prestazioni bilancia ampiamente quella che pu&ograve; considerarsi una &ldquo;semplificazione&rdquo; sul versante atletico, ammesso che ci sia stata e non si tratti, piuttosto, di un diverso impegno, anzitutto sul piano mentale.  &laquo;In gara, con un po&rsquo; di allenamento, datemi pi&ugrave; tempo che non alcune settimane, datemi qualche mese e, se il fisico lo permette, credo che potrei, in quella macchina (la Mercedes; ndr), andare sicuramente a podio e divertirmi&raquo;, rilancia. Dice la sua anche su un tema molto meno tecnico e pi&ugrave; da bar, l&rsquo;arrivo di una donna in Formula 1: &laquo;Presto le vedremo. Lo sviluppo delle macchine, la sicurezza dei circuiti, credo che la cosa pi&ugrave; grande che aiuta chiunque guidi una Formula 1 &egrave; l&rsquo;attuale minore fisicit&agrave; richiesta, con il servosterzo non serve tanta forza in curva; ovviamente, i progressi tecnici sul fronte dei computer e gli aiuti presenti, con una miriade di impostazioni sul volante, sono molto diversi dai miei tempi. Abbiamo da 30 a 50 ingegneri che dicono al pilota cosa fare per bilanciare la macchina prima che sia tardi&raquo;.  Commentando il momento attuale, invece, del campionato e le prospettive future, non ha dubbi su Hamilton: &laquo;Sta facendo un gran lavoro, si trova nel momento giusto sulla macchina giusta, il campionato quest&rsquo;anno credo sar&agrave; suo ma la cosa pi&ugrave; importante &egrave; che resta il favorito principale anche per il 2016&raquo;.  Fabiano Polimeni

Il Leone d&rsquo;Inghilterra rilancia: &ldquo;Farei gli stessi tempi di Hamilton&rdquo;

Mansell: con la Mercedes andrei a podio anch&rsquo;io

&Egrave; l'anno "di grazia" 1986 quando Nigel Mansell rilascia ad Autosprint l'intervista che abbiamo ripreso nello Speciale con le "interviste ritrovate". Non &egrave; quella di un debutto, ma piuttosto di una rinascita modello Fenice: perch&eacute; se l'inglese &egrave; in F1 dall'80, &egrave; tuttavia solo quest'anno quello che lo vede "esplodere", anzi rinascere. Perch&eacute; &egrave; proprio questa stagione in Williams che lo far&agrave; ribattezzare da "Mansueto" a "Leone", grazie all'incredibile grinta che mostrer&agrave; in gara una volta presa piena coscienza di s&eacute; e delle proprie capacit&agrave;, misurate al fianco di grandi campioni come Keke Rosberg e Nelson Piquet.  Del resto i risultati e quindi la carriera di un pilota non dipendono sempre solamente da lui, e Mansell non manca di evidenziarlo nell'intervista quando gli si chiede delle differenze fra Lotus (dove ha corso per 4 anni) e Williams come team. &laquo;La prima grande differenza fra le due squadre - "spara" subito Nigel senza tanti giri di parole - &egrave; la percentuale minima di stupidaggini che alla Williams fanno. Vogliono sapere tutte le cause delle rotture, o le spiegazioni degli errori; non hanno mai sprecato tempo per urlare o per piangersi addosso. Il mio rapporto &egrave; stato quindi perfetto fin dall'inizio. Quando ho provato per la prima volta con il team di Frank, mi era sembrato di essere tornato indietro nel tempo: perch&eacute; si lavora come alla Lotus nell'epoca di Chapman&raquo;.  Mansell era infatti un pupillo di Colin Chapman, che appunto lo volle alla Lotus prima della scomparsa nel 1982. Una perdita che il pilota inglese sent&igrave; sia a livello personale - &laquo;Per sostituirlo, alla Lotus sarebbero servite almeno tre persone di altissimo livello&raquo;, dichiar&ograve; Mansell in proposito - sia da quello sportivo per le prestazioni seguenti del team e della monoposto. Infatti lui ricorda cos&igrave; i mesi successivi: &laquo;Fu un periodo terribile. La Lotus 93T era una monoposto tremenda, forse la peggiore F1 mai costruita. Se ne rese conto anche la squadra intera. Quando arriv&ograve; Gerard Ducarouge, a met&agrave; stagione '83, le cose iniziarono a migliorare nuovamente, ma ormai i rapporti in seno al team si erano deteriorati&raquo;.  Dopo aver parlato anche del modo di gestire in gara le macchine di quel periodo, che gi&agrave; dovevano fare i conti con la gestione di motore, gomme e consumi, cos&igrave; risponde Mansell alla domanda di come vorrebbe fossero le monoposto e i regolamenti della F1: &laquo;La situazione ideale sarebbe che le vetture avessero una potenza pi&ugrave; o meno identica, con una differenza massima di 10 cavalli tra l'una e l'altra, senza restrizioni di carburante in modo da poter viaggiare pi&ugrave; velocemente con meno potenza. Mi piace immaginare una Formula 1 con una dose di cavalli pari a 750-800&raquo;. Viene facilmente da pensare che anche ai giorni nostri un pilota come il "Leone" non avrebbe modificato pi&ugrave; di tanto le sue opinioni, vero?  In ogni caso, trovate sullo Speciale Autosprint attualmente in edicola tutto quello che pensava Mansell sui suoi rapporti non solo con i team Lotus e Williams, ma anche con la Honda e con gli altri piloti come Keke Rosberg, Alain Prost, Nelson Piquet e Ayrton Senna (piuttosto tesi, per inciso, quelli con i piloti brasiliani&hellip;) in quella stagione che, lo ricordiamo, fin&igrave; con Mansell e Piquet a giocarsi il titolo fino all'ultima gara di Adelaide, dove per&ograve; lo conquist&ograve; Prost&hellip;         

