La F.1 se la tira e costa troppo? No problem, c’è lo zio Gian Carlo!
Discorso semplice. L’automobilismo da corsa e il motorsport in genere spopolano da inizio ’900 in poi per il culto della velocità estrema, della sfida, del rischio e per il conseguente carisma dei partecipanti, ritenuti eroi coraggiosi e virtuosi, oltre che intelligenti e vincenti, nonché adorabilmente simpatici. Irraggiungibili sull’asfalto ma approcciabili nella vita. Perché chi rischia la pelle sa valorizzare le cose belle, sorrisi e socializzazione minima annessa.
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L’idealizzazione e l’adesione conseguenti portano per decenni e decenni la massa degli appassionati a sognare e a godere di gare, campioni e macchine, con la F.1 in testa a tutto e a tutti. Fino a che, dai e dai, le condizioni offerte cambiano e il patto tacito tra corse e racing fans muta clima, climax e percezione. I GP e la F.1 ora costano all’appasionato medio quanto una multa dell’ufficio entrate, le gare non hanno sconti ma restano scontate solo nella trama, le vince tutte la stessa macchina con lo stesso pilota, il rischio è tendente a zero, i circuiti asettici e la competizione apparentemente tesa ma di fatto aderente a una scala di valori delineata fin dal primo chilometro del primo test stagionale.
Poi, se per disgrazia, da spettatore paghi e metti il naso a due passi dalla zona di gara devastandoti l’iban, trovi tutto blindato, semielettrificato, freddo, invalicabile, gelido e snob, come il cimitero privato di una banca svizzera retto da un guardiano di cattivo umore. Scherzo. Scherzo? Ma anche no. La sporca verità? Se non hai l’American Express platinata, l’amante tacco 16 a capello vaporoso più la vita da vespa e non puoi permetterti il paddock club, la F.1 dal vivo lasciala stare, ché in troppi GP, tutti quelli più glamour, è una via di mezzo tra una purga, un salasso e una barzelletta moscia.
Detto questo, capire il motivo per cui tanti se non tutti da anni e anni vanno pazzi per i Minardi Days è facile come affettare il burro col laser. Perché l’evento ideato, creato, sperimentato e lanciato negli anni da Gian Carlo Minardi e dai suoi fratelli - compreso il compianto Nando -, brilla per incarnare l’esatto contrario algebrico della F.1 cresciuta tanto e male. L’opposto siderale. Che spazza via difetti della massima formula di oggi invertendone il trend, col ritorno allo spirito originario. Utilizzando, per dirla con patron Gian Carlo, un modo antico per riavvicinarsi al mondo dei Gran Premi. Quando il paddock era aperto, perforabile, frequentabile e i campioni più sereni, avvicinabili, non scortati da famuli, bodyguard o, peggio ancora, perché te li raccomando, da alcuni presunti addetti all’informazione, non dico mica tutti ma quasi, che di solito non informano e stanno lì solo per creare barriere e problemi interminabili a chi dovrebbe informare davvero, cioè i liberi giornalisti.
In un panorama del genere, i Minardi Boys hanno creato i Minardi Days tornando ai giorni in cui erano tutti nel paddock dei GP quelli veri, a far correre con le monoposto faentine piloti - tanti italiani -, che altrimenti non sarebbero mai arrivati nei Gran Premi e, parallelamente e neanche tanto segretamente, a far entrare nel paddock del Circus fans che altrimenti non avrebbe neanche potuto lontanamente avvicinarcisi. Come? Mettendo in rotazione frenetica 20 pass disponibili per consentire gratis ad almeno trecento persone a Gran Premio di gustare atmosfera e fascino della F.1. Capitavano cose così, ecco. Sono diciotto anni che la Minardi non corre più nei GP ma la famiglia porta addosso quell’esperienza infinita, bella, calda ed entusiasmante, restituendone dal 2016 a oggi il senso, il gusto dello show e dell’opportunità, uniti al piacere di vivere ore preziose in un ambiente amichevole e anche amico.
Con tanti conosciuti campioni che parlano e si intrattengono in compagnia degli appassionati, i quali godono dei rombi, dei colori e degli odori di F.1 e auto da corsa che diventano simboli di una nostalgia appagata, ad avvolgere un paradiso ritrovato. E se chiedi a patron Gian Carlo le tre emozioni più grandi in questa quasi-decade di Minardi Days, lui dice: "La prima, l’affetto immenso della gente nella prima edizione, che così tanto mi sorprese e mi commosse. La seconda, il secondo anno, nel vedere tutta la collezione delle Minardi esposta, grazie a Toro Rosso. La terza, il prossimo weekend, perché so che vedere tutti i tifosi che si godono il nostro evento è sempre un gran bell’andare e mi lascia a bocca aperta quanto felice". E dagli giù con incontri dibattito, aste, presentazioni di libri, esposizioni, speech, performance teatrali, giri di pista a go-go, monoposto in azione e in bella mostra, sfreccianti o statiche, all’interno di un ambiente disponibile, gustabile, avvolgente, accogliente e morbido. E colto di corse, mica frivolo.
Ecco perché per il tifoso di F.1 duro e puro i Minardi Days non sono solo la Goodwood di noialtri ma il vero e proprio terzo Gran Premio italiano della stagione, accanto a quello dell’Emilia Romagna & del Made in Italy e al canonico appuntamento di Monza. In fondo uno che ama davvero le corse, desidera godere con gli occhi, sentirsi benvenuto, poter ascoltare, interagire, girare, scegliere, muoversi e provare la piacevole sensazione d’essere parte di un tutto pulsante, educato e benvenuto.
Senza confini quasi militarmente invalicabili ed aree in cui entrano solo quelli coi dané. Ovvero motorhome faraonici, dai vetri ambrati, proibiti ma, vi assicuro, tristissimi anche solo a metterci piede. Niente di tutto ciò: i Minardi Bros rispondono ospitando stand di libri, modellini, merchandising di una volta e, soprattutto, furgoncini con la piada e i panini, altro che storie. E se in giro incontri e riconosci gente come Beppe Gabbiani, Emanuele Pirro, Bruno Giacomelli, Dindo Capello, Piero Martini, Riccardo Patrese, Arturo Merzario, Miguel Angel Guerra, Alessandro Nannini e tanti, tantissimi altri che in F.1 o a Le Mans non ci sono andati per caso, fermali pure, chiedigli un autografo e sparatici un selfie e due battute. Perché il senso vero delle corse, dello Sport e anche della vita, è anche questo.
La vita è l’arte d’incontrarsi, diceva il poeta Vinicius de Moraes, e i Minardi Bros sono di nuovo pronti ad accoglierci tutti in un evento ricco d’opere semoventi e ispirati creativi, non meno degli Uffizi. Morale della favola? Viva l’automobilismo che non se la tira. Anche quest’anno ci si vede là e, se vorrete, faremo due chiacchiere insieme, molto volentieri. Buon divertimento a tutti e in bocca al lupo, desiderati e desiderabili tifosi degli amatissimi Minardi Days.
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