Spiace per Ricciardo, ma senza piangerci su

Spiace per Ricciardo, ma senza piangerci su

L'australiano è il flop più pagato nella storia F.1, con 84,5 milioni di dollari in sei anni di declino

29.09.2024 ( Aggiornata il 29.09.2024 15:27 )

L’uscita, presumibilmente definitiva, di Daniel Ricciardo dalla F.1 spiace e credo spiaccia a tutti gli appassionati. L’australiano non solo è una brava persona, ma rappresenta anche una figura calda, sorridente e empatica, in una F.1 troppo spesso ghiaccetta, anaffettiva e genuinamente spocchiosa.

Empatico sì, lo confermo, ma simpatico non mi azzardo a definirlo, perché, al d là dei sorrisoni e dello champagne bevuto nella scarpa dopo ciascuna delle otto vittorie ottenute nei Gp, in realtà non ho mai letto o sentito dire una sua battuta fulminante, un motto di spirito, un frizzo e lazzo da serbare in memorabile ricordo.

Anzi, molto spesso la risata d’ordinanza più che una finestra spalancata per entrare nel suo mondo è stata una specie di dolce porta sprangata, una rosa pitturata sul muro, oltre la quale, di fatto, non si è mai andati, perché lui ha voluto così.

I due Rcciardo

Di Ricciardo in pista ne ho visti complessivamente due. E uno non è neanche parente dell’altro. C’era una volta il sensazionale Daniel degli anni d’oro Red Bull 2014-2018, i primi turboibridi dello stradominio netto e deprimente Mercedes. E al tempo Mister Smile era l’unico in grado di regalare qualche sorpresa e alcune entusiasmanti variazioni sul tema.

Diabolicamente veloce sul giro secco, iperaggressivo ma correttissimo nelle sfide dirette, Daniel, - quando ancora Max aveva i calzoncini corti -, era uno dei più abili gestori delle gomme ad alto degrado. Al punto che erano proverbiali le di lui armi tutt’altro che segrete, ovvero i micidiali sorpassi con finta e controfinta, più le folate finali letali per gli avversari, che si ritrovavano a mescole abrase e stracche contro uno, lui, che evidentemente conosceva l’alchemico segreto per risparmiarle.

La profezia di Marko

Un giorno, nel 2016, il suo pigmalione Helmut Marko mi disse che era incerto su chi fosse il prossimo campione del mondo Red Bull tra i suoi pupilli, appunto Daniel e Max Verstappen. Tra i due, uno sarebbe sbocciato fiorendo e l’altro evidentemente no, ma era presto per dire chi. Il tempo avrebbe dato risposte, aveva concluso. E, come quasi sempre accade, Marko aveva ragione.

A fine 2018 Daniel se ne va dalla Red Bull, chiudendo male. Cioè dicendosi disponibile a restare e poi di fatto, all’improvviso, cambiando bandiera. Forse perché aveva capito che ormai l’ascesa di Max era inarrestabile, ma il rumore della porta sbattuta ancora rimbomba.

E da lì conosciamo tutti il Ricciardo 2, l’altro Daniel. Quello che, per un motivo o per l’altro, non cava più un ragno dal buco.

L'altro Daniel

Cinque stagioni tra Renault, McLaren, AlphaTauri e Racing Bulls, nelle quali di fatto l’australiano sparisce incredibilmente dal radar, nelle ultime letteralmente surclassato dal rispettivo compagno di squadra, a parte una quasi inspiegabile ma meritatissima vittoria a Monza 2021 e un recente quarto posto in una garetta sprint.

Un declino costante, un ingrigimento inesorabile, un bilancio molto triste. E da lui, di fatto, mai un’analisi franca, una spiegazione plausible, un’ammissione serena. No. Solo frasi di circostanza e salmodanti auspici di pronto (e mai avvenuto) riscatto. Una volta, due, tre, poi anche basta, no?

Alla Renault!

Nel 2019 Ricciardo va alla Renault, percependo uno stipendio di ventisette virgola cinque milioni di dollari, triplicato rispetto a quello della Red Bull. Il tutto per ottenere tre sesti posti.

Per il 2020 dovrebbe percepirne altrettanti, ma l’australiano accetta un taglio, di preciso non si sa di quanto, ma quindici magri e scarni milioni di dollari dovrebbe averli pur guadagnati. Per cosa? Per un paio di terzi posti. In tutto, una quarantina di milioni di dollari per due coppette, per giunta brutte. Colpa della macchina giallonera che non vola di certo, ma anche il pilota non spacca mica, eh.

Colpo di scena per il 2021: Ricciardo, che pare piacesse pure a Ferrari e Mercedes, considerato uno dei pezzi pregiati del mercato, va alla McLaren, che vuole assolutamente risorgere.

Il prezzo? Un affarone. Un biennale da diciassette milioni di dollari all’anno, più un’opzione a suo favore per il terzo.

Altra delusione in McLaren

Per risultato, Monza 2021 a parte, Ricciardo viene asfaltato da Norris e la McLaren risolve l’accordo a 2022 inoltrato, pagando una buonuscita per il 2023, preferendo ingaggiare il deb Piastri. E te credo.

Marko non ha dimenticato il suo pupillo e lo riprende da terzo pilota in AlphaTauri a 920mila euro di stipendio per il 2022, da panchinaro, fino al Gp d’Ungheria - che salgono a 7 milioni di euro quest’anno -.

L'ultima delusione

Deve solo far meglio di Tsunoda nel team di Faenza, per guadagnarsi il ritorno in Red Bull.

Non gli si chiede la luna, ma lui non riesce neanche in questo. E allora è la fine.

Malcontati, per sei anni di tramonto costante, inarrestable e mai ammesso, fanno in tutto 84,5 milioni di dollari. Che fanno di lui il declinante più pagato nella storia della F.1.

Buon prosieguo di carriera e di vita, al 35enne Daniel Ricciardo, con l’augurio caro di continuare a sorridere. Sì, spiace sia finita con i Gp, ma non mi stupisco e non piango, se non è durata tanto di più. Che dire, nulla è per sempre.

Aggiungerei, certe volte per fortuna.


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