Analisi F1, il debriefing dopo 5 GP

Analisi F1, il debriefing dopo 5 GP

Con la prima parte di campionato andata in archivio, vediamo chi conserva prospettive di crescita e chi, invece, cala inesorabilmente

Giorgio Ferro

16.05.2022 ( Aggiornata il 16.05.2022 16:00 )

Cinque gare le abbiamo messe in archivio. E possiamo ormai affermare con una certa ragionevolezza che la nebbia si sta diradando e lo scenario di questo Mondiale comincia a delinearsi piuttosto chiaramente. Abbiamo aspettato qualche domenica prima di fare un debriefing che avesse un’adeguata dose di oggettività. Essenzialmente perché volevamo concedere alle varie squadre il beneficio del dubbio, lasciando loro il tempo di capire le proprie vetture. E mettersi a posto. Perché attenzione, arrivare alle gare con pochissimi giornate di test alle spalle e dopo una pesante rivoluzione tecnica che ha ridefinito drasticamente il perimetro regolamentare non è assolutamente un compito banale. Bisogna tenerlo sempre ben presente. Anche oggi che – possiamo dirlo – si possono emettere le prime sentenze. Perché il lavoro di comprensione dei tecnici non è certamente finito e, meno che mai, quello di sviluppo.

Comunque oggi, cinque weekend sono sufficienti per fare un primo ragionamento di sintesi. Per identificare i nuovi rapporti di forze sul campo. Per fare lo screening delle performance e capire chi va davvero più forte e soprattutto per quali motivi. Per scoprire chi ha lavorato meglio con le nuove regole. Ebbene, cosa abbiamo dunque visto finora, cosa abbiamo capito, soprattutto cos’è emerso di diverso rispetto all’ultima annata?

Stagione in equilibrio

Per certi versi – diciamo in termini di spettacolo – potremmo anche dire che c’è una perfetta continuità con la stagione scorsa. Nel nome dell’equilibrio. Sia per la vittoria che per le posizioni di rincalzo. I cinque weekend vissuti finora ci hanno dato emozioni simili alle gare che abbiamo visto nel 2021. Insomma, una situazione ben diversa da quella che vivemmo otto anni fa all’avvio della rivoluzione ibrida, quando Mercedes prese il volo e non ce ne fu più per nessuno fino al 2021.

Ancora equilibrio dunque, però gli attori di questa nuova Serie non sono tutti confermati. Là davanti c’è ancora la Red Bull (due pole e tre vittorie) ma la Mercedes si è persa là dietro, risucchiata dal gruppone. Mediamente è partita in quarta fila ed ha finora raccolto solo i due terzi dei punti mondiali messi in cascina l’anno scorso dopo cinque Gp. Insomma, “persa” è l’aggettivo corretto, soprattutto se lo riferiamo a Lewis Hamilton... Ed è sinceramente una sorpresa. Almeno per noi che – considerando lo stradominio assoluto del ciclo passato – riteniamo che da anni a Brackley ci sia un gruppo di eccellenze tecniche difficilmente comparabile da altre parti. Però oggi sono indietro e cercheremo di capire perché.

Perché la Mercedes è calata

E per una Mercedes che scende dall’Olimpo, ecco una Ferrari che lassù ci risale (finora tre pole e due vittorie, sempre con Leclerc). Finalmente, Dopo tanto, troppo tempo, una Rossa che se la gioca alla pari – almeno questo è apparso finora – con la Red Bull del Campione del Mondo in carica.

Perdipiù la scelta di pance laterali molto “slim”, con conseguente fondo molto largo, ha indotto quest’ultimo a flessioni decisamente amplificate man mano che la vettura sale di velocità, ingigantendo ulteriormente le variazioni di deportanza. In ultimo – e, diciamo pure, soprattutto – questa forte instabilità aerodinamica si ripercuote negativamente anche sul Cx e quindi sul dritto dove la Mercedes ha perso notevolmente efficienza, come mostrato dalle nostre Mappature.

Insomma, è comprensibilmente complicato mettere a posto una vettura con queste caratteristiche e – visto il tempo che i tecnici di Brackley ci stanno mettendo per ritrovare la strada di casa – è facilmente immaginabile che, se anche a Barcellona ci fossero risultanze negative, parta una revisione pesante del progetto, che lasci da parte le soluzioni estreme e punti ad una configurazione aerodinamica con un potenziale magari inferiore ma più gestibile nelle condizioni reali di pista. Non sarebbe la prima volta che a Brackley tornano indietro su alcune scelte tecniche...