Ecco come l'inglese si raccontava ad Autosprint nell'anno in cui esplose diventando il "Leone"

Interviste ritrovate: Nigel Mansell

In un mondo che guarda sempre pi&ugrave; avanti, spasmodicamente alla ricerca di chiss&agrave; quale nuova verit&agrave;, a volte &egrave; il caso di fermarsi ponendo l&rsquo;occhio a ritroso. In fondo, per dirla alla Leo Longanesi, non c&rsquo;&egrave; nulla di pi&ugrave; inedito di ci&ograve; che &egrave; gi&agrave; stato pubblicato.  Perch&eacute; da certe pagine antiche di Autosprint promana, oggi come ieri, il fascino unico della storia delle corse, quello che non &egrave; fatto solo di rombi selvaggi, colori rutilanti e sorpassi strappacuore, ma sorprendenti dialoghi a cuore aperto.  L&rsquo;idea di riscoprire una collezione antologica imperdibile di interviste dimenticate a campioni e personalit&agrave; del Motorsport, parte da un assunto semplice. Questo: per svelare nell&rsquo;intimo un grande pilota o un personaggio indimenticabile delle corse, non c&rsquo;&egrave; momento migliore dell&rsquo;alba della sua carriera. Quando ancora &egrave; giovane e aperto, geneticamente sincero e voglioso di farsi conoscere.  Poi, con gli anni e i trionfi, le cose cambiano.  L&rsquo;uomo sulla cresta dell&rsquo;onda diventa pi&ugrave; visibile ma assai meno penetrabile. Sfugge, svicola, non vive ma sopporta il contatto con la stampa. Parla di pi&ugrave;, ma dicendo di meno. Oggi pi&ugrave; che mai, nelle vie larghe dell&rsquo;informazione che fa vivere il mondo come Villaggio Globale.  E Autosprint da sempre parte con un vantaggio immenso, rispetto a qualsiasi altro mezzo di informazione cartaceo o digitale: non solo c&rsquo;&egrave;, ma c&rsquo;era. S&igrave;, c&rsquo;era quando i volti pi&ugrave; entusiamenti e noti dell&rsquo;automobilismo erano solo nomi quasi anonimi.  E allora come oggi As aveva la curiosit&agrave; di scoprire e conoscere, andando ad accendere luci e riflettori dove ancora nessuno sta cercando.    Da qui lo spunto. Salire sull&rsquo;immaginaria De Lorean del film &ldquo;Ritorno al futuro&rdquo; e viaggiare in ere non pi&ugrave; vicine, rivivendo in diretta gli stati nascenti dei grandi dell&rsquo;automobilismo di oggi e di sempre, per poi cucirli insieme, l&rsquo;uno vicino all&rsquo;altro, quasi fossero capitoli preziosi di un unico, imperdibile romanzo.  Si comincia con la prima vera, lunga intervista al 25enne Niki Lauda, a met&agrave; Anni &rsquo;70 ultimo arrivato in casa Ferrari, posto in parallelo al grande Clay Regazzoni, per l&rsquo;occasione suo compagno e pigmalione. Il tutto corredato dall&rsquo;introduzione e dalle domande secche e ficcanti del grande Marcello Sabbatini, padre costituente di Autosprint e direttore per antonomasia.  E poi si prosegue, a fine 1977, con la primissima intervista italiana di Gilles Villeneuve, strappata in Canada col fiuto del segugio da un altro grande direttore della storia di As, Carlo Cavicchi, al tempo rampante inviato nel Mondiale rally.  &Egrave; solo un antipasto a ci&ograve; che viene dopo: nel 1980 Frank Williams vince il primo titolo con Alan Jones e subito dopo si lascia andare a una stupenda confessione da ex povero della F.1, raccontando una storia palpitante e commovente: la sua. Noi ve la riproponiamo.  