Italo Cucci racconta Senna 30 anni dopo: "Non è stato divo mai"

Direttore di Autosprint e di Corriere dello Sport, Italo Cucci dedicò ad Ayrton un'edizione straordinaria intitolata "Hanno ucciso Senna"

01.05.2024 14:08

Il 1° maggio 1994, all'Autodromo di Imola, si consumò una delle tragedie che più hanno segnato la storia del motorsport e della Formula 1 in particolare. Pochi minuti dopo la partenza del gran premio, alle 14:17, Ayrton Senna esce di pista alla curva del Tamburello e impatta violentemente contro le barriere con la sua Williams. Per lui, nonostante i disperati tentativi di prestargli soccorso, non ci sarà niente da fare.

In quel 1° maggio di trent'anni fa, il Corriere dello Sport uscì con un'edizione straordinaria con un titolo che all’epoca fece scalpore: “Hanno ucciso Senna”. Abbiamo chiesto a Italo Cucci, storico Direttore di Autosprint negli anni '80 e nel ‘94 alla guida del Corriere dello Sport, di raccontarci la storia di quell'edizione straordinaria e il “suo” Senna.

Ayrton, un ragazzo semplice 

Ho fatto uscire un'edizione straordinaria del Corriere dello Sport il 1° maggio, dedicata proprio ad Ayrton, con un titolo che ha fatto vendere centinaia di migliaia di copie ma ha anche fatto molto rumore: “Hanno ucciso Senna”. Non si fa un'edizione straordinaria per annunciare la morte di qualcuno, ma quando sulla morte di qualcuno c'è bisogno di dire qualcosa. Eravamo arrivati a un punto tragico della F1, e poi c'entrava anche il mio rapporto personale con Ayrton, che era cominciato da quando, ragazzo della Toleman, era venuto insieme al collega Ficarelli a visitarci ad Autosprint nel periodo in cui ero direttore, nell'84.

Com’era Ayrton dal punto di vista umano?

Io ho avuto due incontri stupendi, nello stesso periodo, con Maradona e con Ayrton. Erano due ragazzi spaesati: Maradona si mangiava le unghie ed era quasi terrorizzato dal doversi sottoporre alla prima intervista italiana, Senna era un ragazzo semplice, timido e con un'aria dolce. Ma lui non è stato divo mai, anche quando l'ingegner Ferrari diceva “devo fare qualcosa per poterlo incontrare”, e si dovette arrendere perché allora la Marlboro non gli concesse di portare Senna nella Scuderia del Cavallino.

Parlò mai a Enzo Ferrari di Ayrton? 

Io ho dovuto scrivere un libro per spiegare il mio rapporto con Ferrari, che era fuori da ogni situazione professionale. Una volta mi disse: “se viene a trovarmi domenica c'è una corsa bellissima al Nurburgring”. Io dissi: “non mi risulta”. Ferrari ribattè: “No, lei pensa sempre alla F1. C'è la presentazione di una Mercedes e la prova Senna, la voglio vedere perché voglio capire anche lì che manico è”. Il Vecchio lo ammirava. Quella gara del Nurburgring la vinse proprio Senna con la Mercedes.

Sono passati trent’anni dalla scomparsa di Senna, questo vuol dire che molti degli appassionati di F1 attuali non hanno mai avuto la possibilità di vederlo correre. Come racconterebbe Ayrton ai giovani?

Io mi sento un privilegiato, ho 85 anni e ho una raccolta di fatti, personaggi e storie bellissime che ho direttamente vissuto. Mi piace raccontarle ai lettori, agli ascoltatori e ai telespettatori più giovani proprio per come le ho vissute. Non dimenticherò mai una cosa successa in occasione di una delle feste che si organizzavano alla vigilia del GP di Imola a San Lazzaro di Savena, là dove era la sede di Autosprint. In una di quelle feste riuscii a portare Ayrton. Lo andai a prendere alla macchina e lo portai dentro, e quando arrivammo all'ingresso della villa mi prese la mano e si fece accompagnare come un ragazzino, perché era spaventato dall'idea della gente che lo aspettava. Fu accolto con un applauso che lo intimidì ancora di più. Non lo portò mai dimenticare.

Quindi Ayrton era davvero un ragazzo semplice...

Venendo dal calcio, in Formula 1 di divismo ne ho trovato poco, anche tra personaggi di rilevanza straordinaria, come Ascari, Villoresi, Prost. La semplicità di Senna era straordinaria perché era meno divo di tutti quanti. Un ragazzo tranquillo, con una vena di tristezza che ho sempre sottolineato quando scrivevo di lui. Come se gli mancasse qualcosa, non so che cosa.

Secondo lei Senna, con la sua carriera e poi con la sua tragica scomparsa, ha contribuito a cambiare la Formula 1?

La sua scomparsa ebbe un peso importantissimo. Io non ho usato parole vaghe, io ho detto “lo hanno ucciso”. Lì ci fu anche una risposta scandalizzata, le reazioni furono anche seccate e dopo iniziarono i processi e le sentenze, e si capì che era stata violata la sicurezza dell'uomo. E quindi è servito. Ma è servito secondo me anche nella parte propositiva e romantica, nel fare vedere che la Formula 1 era approcciabile in maniera più semplice, senza bisogno di ergersi a Superman.

Quel primo maggio dentro la redazione di Autosprint 

Ratzenberger? Non l'ho mai dimenticato

In questo cambiamento ha avuto un ruolo anche Roland Ratzenberger?

Nel mio editoriale dell’epoca c’era un preciso riferimento a Ratzenberger. All’epoca erano tanti quelli che accusavano “si parla solo di Senna “. Ma io non l’ho dimenticato, e l’ho reso anche importante ai fini della totale mancanza di sicurezza che si era prodotta nonostante il giorno prima di fosse consumata una tragedia. Ratzenberger non aveva insegnato niente.

Quest’anno oltre ai 30 anni dalla scomparsa di Senna e Ratzenberger ricorrono anche i 10 anni dall’incidente altrettanto tragico di Jules Bianchi. Secondo lei, oggi, sono stati fatti abbastanza passi in avanti dal punto di vista della sicurezza?

Io ho esordito in Formula 1 litigando totalmente con Enzo Ferrari, per un loro pilota che era scomparso a Buenos Aires, Giunti. Poi col tempo, conoscendo prima il Vecchio e poi la F1, mi sono reso conto che era un mondo il cui approccio era molto delicato e difficile. Ma dei passi in avanti sono stati fatti eccome

Tornando a quel titolo di quell’edizione straordinaria, “Hanno ucciso Senna”, lei pensa che sia stata fatta abbastanza luce su quella tragedia?

Un’edizione straordinaria richiede un momento di riflessione rapida, ma anche di sensazione. Il sabato ci aveva già preparati, pensavamo “cos’altro potrà capitare?”. E io ero anche ben disposto verso Imola, perché quell’autodromo l’ho visto nascere. La decisione è stata quindi presa lucidamente, e nessuno ce l’ha mai potuta smentire.


  • Link copiato

Commenti

Leggi autosprint su tutti i tuoi dispositivi