E la Red Bull? Beh, l’abbiamo detto, la Red Bull è rimasta al top. Sono cambiate pesantemente le regole tecniche, eppure loro si sono confermati estremamente competitivi. Magari non sempre affidabili, ma sicuramente veloci e bilanciati. In termini di progetto, Adrian Newey ha fatto un’altra vettura molto efficiente aerodinamicamente. In altre parole, paga poco in termini di resistenza la downforce che riesce ad ottenere. Ecco perché sul dritto è così superiore. Motore sì, ma anche basso Cx. Poi magari in curva non ha lo stesso livello di carico della Ferrari – almeno questo si è visto finora – però è globalmente un progetto riuscito.

Alfa Romeo e Haas, i nuovi protagonisti

Insomma l’equilibrio per la vittoria, per ora, c’è ancora tale e quale all’anno scorso. Ma gli attori protagonisti sono parzialmente diversi. E anche dietro c’è un nuovo equilibrio – anche se per ora instabile – grazie al fatto che anche lì si sono rimescolate pesantemente le carte. Alfa Romeo e Haas hanno fatto un balzo in avanti prodigioso lasciando il fondo dello schieramento per andare a solleticare McLaren, Alpine e – udite, udite – la Mercedes alla ricerca di qualche posto al sole.

Le mappe di rendimento

La visualizzazione grafica di cos’è successo in questo primo quarto di Mondiale la troviamo nella Mappa di Rendimento che mette insieme le performance nelle qualifiche con i risultati in gara. E li confronta con i risultati di un anno fa allo stesso punto del campionato. Nella zona verde troviamo chi ha migliorato di più con le nuove regole. Sono la Ferrari e i due team motorizzati con la stessa power-unit. Forse non è un caso, anche se non è l’unica spiegazione.

Nel profondo rosso troviamo la Mercedes, come dicevamo prima. A metà troviamo la Red Bull che sta praticamente ripetendo lo stesso percorso dell’inizio 2021, anche con le nuove regole. Dobbiamo però essere onesti e non dimenticare i due zeri in classifica rimediati da Verstappen in Bahrain e Australia (sarebbero stati due secondi posti per un totale di 36 punti in più) e lo zero di Perez all’esordio (altri 15 punti). Con quei punti la Red Bull sarebbe in piena zona verde sulla Mappa di Rendimento e, soprattutto, saldamente al comando della Classifica Costruttori. Per cui oggi i nostri ragionamenti sarebbero un po’ diversi. Ma l’affidabilità è uno dei pilastri su cui si fonda un progetto di successo e, almeno finora, a Milton Keynes non possono dormire sonni troppo tranquilli…

Le mappature delle efficienze

Detto del rendimento delle varie vetture registrato finora, andiamo a scoprirne le ragioni attraverso le consuete Mappature delle Efficienze che – come sa bene chi segue questi debriefing – sintetizzano le performance nel giro secco in due parametri ingegneristici. Un’efficienza in rettilineo – proporzionale alla potenza sprigionata dalla power-unit ed alla resistenza aerodinamica delle vetture. Ed un’efficienza in curva – dipendente dalla capacità di sfruttare il grip messo a disposizione dagli pneumatici, ovvero dall’entità e dal bilancio del carico aerodinamico e dalle qualità telaistiche che gestiscono la guidabilità.

La prima fotografia fatta all’esordio mondiale in Bahrain ci ha mostrato una Ferrari al top dell’efficienza in curva ed una Red Bull molto prestazionale in rettilineo. In altre parole, una Ferrari ben guidabile e bilanciata nelle curve percorse “sui binari” ed una Red Bull velocissima sul dritto, seppur non ancora perfettamente a posto nel misto. Il mix di queste due efficienze ha portato la Rossa di Leclerc e la Red Bull di Verstappen ad un sostanziale pareggio delle performance nel giro secco. Poi però alla domenica, Max ha parcheggiato in prossimità del traguardo per problemi di alimentazione carburante quando era secondo dietro al monegasco, che quindi si è portato a casa la posta intera.

Gli avversari dietro un bel po’. A cominciare dalla Mercedes, inferiore sia in curva che sul dritto e distante 7 decimi in qualifica, seppure poi terza al traguardo approfittando della debacle di affidabilità delle due Red Bull. E poi la sorpresa Alfa Romeo, allo stesso livello di efficienza in rettilineo della Ferrari e con lo stesso rendimento della Red Bull in curva (quindi non è solo merito della power-unit…). Poco lontane la Haas di Magnussen e l’Alpha Tauri di Gasly. Infine la sorpresa negativa della Mc Laren che ha costretto i propri piloti a litigare col volante e col gas per compensare una guidabilità in curva decisamente precaria.

Come dicevamo all’inizio, la prima uscita mondiale ci ha fornito dati e sensazioni che abbiamo poi voluto verificare nei round seguenti per valutare quanto la miglior comprensione delle vetture da parte dei tecnici avrebbe potuto cambiare lo scenario dell’esordio.

