F.1 e piloti italiani, 70 anni di solitudine

Sono passati 70 anni dall'ultima volta che un pilota italiano, Alberto "Ciccio" Ascari, vinse un Titolo F.1: da allora tanti piloti si sono succeduti, alcune vittorie colte e molti sogni infranti...

Stefano Tamburini

23.08.2023 15:39

La Storia eravamo noi, quelli che avevano tanto da vincere e ben poco da perdere. La Formula Uno e? stata soprattutto un’avventura molto tricolore al di là della Ferrari, che è la cosa più italiana che ci sia al mondo. Al punto da farci scordare che da troppo tempo è oscura l’altra parte della Luna che gira intorno alle emozioni della Formula Uno. Quella dei piloti, che in questi giorni compie 70 anni di assenza dall’albo d’oro dei campioni, da quel 23 agosto 1953 quando una corona iridata cinse la chioma del ferrarista Alberto Ascari. Da allora il buio totale e solo una stagione in cui c’è stata la speranza di poter chiudere questo digiuno.

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La lunga attesa il sogno sfumato di Alboreto

Era il 1985 ed era ancora agosto, era il 25, ed era appena finito il Gran Premio di Olanda a Zandvoort con il ferrarista Michele Alboreto quarto e il leader del Mondiale Alain Prost (McLaren) secondo. C’erano ancora tre punti di differenza e il sogno di riportare nel garage dei ricordi perduti quel trionfo lontano era quasi reale. Perché fino al Gran Premio precedente i due contendenti erano appaiati e in quello prima ancora in Germania, chiuso con la vittoria del ferrarista, Alboreto era avanti di quattro lunghezze. Solo che dopo la sfida di Zandvoort non ne andò più bene una, da lì in poi ci furono un 13esimo posto e quattro ritiri.

Vero, nel Mondiale c’è stato anche un altro secondo posto con Riccardo Patrese (Williams) dietro al compagno di squadra Nigel Mansell. Solo che quella volta – era il 1992 – non ci fu mai storia, il Leone d’Inghilterra aveva vinto a schiaffo le prime cinque gare e otto fra le prime dieci, Patrese solo la penultima a giochi fatti.

Quello del Mondiale che non vinciamo mai non è un sortilegio, perché non basta essere bravi per diventare campioni del mondo, serve la monoposto giusta al momento giusto, serve la fortuna, serve che la vettura perfetta non ce l’abbia fra le mani anche un altro fra i migliori. E di bravi piloti ne abbiamo avuti tanti, come vedremo in questo pasillo de honor che Autosprint contrappone con orgoglio all’amarezza di un digiuno che non è certo un sortilegio. Ma la Formula Uno è una classe regina, come i 100 metri dell’atletica alle Olimpiadi. È già bello essere lì a correre mentre arde il braciere con il fuoco acceso in Grecia, così come sfrecciare a Monza, Silverstone o Spa. Tutti quelli che arrivano lì a correre meritano applausi e riconoscenza degli appassionati, la stessa che si deve ai migliori portacolori dell’italico motorismo. Con una differenza. Se uno è veloce sui 100 metri, li corre e magari li vince come ha fatto Marcell Jacobs a Tokyo. In Formula Uno, nell’epoca degli sponsor invadenti, uno come Antonio Giovinazzi resta fuori anche se è piu? bravo della metà di quelli che corrono.

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Trulli, Fisichella, Brambilla e gli altri

Così allora non ci resta che la memoria di una Storia per adesso perduta. Perché poi certe vittorie come quella di Vittorio Brambilla nel diluvio di Zeltweg nel 1975, quella di Jarno Trulli a Monte Carlo nel 2004, quelle di Riccardo Patrese e Michele Alboreto non sono certo emozioni da poco. E c’è anche la necessità di rivalutare il concetto di qualità del trionfo che rende speciale quest’avventura italiana fatta di 43 Gran Premi vinti che a noi possono sembrare anche mille tanto sono preziosi. Ma è altrettanta la nostalgia di una storia che ormai veleggia lontano da qui, perché oggi non abbiamo più neanche un pilota in griglia. E questo rende ancor più flebile il ricordo dell’ultima volta del Mondiale piloti di un italiano.

Sono pochi quelli che possono ricordare quell’agosto del 1953, otto anni dopo la fine della guerra, con Giuseppe Pella presidente del consiglio appena nominato dopo Alcide De Gasperi e pronto sei mesi dopo a lasciare lo scettro ad Amintore Fanfani. Presidente degli Stati Uniti è Dwight Eisenhower, in Unione Sovietica è appena cominciata l’era di Nikita Krusciov, nelle case italiane non ci sono ancora i televisori e il primo uomo andra? nello Spazio solo otto anni dopo, per la Luna ne passeranno 16.

E anche l’ultima vittoria in un Gran Premio, sia pure meno mesozoica, appare sbiadita nei ricordi. Sono passati più di 17 anni, e? il 19 marzo 2006 e si corre a Sepang, in Malesia. A vincere è Giancarlo Fisichella su Renault, davanti al compagno di squadra Fernando Alonso. In Italia al governo c’è Silvio Berlusconi che sta per lasciare il posto a Romano Prodi, negli Stati Uniti il presidente è George W. Bush, l’Unione Sovietica non c’è piùll da 15 anni e in Russia è già cominciata l’era di Vladimir Putin…

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