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Dietro la follia del doppio punteggio F1

Ecco chi ha scelto la stupida regola e perché
Dietro la follia del doppio punteggio F1

10 dic 2013

È sempre più Formula Show. O Formula Wrestling, se preferite. Non c’è uno sport, fra quelli coi gironi all’italiana, in cui una vittoria conta più di un’altra, ai fini del punteggio. La F.1 adesso è diventata così. E di tutte le proposte approvate ieri dal Gruppo Strategico, quella di raddoppiare il punteggio dell’ultimo appuntamento - per renderlo comunque più interessante - è sicuramente quella che sta facendo più discutere. Innanzitutto, che cos’è il Gruppo Strategico? È un nuovo organo esecutivo, creato quest’anno ma subito al lavoro. I suoi membri sono i team principal di sei squadre, più Jean Todt e Bernie Ecclestone. Le squadre: Ferrari, Red Bull, McLaren, Mercedes, Williams, Lotus. In pratica i cinque team che percepiscono “bonus” di presenza in F.1 (si va dai 99 milioni di dollari della Ferrari ai 12 di Mercedes). Più la Lotus che però è un membro provvisorio, in quanto rappresenta la squadra meglio piazzata fra le “altre”. Quindi una specie di oligarchia economico-politica, anche se le decisioni vanno moderate dall’approvazione della Commissione F.1, in cui sono rappresentati tutti i team. Ma la proposta di raddoppiare il punteggio non è scaturita da una squadra in particolare. È l’ennesimo sintomo di inquietudine davanti a uno sport che rischia di perdere spettacolarità, ammazzato dalla supremazia di un pilota e una squadra. Fateci caso: dieci anni fa, di fronte allo strapotere Schumacher-Ferrari, l’allora presidente, Mosley, varò una riforma regolamentare: punti ai primi otto (sei in precedenza) con minor divario tra primo, secondo e terzo (10-8-6 invece che 10-6-4 come prima), qualifiche con benzina a bordo, parco chiuso. Si volevano mescolare le carte, ma Schumi e la Rossa vinsero ancora, quell’anno e quello dopo. Oggi, gli emiri di Abu Dhabi, che hanno voluto ospitare la finale del campionato, hanno paura che il proprio Gp sia un evento “vuoto”. Non tanto per il pubblico - che tanto non viene lo stesso - quanto per i vip, che nel 2010, con la sfida finale Alonso-Webber-Vettel, avevano affollato gli alberghi di lusso. Per non parlare degli spettatori tv. Per inciso, quest’anno non sarebbe cambiato un bel niente, nel mondiale Piloti, raddoppiando i punti all’ultimo Gp. Vettel aveva già 145 punti di vantaggio (!!) prima dell'ultima corsa, altro che meno di 50. Anzi, con punteggio doppio Vettel avrebbe vinto con un margine ancora più ampio. L’altra proposta che è passata, quella “calcistica” sui numeri fissi, è molto più innocua. È un ritorno al passato, quando ad esempio la Ferrari si iscriveva al mondiale con i numeri 27 e 28 e la Tyrrell con il 3 e il 4. A parte il campione in carica - che può scegliere - gli altri si portano dietro lo stesso numero per tutta la carriera (a un ritmo di tre-quattro rookies all’anno, ci vorrà un po’ per finirli). Avremo un Valentino Rossi (46) a quattro ruote? Chissà. Bocciata, invece, l’altra idea assurda, quella di regolamentare i pit-stop imponendo un numero fisso - due per gara - di cambi gomme. E meno male. Visto che i pit stop erano stati introdotti per rendere più creative e variegate le strategie, standardizzarli avrebbe sortito l'effetto contrario. Forse chi fa le regole in F.1 non si rende conto che questo sport ha un pubblico maturo. E che prima di attirare i giovani, bisognerebbe stare attenti a non disgustare i vecchi con cambiamenti da teatrino. Alberto Antonini

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