La prima puntata della storia potete leggerla a questo link dove trovate anche il video . Quando si sale sul
simulatore Ferrari “vero”, quello professionale che
usano i piloti, è tutta un’altra storia. Intanto è curioso rendersi conto di dove si trova. Provate a indovinare: ai margini della pista di
Fiorano? Sbagliato. All’interno del
reparto corse (come quello della Red Bull)? Ancora sbagliato. Si trova invece in un edificio a sé stante perché le
dimensioni dell’oggetto,
i suoi movimenti e il rumore che genera richiedono uno spazio adeguato e un isolamento perfetto. Il
simulatore Ferrari è in una palazzina anonima ai margini del perimetro della
Gestione Sportiva Ferrari (la squadra corse).
In un primo tempo si prova
sconcerto nell’avvicinarsi a questo edificio in muratura e sentire all’improvviso il
rombo del V8 Ferrari F.1 che gira forsennatamente
al massimo regime e ogni tanto compie qualche
scalata di marcia. Ci si comincia a guardare attorno convinti di essere finiti per sbaglio in mezzo alla
pista di Fiorano e col timore che da un’istante all’altro ci piombi alle spalle in piena velocità la F.1. Invece il rumore arriva dall’interno della palazzina. Miracolo dell’impianto
Dolby Surround 7.1 del simulatore che riproduce perfettamente
il rombo della 150° Italia.
Varcata la porta, lo spettacolo sorprende e toglie il fiato. Il simulatore
non ha le fattezze di un’automobile, ma di un enorme “ragno” metallico. Il corpo è una
sfera d’alluminio e composito nera e massiccia del peso di circa
due tonnellate sospesa a quattro-cinque metri d’altezza da terra; le “gambe” del “ragno” sono
cinque enormi stantuffi idraulici che hanno il compito di sollevare in aria e spingere avanti e indietro la sfera con grande rapdiità per simulare le forze centrifughe a cui una
monoposto F.1 è sottoposta nel giro di pista.
Il movimento degli stantuffi è
controllato elettronicamente da grandi attuatori idraulici; pesano
mezza tonnellata l’uno perché devono spostare rapidamente una sfera di due tonnellate per tre/quattro metri in
altezza e sette/otto metri in
lunghezza. Provate a immaginare che forza devono riuscire a generare.
La
macchina è entro il “ragno”. Nascosta dall’intreccio di tubi e strutture. SI vede appena dall’alto mentre da sotto è invisibile. Per entrare nel simulatore ci si deve arrampicare per una scaletta di ferro che porta al cuore della sfera. Dove c’è
una vera scocca di una F.1 Ferrari; è quella della
F10 dello scorso anno, ma non cambia molto perché quel che conta è il
software che gestisce il sistema, non la sigla del telaio. Il “cuore” del simulatore sono
dieci calcolatori multiprocessore con una memoria totale di
oltre 60 GB di Ram. Gira sotto sistema operativo
Windows.
La differenza tra il
simulatore ludico che abbiamo provato prima e questo
professionale è
enorme: la prima cosa che salta all’occhio è che qui siamo
seduti all’interno di una vera monoposto di F.1 (mancano solo ruote, motore e musetto) e non in una riproduzione e tutto questo amplifica la sensazione di maestosità dell’intero meccanismo. Essere all’interno di un vero telaio significa che
l’interno della vasca è strettissimo, disegnata sulle misure da fantino di piloti come
Alonso e Massa e non sulla
taglia 52 di un normale adulto. Le spalle si trovano poi praticamente bloccate sotto la
struttura di protezione del collo a forma di U che corre attorno all’abitacolo, e così scopriamo quanto sia difficile
girare il volante con le clavicole che non possono muoversi. Ma non possiamo certo accamparla come scusa per il nostro mediocre tempo sul giro!
Per guidare il
simulatore Ferrari bisogna anche
vestirsi parzialmente
da piloti: la tuta non serve, ma le
scarpette da pilota sono fondamentali perché la
pedaliera è ovviamente molto angusta. Poi
si deve usare il casco, anche se basta un jet aperto: non per protezione, ma per due buoni motivi: primo per non intontirsi col rumore del motore riprodotto dai
3500 Watt (!) del sistema Dolby Surround 7.1; ma soprattutto per
parlare via radio col muretto box, o meglio col
centro di controllo al piano superiore della palazzina. Già, perché voi nel simulatore siete
soli, nel buio più assoluto e abbandonati a voi stessi.