Ebbene, dobbiamo dire che le mappature costruite gara per gara non hanno dato informazioni drasticamente diverse, come mostrato anche dall’ultima fotografia effettuata a Miami. Se vogliamo, l’unica vettura che ha mostrato qualche miglioramento è la Mc Laren, di cui i tecnici sembrano aver iniziato a capirne un po’ meglio le caratteristiche e che è arrivata a pareggiare l’efficienza in curva di Mercedes, Red Bull e Alfa.

E allora, tiriamo le somme

Abbiamo dunque tutti gli elementi per tirare le prime somme e scrivere le prime sentenze di questo inizio di campionato.

Innanzi tutto, abbiamo la conferma che la Ferrari F1-75 è una vettura ben bilanciata e anche veloce. Dappertutto. In questi casi si dice che è una vettura “sincera”. Fin dalla prima uscita nei test di Barcellona, infatti, i tecnici sono riusciti a trovare subito un set-up efficace e competitivo, a dimostrazione di una vettura che si comporta esattamente come previsto a progetto, confermando quindi anche i risultati delle simulazioni. La performance della Rossa è figlia soprattutto dell’efficienza in curva. Leclerc e Sainz guidano una vettura molto precisa nelle curve – lo si coglie molto bene anche dai camera car – a dimostrazione di un buon livello di downforce sempre ben bilanciata sugli assi. E poi è affidabile, il che, come abbiamo visto, è un plus assolutamente non trascurabile

L’opposto di quello che sta capitando a Lewis Hamilton che era abituato a ben altra guidabilità, specialmente in curva. La sua W13 sembra un toro meccanico che in curva ha reazioni scomposte e sul dritto salta come un canguro. Già, il porpoising… quel fenomeno che abbiamo visto fin dalla prima uscita su molte vetture. Quel pompaggio verticale (e di beccheggio) figlio di una esagerata dipendenza del carico aerodinamico dall’altezza da terra, che innesca una risonanza ingestibile man mano che la velocità sale e la vettura si abbassa.

Alcune vetture ne sono uscite, altre ci stanno convivendo con minori conseguenze. La Mercedes è invece ancora in alto mare. E’ evidente che – a differenza della Ferrari per cui i tecnici hanno impostato un progetto sobrio, puntando sulla facilità di messa a punto – a Brackley hanno scelto la strada del progetto ricercato ed estremo. Una strada ambiziosa ma complicata che non sempre porta a casa, anche se teoricamente vincente. La W13 sembra essere estremamente dipendente dall’assetto nelle sue caratteristiche aerodinamiche. Basta una minima variazione sul suolo per dare grosse differenze di carico aerodinamico. E la cosa si ripercuote sui due assali in un modo che non sembra nemmeno proporzionato. Questa continua variazione di carico e bilancio – oltre a innescare le cavalcate sul dritto - si traduce in una guidabilità precaria e poco omogenea in curva. Ecco perché Lewis ed il suo compagno di squadra sono sempre alle prese con continue correzioni di volante per tenere in pista la loro vettura.

I margini della Ferrari

Visto che l’anno scorso Red Bull e Mercedes erano vicinissime nel giro secco – con la prima a prevalere leggermente come efficienza in curva e l’altra più efficiente in rettilineo – cos’è successo quest’anno che le distanze si sono così amplificate. Abbiamo detto dei problemi di messa a punto della W13 ma, più che in curva, è nella performance in rettilineo che la RB18 ha fatto il salto di qualità in confronto alla Mercedes.

Questo è il debriefing che possiamo fare oggi, dopo che abbiamo messo in archivio il primo quarto del Mondiale 2022. Da adesso in avanti – oltre alla comprensione dei progetti iniziali ed alla loro bontà assoluta – acquisterà importanza la capacità delle varie squadre di tecnici di introdurre evoluzioni che alzino via via l’asticella delle performance.

A parte la situazione intricata di casa Mercedes di cui abbiamo già detto ed il percorso tortuoso che stanno facendo in McLaren per stabilizzare la competitività della MCL36, il tema degli sviluppi assume un significato ancora maggiore per la Ferrari, al fine di consentire a Leclerc e Sainz di non sganciarsi dalla vetta. Finora, Leclerc ha tenuto botta al sabato, ma in gara è la Red Bull che ha raccolto meno del suo potenziale.

Che margine di sviluppo ha ancora il progetto F1-75, così sobrio e sincero? Questa è la domanda che ci poniamo. La risposta la sanno solo a Maranello, ma è fondamentale che la road map degli sviluppi sia tracciata e soprattutto dia frutti tangibili. Se a Milton Keynes dovessero mettere a posto l’affidabilità e qualcuno da dietro iniziasse a mettere giù marce rimettendo la macchina sui binari, non ci sarebbe più da stare tanto tranquilli...


  • Link copiato

Commenti

Leggi autosprint su tutti i tuoi dispositivi