E James Hunt? Ora tutti lo rimpiangono, dopo averlo visto fascinosamente rappresentato nel film &ldquo;Rush&rdquo;, invece Autosprint, nella seconda met&agrave; degli Anni &rsquo;70, ospitava addirittura - quanti la ricordano? - una sua colonna scritta dall&rsquo;abitacolo e qui lo ripropone in un&rsquo;intervista fiume nella quale il campionissimo si mostra pi&ugrave; sopra le righe che mai.  Perch&eacute; non necessariamente, per capire un uomo, bisogna leggere la sua prima intervista. In certi casi bastano pennellate successive, pi&ugrave; recenti ma esaustive: per questo i ritratti di chi sempre e comunque dice la sua senza vincoli o mediazioni - gente come Bernie Ecclestone, Dietrich Mateschitz e Gian Carlo Minardi -, risalgono a momenti maturi, nei quali &egrave; possibile tracciare un primo bilancio delle loro lunghe esperienze, comunque ricche di target e nuove sfide.  Eppure sono i campioni ancora allo stato semi-embrionale a colpire: per esempio Nelson Piquet intervistato da Ercole Colombo a caldo, a fine 1981, dopo il primo mondiale vinto in un parcheggio del Caesar Palace di Las Vegas, piuttosto che Alain Prost, Nigel Mansell, Michael Schumacher, Jenson Button, Kimi Raikkonen, Fernando Alonso, Lewis Hamilton e Sebastian Vettel, quando ancora erano ben lontani dalla prima consacrazione iridata.  Roba rara, rarissima e balenante di un&rsquo;autenticit&agrave; spontanea ineguagliata.  Poi ci sono perle pescate in anfratti nascosti, che brillano di luce loro e delle quali noi e voi lettori andiamo orgogliosi. Per esempio, l&rsquo;intervistona - anno 1982 - di Catherine Spaak a Enzo Ferrari, dove il Drake, tutt&rsquo;altro che insensibile al fascino dell&rsquo;altra met&agrave; del cielo, si mostra, per una volta, pi&ugrave; aperto e deliziosamente ciarliero che mai. Oppure l&rsquo;ampio reportage, di fine 1988, sul debutto agonistico assoluto di Jacques Villeneuve, propriziato, caldeggiato e appoggiato proprio da As.  Per non tacere della confessione-bilancio dell&rsquo;immenso Alboreto sulla stagione 1985 appena trascorsa, che l&rsquo;ha visto sfiorare il mondiale con la Ferrari, piuttosto che delle confidenze di Ayrton Senna, dal buen ritiro di Angra dos Reis, a cavallo tra il difficile 1989 e il rigenerante 1990. Queste due ultime pennellate sapienti sono dovute all&rsquo;inviato pi&ugrave; longevo - oltre che tra i pi&ugrave; apprezzati - di As, Cesare Maria Mannucci, a oggi in servizio effettivo permanente, a dare un senso di continuit&agrave; al tutto.  Il piatto &egrave; ricco, insomma. Per non dire ricchissimo.  Gustandolo, non solo proverete come noi un senso pungente di nostalgia, ma avrete la possibilit&agrave; di riflettere e di capire meglio il presente.  Non solo.  Scorrendo le pagine che seguono, proverete, oltre al piacere puro della riscoperta, la sensazione di sfogliare uno stupendo album di famiglia che accomuna i campionissimi ai lettori ad Autosprint.  A rinnovare un caldo legame che ci piace pensare sia per sempre.  Mario Donnini

