L’intelliJenson

L’intelliJenson
Divertente, ironico, anche nella stagione Sinora peggiore 
della McLaren. Button spiega come ci si adatta agli anni neri. 
E perché preferisce correre con la testa piuttosto che col piede

Alberto Antonini

25.06.2013 ( Aggiornata il 25.06.2013 12:11 )

L’abbronzatura da divo si ferma alle braccia e sparisce appena sotto al collo. Il segno della maglietta. «Lo so, ho una tintarella da camionista. In realtà è la bicicletta». Dieci anni fa, Jenson Button il sole lo prendeva dal ponte del suo yacht. Adesso preferisce vivere in sella, nel tempo libero. Il resto lo passa al volante, quest’anno con poche soddisfazioni. Decimo nel mondiale, con 25 punti. Se vincesse tutti i Gran Premi da qui a Spa, e Vettel, Alonso, Raikkonen non arrivassero mai, neanche così arriverebbe a essere primo. Il sorriso, però, non l’ha perso. Così come la passione per i dolci, che sgranocchia un attimo prima dell’intervista.  E nemmeno l’ironia ha perso. Anche se gli si chiede un resoconto di come è stato, finora, il suo annus horribilis, il quarto con la McLaren. Jenson Button battles with Nico Rosberg «Devo parlarti di tutta la stagione? Oh,God... Ah, solo un riassunto? Be, allora per riassumere direi che stiamo migliorando. Lo so che magari da fuori non sembra, ma abbiamo fatto progressi. Le prime gare sono state difficili, non riuscivamo a capire a che punto eravamo, né perché non fossimo competitivi. La correlazione con la galleria del vento, o il simulatore, non funzionava bene». - Progressi? Dove? «Abbiamo fatto un primo passo a Barcellona. Poi a Monaco, dove non si è visto tutto il nostro potenziale perché abbiamo fatto una ca...ata con la pompa della benzina. Altrimenti ci saremmo qualificati nei primi cinque e sarebbe stato un bel colpo. Per il Canada avevamo portato pezzi nuovi. Alcuni hanno funzionato, altri no. Come ci aspettavamo, del resto. Ci stiamo muovendo, anche se non in fretta come vorremmo. Ma è difficile, nella F.1 di oggi, fare progressi. È difficile arrivare al livello di Red Bull e Ferrari. Non è che loro stiano lì a perdere tempo, ma un po’ alla volta ci stiamo avvicinando». - Riusciresti a “mettere il dito” su un problema specifico della McLaren di oggi? «Ce ne sono più di uno, ma di certo la trazione nel lento è una cosa sulla quale dobbiamo lavorare. Poi abbiamo problemi con l’altezza da terra, penso che si veda anche dall’esterno. Dobbiamo intervenire per evitare che il fondo “spanci” contro l’asfalto, e questo ci penalizza nella velocità sul giro». - Un bel campionario di disgrazie. Perché non abbandonare tutto e concentrarsi direttamente sul prossimo anno? «Perché vogliamo arrivare a vincere quest’anno, non il prossimo. Per questo continuamo a sviluppare. E anche perché in fondo, anche se l’aerodinamica del 2014 sarà diversa, certi principi rimangono gli stessi». - La domanda che si fanno tutti è: come mai, se alla fine del 2012 eravate i più veloci, avete stravolto l’intero progetto? «È facile dirlo, adesso. Ma noi, alla fine dell’anno passato, sentivamo di essere in fondo allo sviluppo possibile. Pensavamo di avere bisogno di trovare altri cinque, sei decimi al giro, e che non sarebbe stato possibile tirarli fuori da un semplice sviluppo in galleria del vento. E avevamo anche pensato che tante squadre avrebbero fatto come noi, con progetti completamente nuovi. Mentre altre, quelle da medio schieramento, avrebbero preferito lavorare sulle monoposto già esistenti. Credevamo che questo ci avrebbe un po’ penalizzato nelle prime gare, dandoci però un grosso margine di crescita fino alla fine dell’anno...». Jenson Button cools his cockpit - E poi che è successo? «È successo che alla fine siamo stati solo noi a realizzare una vettura tutta nuova. E questo ci è costato caro e ci costa ancora. Anche perché, mentre i numeri della galleria del vento non erano male, la prestazione in pista lo era. È il problema della correlazione a cui accennavo prima. Ma resto dell’idea che sia stata la cosa migliore da fare per vincere quest’anno. Sapevamo cosa andava bene e cosa no, nella monoposto vecchia. Non avevamo il muso alto e adesso ce l’abbiamo. Allo stesso modo abbiamo modificato lo schema delle sospensioni davanti e anche dietro, così come l’aerodinamica posteriore. Solo che tutto questo ci si è poi “rivoltato contro”, in un modo che non ci aspettavamo». - Però anche nel 2011 avevate vissuto una situazione simile, con un brutto inizio dovuto a un progetto complicato, e poi vi eravate tirati su... «Due anni fa sono arrivato secondo nel mondiale, non direi che è stata una brutta stagione! Già, ma adesso credo che le cose siano un po’ più difficili. Gli altri sono avanti nello sviluppo, noi siamo ancora distanti. Con tutto quello che abbiamo in mente di fare, prima o poi ci arriveremo, ma non so quanto ci