Legati dentro la Ferrari F.1 col volante stretto fra le dita e solo lo schermo che riproduce la
pista di Fiorano acceso davanti a voi. Un’atmosfera surreale e anche
un poco inquietante.
La cosa che fa più impressione all’inizio è
l’accensione del sistema. Le luci si spengono, i sensi sentono la sfera sollevarsi in alto, come fosse un elicottero che sta decollando, poi
lo schermo si illumina e d’improvviso da una gabbia angusta vi ritrovate proiettati
nel bel mezzo di un circuito in piena velocità con la via di fuga che vi viene incontro. Sarà l’effetto del buio, sarà la consapevolezza di trovarsi dentro una “vera” Ferrari F.1, ma certo la
realtà virtuale che viene riprodotta dal simulatore Ferrari
è terribilmente reale.
Avendo fatto pochi minuti prima il
confronto con quello ludico, si scopre quanto sia grande la
differenza fra i vari sistemi arcade o semi-professionali e questo simulatore. Si accelera, si sterza e si cambia marcia allo stesso modo, ma
la riproduzione della guida qui è veramente reale. Nei simulatori ludici, gli effetti delle forze fisiche sulla macchina
vengono simulati facendo sollevare, vibrare e scuotere la scocca di pochi centimetri; qui invece l’effetto è ottenuto in altro modo. La sfera che contiene la scocca in cui siamo seduti, si solleva, avanza e indietreggia
di parecchi metri nella stanza per riprodurre il movimento di un’auto in pista. Questo aumenta la
realtà della simulazione. L’unica cosa che il simulatore Ferrari non riesce a simulare è
la forza G in curva. Quella che si raggiunge nelle
curve più veloci per effetto della
forza centrifuga e che provoca i famosi dolori al collo tra i piloti, qui non si subisce. La sfera dovrebbe spostarsi di
centro metri, non di cinque. Servirebbe un
hangar da aereo e chissà quale sistema propulsivo per azionare il tutto.
Come spiega
Marco Fainello, il
responsabile del progetto del simulatore Ferrari:
«Nessun simulatore di guida è in grado di riprodurre le reali sensazioni che si hanno quando si guida una vettura; la sensibilità degli esseri umani e, in particolare, di piloti esperti è troppo elevata per poter far credere di viaggiare in una vettura su un percorso non rettilineo mentre si è seduti in una stanza. Tuttavia, i simulatori sono in grado di fornire delle sensazioni - visive, di forza, di movimento, vibrazioni, rumori - identiche o anche soltanto simili, ma paragonabili a quelle reali».
Se siete curiosi, vi dico subito che guidare
il simulatore Ferrari professionale è molto più difficile di quello ludico. E ci mancherebbe, visto che riproduce una vera F.1. Lo dicono i nostri
tempi sul giro a Fiorano: 1’05” con il primo, quello tipo arcade, soltanto 1’18” con il professionale. Ma la sensazione è
molto più sincera. Lo sterzo è l’esempio migliore: è
più diretto fra le mani,
non oscilla in modo imprevedibile come quello di un arcade;
seguire la traiettoria, in un certo senso, è più facile.
Ma allora
perché i tempi non sono migliori? Semplice: perché anche se virtuale si tratta di
una vera F.1 e per portarla al limite servono
piloti “veri”. La frenata è la cosa più difficile: richiede la stessa
potenza sul pedale di una macchina vera, attorno agli
80/90 kg di pressione, il che significa schiacciare con tutto il vostro peso. Ma non basta: siccome il simulatore replica la guida di una F.1, la frenata va compiuta
alleggerendo la pressione sul pedale man mano che la macchina rallenta. Altrimenti si finisce col
bloccare le gomme, l’errore più facile e comune perché prenderci le
giuste misure richiede molto allenamento.
Quello che proprio non abbiamo subìto invece è la tanto temuta
nausea da simulatore che ha colpito piloti insospettabili,
da Badoer a Fisichella, allo stesso
Schumacher. Noi se non ci avessero
tolto di peso da lì dentro, ci saremo rimasti per ore: tanto
mica finisce la benzina...
Alberto Sabbatini