Monza 2003, apoteosi di Schumi e della Rossa

Monza 2003, apoteosi di Schumi e della Rossa

Si celebra il ventennale di uno dei più bei trionfi monzesi della Ferrari

14.09.2023 09:52

Venti anni sono passati da domenica 14 settembre 2003, ossia da quel trionfo di Michael Schumacher a Monza, in una delle gare che sa più di gloria, cuore e nostalgia. Simbolo di una saga trionfale fortemente voluta e anche, a ben guardare, financo sofferta e lottata al calor bianco, per il Kaiser. Mai così in pericolo di perdere la striscia iridata vincente in Rosso, iniziata a Suzuka nel 2000 e destinata a protrarsi fino a tutto il 2004.

Un omaggio al compianto Avvocato

La verità è che la Ferrari F2003-GA, così siglata quale omaggio commemorativo all’Avvocato Gianni Agnelli, venuto a mancare il giorno 24 gennaio dello stesso 2003, è competitiva ma in realtà soffre, più di tutte le Rosse consorelle e titolate del ciclo Schumi, la concorrenza delle rivali. Se è vero che per scrollarsi di dosso la Williams di Montoya e la McLaren di Raikkonen dovrà penare addirittura fino all’ultima corsa, anche stavolta in Giappone, per riuscire ad aggiudicarsi il quarto mondiale in Ferrari, il sesto complessivo con i due già vinti in Benetton. Un traguardo epocale, perché con l’iride numero sei il tedesco scavalca definitivamente Juan-Manuel Fangio, fermo - fermo si fa per dire, neh - a cinque titoli mondiali vinti, dal 1951 al 1957, in piena era eroica della F.1 e delle corse in genere. Ma anche un titolo vinto d’un’incollatura e grazie alla mano determinante data dal compagno e gregario Rubens Barrichello, che sottrae punti preziosi agli avversari, spianando la strada al capitano.

Brividi in casa Schumi con Ralf!

Monza 2003 è anche l’anno del brivido in casa Schumacher, perché due settimane prima del Gran Premio, Ralf, fratello di Michael e alfiere della Williams, subisce un terribile incidente. Il pilota resta illeso, ma a titolo precauzionale la Williams schiera nel weekend di gara il tester Marc Gené, già pilota Minardi nel biennio 1999-2000. Quanto alle qualifiche, chiariscono che la gara sarà un affare privato, una sfida al calor bianco tra Schumi e Montoya, che monopolizzano la prima fila, seguiti dall’altro ferrarista Barrichello e dalla McLaren del giovane e combattivo Raikkonen. Pronti via e l’attacco del colombiano a Schumi dà vita a uno dei duelli più tirati, iconici e mozzafiato di quell’epoca, con un attacco alla Roggia che vedrà i due appaiati fino all’ultimo istante. Con Michael ben deciso a tenere duro, per spiegare che non è disposto per niente al mondo a cedere. E così sarà, dopo un’ora e 14 minuti di lotta insensissima che vede il tedesco battere di 5”2 Montoya e di 11” Barrichello che sottrae altri punti a Raikkonen. Nell’economia di un monndiale così tirato si può ben dire che una gara come Monza 2003, analizzata a ritroso, riveste un’importanza assolutamente impattante. E non solo. Alla commozione e al’entusiasmo per Schumi, tutti aggiungono anche lo stupore poiché questa edizione del Gran Premio d’Italia passa alla storia anche come la gara dei record.

La corsa dei primati

La gara vide infatti il crollo di vari primati di velocità: la velocità media tenuta da Michael Schumacher in gara, 247,585 km/h, risulta la più elevata della storia della F.1, battendo il precedente record di 242,620 km/h ottenuto nel 1971 da Peter Gethin, sempre a Monza, ma con una configurazione del tracciato completamente diversa. Senza precedenti anche la velocità media del giro più veloce in gara fatto segnare dal pilota tedesco, di 254,848 km/h. Schumi infine fa sua pure la velocità massima più elevata mai raggiunta da una vettura di F.1 in gara, con 368,800 km/h, quando il primato precedente era di 363,200 km/h, fatto segnare da Jean Alesi nel 2001, sempre a Monza. Gli ingredienti ci sono quindi tutti per considerarla una gara memorabile e da tenere in memoria come una delle più estreme e tirate nella storia della F.1. E venti anni dopo tale resta, peraltro ammantandosi di commovente nostalgia per quell’epoca fatata per la Rossa e contraddistinta dall’impero del mai abbastanza rimpianto Michael Schumacher.


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