vorrà. Possiamo solo continuare a lavorare, sperando un giorno di vincere un Gran Premio». Jenson Button runs the circuit - Questo significa, per te, abituarti a un altro livello, più basso, di aspettative? «Se finisco una gara al quinto posto, e so di avere tirato fuori dalla macchina tutto quello che poteva dare, allora sarò soddisfatto. Certo, mi piacerebbe salire sul podio, dividere la mia gioia con gli amici e le persone care. Ma bisogna essere realistici. Vince sempre uno solo, e al momento non siamo certo noi. Non so se questo significa avere aspettative diverse... No, probabilmente no: si tratta sempre di arrivare al massimo possibile». - È un boccone amaro da ingoiare per uno con il tuo passato? «No. Sono uno dei piloti più esperti in circolazione, ho corso 234 Gran Premi, ho avuto la fortuna di poter vivere di quello che amavo. Non sono scontento, nella vita ci sono sempre periodi difficili. E poi, la McLaren è sempre un team con una grande storia». Jenson Button -  La F.1 di oggi non è solo piede pesante. Tu hai la fama di pilota che sa approfittare di tutte le occasioni, e lo hai dimostrato in tante gare difficili. Pensi che conti più l’intelligenza del talento? «E che cos’è il talento? A me va bene che oggi lo sport sia così. Preferisco essere un pilota intelligente, che vince le gare con la testa, piuttosto che per la pura velocità. C’è chi nasce con un talento istintivo, ma io voglio essere un pilota che lavora su ogni aspetto per arrivare a vincere in questo modo. Ci sono tanti piloti vincenti oggi in F.1 e non lo sono certo solo per il piede pesante. Quando ho iniziato io, il talento naturale bastava. Adesso non più. A me piacciono quelle condizioni in cui non sai mai cosa puoi aspettarti dalla curva che arriva». - È una capacità che verrà comoda anche per il prossimo cambio di regolamento? «Nel 2014 sarà ancora più difficile, in questo senso. Già quest’anno bisogna darsi da fare per capire tante cose diverse, per imparare a gestire le gomme. Che per me è una cosa faticosa, ci ho sempre dovuto lavorare. Nel 2014 dovremo studiare il Kers, il turbo... Quando sei in rettilineo, la potenza ti arriva da tre fonti diverse, in tempi diversi. Saranno differenti anche i regimi di rotazione, dovremo cambiare marcia a un numero di giri a cui non siamo abituati. È il cambiamento più grande che ci sia mai stato e l’esperienza conta. Però mi piace la direzione che sta prendendo la F.1. Più potenza e meno carico aerodinamico, è questo che ci vuole. Io rimpiango ancora i motori dieci cilindri, almeno avremo più cavalli da gestire. Magari più di 800...». Formula One World Championship, Rd12, Belgian Grand Prix, Preparations, Spa-Francorchamps, Belgium, Sunday 2 September 2012. - Hai parlato di gestione delle gomme. Come te la cavi con le Pirelli? «Il problema di queste gomme è che... Insomma, di solito “senti” il circuito sotto di te. Puoi immaginare come cambierà il livello di aderenza. Ma con le Pirelli, all’improvviso viene meno la temperatura e anche il grip. Puoi adattarti a un circuito che cambia di condizioni, non a una gomma». - Visto che parliamo di pneumatici: che cosa pensi di un team, uno a caso, che fa mille chilometri di prove “in più” a Barcellona? Saranno serviti a capire meglio gomme e macchina? «Tutti e due i piloti hanno detto di no, quindi bisogna crederci, no? Altrimenti sarebbe come dire che sono due bugiardi...». - Ah, certo. E del tuo compagno di squadra, quello attuale, che opinione hai? “Checo” Perez lo hanno criticato in tanti... «Io non ce l’ho, un’opinione. Secondo me, chi ha avuto dei problemi con lui deve parlargli. Se Kimi ha un problema, lo faccia anche lui. Io e Sergio abbiamo avuto da dire in Bahrain, ci siamo chiariti e ci siamo messi tutto alle spalle. Lavoriamo entrambi per lo stesso team. Se nascondi qualcosa al tuo compagno di squadra, è come se ti mettessi contro di lui. E così non si va da nessuna parte». McLaren F1 Launch - I tuoi rapporti con Perez sono gli stessi di prima della stagione? «Sì. Ma non è che io passi poi tanto tempo con i miei compagni di squadra. Se sei in un team dove c’è un pilota buono e l’altro mediocre, questo magari aiuta nei rapporti. Ma se sono tutti e due competitivi, allora è difficile che si instauri un grande rapporto umano. Io non sono mai stato vicino ai miei compagni di team. Anche con Hamilton non è che ci frequentassimo molto, fuori dai circuiti. Amici e compagnie differenti». - Prima del Canada avevi detto: ogni pilota può avere difficoltà di adattamento e Lewis oggi ha in Rosberg un compagno molto “difficile”. Però avevi predetto che sarebbe tornato forte proprio a Montreal... «Yeah. Lewis ha tanta velocità dentro di sé. Sapevo che prima o poi sarebbe tornata fuori». Da Autosprint n.25 del 25 giugno 2013

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