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Stewart e la sicurezza in F1: i piloti non hanno peso

L’ex campione scozzese ammonisce sui rischi sempre presenti in F1 e stimola i piloti a far di più
 Stewart e la sicurezza in F1: i piloti non hanno peso

23 giu 2015

Sono parole che suonano un po’ come una risposta a quanti, recentemente, hanno invocato una Formula 1 più “rischiosa”. Jackie Stewart parla al Der Tagesspiegel e ripercorre gli anni in cui le vittime in pista non erano evento raro: Courage, Cevert, due esempi tra i più tragici ricordati dal 76enne scozzese e, sebbene la morte in Formula 1 sia stata allontanata da Imola ’94, non si può nascondere il rischio insito nelle corse, con il caso Bianchi a insegnarlo. «LaFormula 1 è il miglior esempio di quella che è la gestione del rischio. Sul retro di ogni biglietto c’è scritto: “il motorport è pericoloso”. Lo è ancora». Torna, poi, su due incidenti occorsi recentemente, quello di Verstappen a Monaco e il botto di Stroll a Monza in Formula 3, per ribadire come i piloti oggi prendano troppi rischi: «L’incidente di Max Verstappen sarebbe potuto essere fatale. E’ stato un botto tremendo, è stato salvato dalle barriere deformabili, uno sforzo prodotto per un motorsport più sicuro. Alla fine di maggio c’è stato il serio incidente in Formula 3 a Monza, terribile. Lance Stroll è sceso dalla macchina ed è tornato ai box. Suo padre Lawrence mi ha mostrato il video a Montreal e sono rimasto shockato. Il padre era piuttosto colpito dall’aver realizzato cosa può capitare a suo figlio». Secondo Stewart, i piloti dovrebbero tornare a interessarsi della sicurezza e fare più di quanto non facciano oggi, tuttavia riconosce come «le loro parole non hanno alcun peso. Ai nostri tempi boicottavamo i circuiti, molte persone in Formula 1 sono spaventate che i piloti possano di nuovo avere un peso, dovrebbero avere un impatto maggiore soprattutto per quanto riguarda i problemi legati alla sicurezza». Con una GPDA balzata recentemente agli onori della cronaca per il sondaggio lanciato tra i tifosi, un’occasione buona per accorgersi ancora dell’esistenza di quello che dovrebbe essere il sindacato dei piloti, Stewart non si sottrarrebbe dal dare un contributo e quando gli chiedono se potrebbe essere il presidente dell’associazione dei piloti, dice: «Ovviamente darei una mano, ma dev’essere richiesta. Molti pensano che lo sport non sia più come una volta, ma i rischi sono gli stessi. E’ triste, però probabilmente serviranno una o due morti prima di tornare a capirlo. Non devi chiederlo a me, ci sono campioni del mondo come Piquet o Lauda o uno dei piloti che hanno smesso da poco come Herbert e Coulthard». Fabiano Polimeni

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