Steiner-Haas: se la Formula 1 non è Netflix

Popolarissimo grazie alla serie "Drive To Survive", ma tagliato dalla scuderia di cui era stato unico team principal: ecco la parabola di Gunther Steiner alla Haas, squadra che oggi vuole un futuro diverso

11.01.2024 12:28

Intorno a capodanno passeggiava tranquillo, mano nella mano con la moglie, su e giù lungo le viuzze della sua Merano. Corso della Libertà, la camminata sotto ai portici, i mercatini natalizi: sembrava il riposo del guerriero che aveva abbandonato la caoticità dei paddock di F1 per godersi la tranquillità del suo ambiente montanaro, in modo da stemperare un po' la tensione in vista della nuova stagione. E invece, per Gunther Steiner sarebbe stato un capodanno particolare: sarebbe stato l'ultimo da team principal della Haas.

Gennaio, si sa, di tanto in tanto può regalare sorprese. Anno nuovo, vita nuova: il tempo di rientrare dalle vacanze (da quest'anno obbligatorie per le scuderie di F1) e formalizzare decisioni evidentemente già prese qualche settimana prima. Difficile dire se mentre passeggiava nella sua Merano, Steiner conoscesse già il suo destino: di sicuro, a notizia appresa, è un destino che cambia. Oggi, per lui prossimo ai 59 anni (li compirà ad aprile), è difficile immaginare come possa disegnare il futuro: probabile che si prenderà un po' di riposo, per ricaricare un po' le batterie. Del resto, otto stagioni da team principal in F1 non è roba che non lascia il segno.

Hulkenberg e Magnussen ringraziano Steiner

Haas vuole un cambio di rotta

Sul futuro di Gunther Steiner, comunque, ci sarà tempo per intervenire. Adesso, piuttosto, è il momento dei bilanci. Non positivi, evidentemente, secondo patron Gene Haas, che immediatamente dopo l'addio non si è trattenuto nel giudicare l'esperienza dell'altoatesino: "Non dico che sia tutta colpa di Gunther, è una bella persona con un bel carattere. Ma non mi interessa arrivare decimo". Questo il succo dopo le solite parole di circostanza e ringraziamento per la persona che è stato il primo e finora unico team principal nella storia della Haas, con Ayao Komatsu pronto a rilevare la carica. E' una storia cominciata nel 2016, quella tra Steiner e la Haas, anche se Gunther sapeva già da due anni che sarebbe stato il capo del team: dovevano debuttare nel 2015, esordio poi rimandato di 12 mesi. E partirono alla grande: 6° posto in Australia, 5° in Bahrain. Se non era una rivoluzione, la Haas sapeva comunque tanto di vento del cambiamento: per essere competitivi in F1 sembrava bastasse chiedere il motore alla Ferrari, farsi fare un telaio dalla Dallara e poi metterci sopra un "vestito" aerodinamico nemmeno troppo ricercato, e comunque chiaramente figlio della sinergia con Maranello. Qualcuno storse il naso: se basta così poco, quasi quasi lo faccio anche io. E invece, dopo quel buon inizio, sono cominciati gli alti e bassi: ottimo il 5° posto tra i Costruttori del 2018, prologo però ad una lenta discesa verso gli inferi.

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Nuovo regolamento, un'occasione mancata

Se Gunther Steiner del resto paga qualcosa, non sono certo gli inizi quanto le ultime stagioni. A metà 2019 la squadra crollò letteralmente e poche volte da allora c'è stato un vero e proprio segnale di rinascita, accennato (ma pur sempre troppo flebile) all'inizio della stagione 2022, quella sulla quale Gunther aveva scommesso forte, anche a costo di sacrificare completamente la stagione 2021, un campionato praticamente mai corso, con Mazepin e Schumacher costantemente ultimi (la VF-21 fu completamente abbandonata a sé stessa, lanciata in pasto alla concorrenza sin dall'inizio nella consapevolezza che non sarebbero praticamente mai arrivati aggiornamenti). E invece, dopo aver fatto all-in sul nuovo regolamento, appena alla seconda stagione del nuovo ciclo tecnico la squadra si è trovata nuovamente ultima.

Nello specifico, cosa imputare a Steiner? Ad essere sinceri, parecchie cose: è passato da piloti esperti a debuttanti e poi di nuovo a piloti esperti senza mostrare miglioramenti tangibili, segno che gli ultimi scarsi risultati non erano questione di chi stava al volante (anche se Magnussen, nel 2022, è stata una scelta molto azzeccata). Steiner paga, soprattutto, promesse non mantenute: nel corso del 2022 si era lamentato di aver dovuto completamente riprogrammare gli sviluppi per via dell'uscita improvvisa dello sponsor principale, Uralkali, in seguito allo scoppio della guerra in Russia. Di fatto una delle cose peggiori che possono capitare ad un team, ma all'alba del 2023 Gunther prometteva: "Con MoneyGram abbiamo finalmente uno sponsor solido alle spalle che ci consentirà di sviluppare come si deve. Il budget non è più un alibi". Diceva anche che l'obiettivo sarebbe stato il 6° posto, raggiungibile con il talento degli ingegneri, i quali non avrebbero più avuto il limite delle risorse. Se dopo un anno la squadra ha chiuso all'ultimo posto, dando l'impressione di una gran confusione dal punto di vista tecnico (gli sviluppi sulla VF-23 sono stati molto tardivi, ma erano talmente poco convincenti che il team ha chiuso le ultime gare con due versioni di macchina: quella nuova a Magnussen e quella vecchia ad Hulkenberg), è segno che allora la mancanza di fondi per lo sviluppo non era tutto ciò che limitava la squadra. La quale, parlando d'altro, nella persona di Steiner (e Gene Haas), non vedeva di buon occhio l'arrivo di Andretti in F1: si sarebbe trattato di non essere più l'unico team americano, di avere un avversario in più e di scontrarsi, almeno nell'immediato, con una fetta di introiti inferiore. Anche per questo, alla Haas poco conveniva di dare il benvenuto ad una seconda squadra a Stelle e Strisce.

Se la F1 non è Netflix

Tornando comunque a bomba sul tema dell'allontanamento, qualcosa si era evidentemente rotto, tra Gene Haas e Gunther Steiner. Il cosa, nello specifico, probabilmente lo sanno solo loro. Ma pareva evidente già da un po' che patron Haas fosse diventato intollerante alla mancanza di risultati. La Haas delle ultime stagioni, va detto, ha sempre dato l'impressione di navigare a vista, senza dare tangibili ed inequivocabili segnali di crescita. Questo fino ad una rottura che per certi versi è impopolare, data la popolarità raggiunta da Steiner con la serie Netflix "Drive To Survive", quella che ha definitivamente lanciato la F1 negli Stati Uniti. Gunther, con le sue uscite sanguigne ed un carattere stravagante, era diventato l'idolo del pubblico, anche se tra i più attenti (ed i meno attratti da Netflix), la mancanza di risultati costante stava diventando una pericolosa spia di avviso. Sempre su Netflix, era divenuta celebre la gita su Fiat 500 di Steiner e Binotto nei vigneti dell'ex team principal Ferrari: in queste ore, i maligni non si sono risparmiati la cattiveria di sottolineare che oggi, entrambi, avranno un po' più di tempo libero. Malignità immeritate, soprattutto con certi toni: ma la F1 non è Netflix, e può capitare che non sia sempre tutto rose e fiori. 


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