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Una domenica difficile per la Ferrari, che comincia in salita il mondiale 2025; SF-25 poco prestazionale, errore del muretto e risultato negativo per una Rossa che parte da una sola certezza: c'è da lavorare
16 mar 2025 (Aggiornato il 18 mar 2025 alle 10:08)
Dopo il sogno invernale, un brusco risveglio. La realtà ha parlato, con le sue verità: e la verità è che la Ferrari non è stata la macchina che Leclerc ed Hamilton avrebbero voluto che fosse, così come i tifosi. Non può e non deve bastare, il GP Australia, per pretendere di avere certezze valide per tutto il campionato, ma di certo non è stato un inizio idilliaco.
Vedere Hamilton non riuscire a superare a lungo Albon, seppur nelle difficili condizioni di bagnato, oppure vedere Leclerc perdere terreno da Russell e ritrovarsi a mezzo minuto dalle McLaren prima di una safety car, basta e avanza per bocciare la Ferrari di Melbourne. Le speranze, e pure le aspettative, erano altre: invece è stata una SF-25 spuntata, prestazionalmente parlando. Poi c'è il lato strategico, un altro problema.
Potevano passare da geni in Ferrari, e invece la realtà è stata spietata: la Rossa, nel convulso finale, ha voluto giocare il jolly di ritardare la sosta per rimettere l'intermedia ma l'azzardo non ha pagato. Così, una corsa che stava andando verso un risultato mediocre, è confluito in un risultato pessimo.
Di sicuro la lunga fase di gara sul bagnato ha confermato che quella di ieri fosse una Ferrari sì costretta ad un compromesso sull'assetto, ma era una Ferrari che di certo non aveva scommesso sull'assetto da bagnato: altrimenti, non avrebbe sofferto nel confronto con Russell, oppure Hammer non avrebbe fatto così tanta fatica a passare Albon. No: è stata una Ferrari brutta, in tutti i sensi. Male nel cronometro, male nella strategia: la Rossa lascia l'Australia con una grossa delusione.
Nel finale, il duello tra Leclerc ed Hamilton è stato per ciò che nessuno si sarebbe aspettato: un 9° posto. Presto, decisamente troppo presto per trarre conclusioni definitive, ma di certo il segnale è chiaro: c'è da lavorare. E molto.
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