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Non fa mistero del suo tifo per il campione del mondo in carica, Nigel Mansell. Il Leone, ospite di Sky Sports UK, va anche oltre e prospetta un futuro nel quale poter dare la caccia al record di titoli di Schumacher. Per il momento il parziale &egrave; 7 a 2 e con la giusta dose di realismo si deve ammettere che il terzo titolo pu&ograve; perderlo solo lui quest&rsquo;anno.  Avvicinare e battere Schumi &egrave; impresa titanica: il trentenne di Stevenage si &egrave; legato a quello che &egrave; il miglior progetto sulla piazza al momento, altri tre anni che dovrebbero garantirgli la competitivit&agrave; al vertice, stante la relativa stabilit&agrave; regolamentare. &laquo;Sanno tutti che sono un tifoso di Lewis e sta facendo un lavoro sensazionale. La Mercedes rappresenta il meglio in assoluto e con il suo supporto pu&ograve; forse andare a caccia del record di Michael. La strada &egrave; molto, molto lunga ma possibile, perch&eacute; in Mercedes vorranno restare i migliori per tanto tempo ancora&raquo;. Che lo vogliano &egrave; scontato, meno &egrave; un dominio totale, con gli avversari destinati a ritornare minacciosi, prima o poi.  Hamilton a parte, Mansell dice la sua anche sulla Formula 1 moderna, esercizio sul quale praticamente chiunque si &egrave; cimentato recentemente. &laquo;Alcune delle attuali regole hanno bisogno di aggiustamenti. Il DRS &egrave; una finzione, un aiuto, e chi &egrave; in scia non deve giocare a scacchi per programmare dove potr&agrave; superare&raquo;, spiega.  Sul fronte delle gomme sposa la linea di un&rsquo;impronta maggiore a terra: &laquo;Sebbene la Pirelli abbia fatto il lavoro che gli &egrave; stato chiesto, le gomme dovrebbero tornare alla vecchia misura, quando erano molto larghe e con tanto grip&raquo;. Sogna anche uno scenario difficilmente immaginabile oggi, quando dice: &laquo;Se il pilota vuole entrare in curva di traverso e frenare molto tardi, potr&agrave; farlo con gomme pi&ugrave; grandi e dal grip maggiore&raquo;.  Il pensiero di Mansell si allinea a quello di quanti ritengono che i piloti non siano messi nelle condizioni di esprimere le loro potenzialit&agrave;, vincolati dalle indicazioni degli ingegneri e aiutati dall&rsquo;elettronica, eccessiva e invadente: &laquo;La cosa grandiosa di un tempo &egrave; che dovevano bilanciare la macchina da s&eacute;, oggi ci sono troppi ingegneri che dicono come farlo.  Andrebbe ripensato anche il Kers, &egrave; molto utile e pu&ograve; essere gestito dal pilota giro dopo giro, per attaccare o difendersi, ma eliminiamo gli aiuti e lasciamo guidare i piloti come erano abituati a fare&raquo;. Ecco, come erano abituati a fare, chi? E&rsquo; un dato di fatto che un&rsquo;intera generazione di piloti non abbia preso minimamente contatto con la Formula 1 che, giustamente, vorrebbe Mansell. Un &ldquo;ritorno ai concetti basilari&rdquo; sarebbe il pi&ugrave; grande differenziatore di prestazioni che si possa immaginare.  Fabiano Polimeni

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