Per sempre Villeneuve: 40 anni dopo, Gilles è ancora qui

Per sempre Villeneuve: 40 anni dopo, Gilles è ancora qui

L'8 maggio 1982 il terribile incidente di Zolder portava via con sé Gilles Villeneuve, pilota circondato da un affetto senza eguali per uno che con il suo modo di correre fece innamorare più di una generazione

08.05.2022 ( Aggiornata il 08.05.2022 09:26 )

Ci sono le classifiche di merito, le classifiche dei numeri, freddi ed impassibili, quindi le classifiche di gradimento. E poi ci sono le classifiche del cuore. Incalcolabili, strane, illogiche. Figlie di un algoritmo tutto suo, di una selezione pura e naturale, scevra, spesso, dalla scienza dei risultati. Nelle classifiche del cuore, insomma, aver vinto o perso non è tutto. E nelle classifiche del cuore, si fa fatica a non far stravincere Gilles Villeneuve.

Febbre Villeneuve, un virus dilagante

Vale per tutti. Per chi lo ha visto da adulto, per chi lo ha visto da bambino, per chi da bambino se lo è fatto raccontare, perché figlio di un'epoca successiva alla Febbre Villeneuve. Un virus tutt'altro che maligno, al contrario di quello che fronteggiamo oggi. Ma un virus ugualmente dilagante, che più che i polmoni prendeva direttamente il cuore. Solo che non c'era vaccino per farselo passare, non c'erano cure né palliativi. Se lo prendevi, te lo tenevi per l'eternità. Con tutta una serie di controindicazioni, a partire dal fatto che la domenica alle due, in barba agli orari strani del calendario extraeuropeo, c'era l'incontro con il dottore: il quale, anziché curarti, faceva di tutto per farti contagiare ancora di più. Lui era Gilles Villeneuve: un compagno di avventure, piuttosto che un tale con il vizio di correre in macchina. Capace di esaltarti, oh sì, come nessun altro sarebbe stato in grado di fare.

Una serie di imprese impavide

E tutto questo per uno che ha vinto "solo" sei gare. Nel giudizio eterno, la grandezza di Gilles sta proprio qui: nell'essere accostato ad un dio pagano a fronte di un curriculum infinitamente inferiore rispetto ad altri pesi massimi della categoria. Ma che importa, quando corri così, quando la manovra passa per gli occhi e arriva dritta sotto la pelle. Digione 1979, per esempio: nessuno si sogna di dire che Gilles abbia vinto quel leggendario duello con Arnoux con in palio un 2° posto e non la vittoria. Fu un duello di quelli rari, impensabili come la neve d'agosto. In quella sequenza di fotogrammi ruota a ruota, Gilles e René si stavano consegnando al mito: e infatti Digione 1979 è la loro gara, di quelli che arrivano secondo e terzo, di certo non quella di Jean-Pierre Jabouille, il quale portando al successo un motore turbo per la prima volta nella storia era convinto di averla fatta, la storia. E la fece, ma mica abbastanza da togliere la copertina agli altri due, perché quel giorno di chi aveva vinto importava niente a nessuno. Quasi quasi nemmeno ad Arnoux, battuto dal compagno di squadra alla distanza e da Villeneuve nel corpo a corpo: eppure anche lui sa benissimo come quel giorno sia contato esserci, piuttosto che vincere o perdere.

Poi l'ala rotta di Montreal 1981, sotto il diluvio, a guidare alla cieca, per non dire di Zolder 1979: 23° ad inizio gara dopo una toccata, 3° dopo una rimonta clamorosa prima di dire addio alla corsa causa benzina. Tutto ciò senza dimenticare quel giro, e sottolineiamo "quel" giro: Zandvoort 1979, il rientro ai box con una sospensione sbriciolata, il braccio alzato e la macchina inclinata, per consegnare "quel" giro, appunto, agli annali, come simbolo di una tenacia infinita. Fermarsi? Macché. Proseguire, ripartire, provarci sempre e comunque. Tra emozione e ragione Gilles sceglieva sempre la prima, tanto che ebbe pure la faccia tosta di dire a Forghieri "riparate che riparto!", prima che Furia lo prendesse per matto. Quattro esempi di Febbre Villeneuve, quattro esempi di come non sia necessariamente richiesta una vittoria per lasciare il segno nel mondo delle corse.

Di vittorie comunque ce ne furono, eccome. Imprese, più che vittorie: come la prima in Canada nel 1978, a casa sua, nelle settimane in cui la gente si chiedeva quand'è che Enzo Ferrari avrebbe dato il benservito a quel fantino proveniente dalle motoslitte. Monaco 1981, la prima vittoria di un motore turbo tra le stradine del principato, un qualcosa di impensabile; e quindi Jarama tre settimane dopo, tutti in fila dietro a Gilles: tutti più veloci, ma nessuno in grado di passare. Nel conteggio, anche Kyalami, Long Beach e Watkins Glen 1979. Poche per uno con quel talento, tantissime per chi era, è e sarà disposto a concedere a Gilles gratitudine imperitura. Nonostante l'8 maggio 1982, quarant'anni fa, la storia si sia interrotta per sempre. Lasciando dentro un vuoto incolmabile dominato dal senso di ingiustizia, incredulità, di rassegnata malinconia per uno che sembrava invincibile. Un attimo dopo, Gilles non c'era già più, ed il mondo sembrava più brutto. La F1 non sarebbe più stata la stessa, perché di campioni ne nascono tanti, ma di Gilles Villeneuve, statene certi, ne nasce uno solo.

Un modo tutto suo di intendere la vita

Forghieri lo definì "un puro". Purezza d'animo, purezza nell'intendere la vita come sfida continua al limite. In tutto e per tutto, in pista e fuori. Ardito come pochi, sprezzante del pericolo per alcuni, semplicemente Gilles per tutti gli altri, comprensivi verso un modo di fare che prevedeva prendersi dei rischi continuamente. Disposti, tutti, a concedergli quelle stravaganze senza le quali Gilles non sarebbe stato Gilles. Del resto "essere coraggiosi non significa non avere paura, significa avere paura ma farlo lo stesso", diceva. In elicottero con la nebbia, quasi a secco, come se cercare un terreno per un atterraggio di emergenza fosse un gioco come un altro; quella voglia di battere i propri record tra le strade che separavano Maranello e Modena oppure Maranello e Montecarlo, strade pubbliche che per l'occasione diventavano una prova speciale privata. Erano i tempi in cui i vigili urbani lo fermavano, gli facevano la multa e poi gli chiedevano la foto, perché quando ti ricapita di fare una contravvenzione a Gilles Villeneuve, ma soprattutto di stringergli la mano. Anche i vigili, alla fine, hanno un cuore, mica si divertono a fare le multe. Evidentemente avevano il cuore come tutti gli altri, come tutti quelli che soffrivano della Febbre Villeneuve. Quelli che in cima alla lista delle priorità, ci mettono le classifiche del cuore.


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