Temi caldi
12 mag 2025
Sarà uno scherzo del destino, chissà. Ma oggi che il nome "Leone", via papa Robert Francis Prevost, è tornato in auge, sovviene il nome d'arte (chiamiamolo così, con tutto il rispetto per il nome papale) del Leone d'Inghilterra, al secolo Nigel Mansell. Uno scherzo del destino, appunto, che tutto ricada in queste settimane: perché esattamente 30 anni fa, il 14 maggio 1995, a Barcellona, il Leone offriva il suo ultimo ruggito.
Decise di mollare tutto, perché quella McLaren non lo convinceva. Era tornato dall'America, dal campionato IndyCar, vinto al debutto ad anni 39: il più vecchio rookie ad imporsi nel campionato americano. Lo aveva fatto l'anno successivo al titolo mondiale di F.1, con una Williams stratosferica che gli aveva dato modo di riscattare una carriera fatta di vittorie eccezionali e qualche sfortuna di troppo. Se chiedete in giro, in tanti tra quelli che c'erano vi risponderanno che un titolo solo, per il talento di Nigel Mansell, era troppo poco. Lo stesso talento che, dopo l'"erasmus" in America, gli aveva permesso di tornare sulla Williams maledetta di Senna, e di vincere pure: accadde ad Adelaide 1994, nel polemico epilogo della lotta iridata tra Schumi ed il suo compagno in Williams, Hill. Poi l'idea McLaren per il 1995, suggestiva ma poco fortunata: la MP4-10, la prima di sempre spinta da un motore Mercedes, doveva essere un concentrato di novità e invece si rivelerà nient'altro che una comparsa in un'annata dominata dalla Benetton di Schumacher, ed a distanze siderali pure dal podio tra i Costruttori. Niente, insomma, che soddisfacesse l'appetito di un Nigel Mansell quasi 42enne e, per questo, deciso a non sprecare il suo tempo: dopo i test, deluso dalla vettura, decise di non correre le prime gare, poi tornò con la vettura aggiornata per i round 3 e 4 (rispettivamente Imola e Barcellona), chiuso con un 10° posto ed un ritiro (guai ai freni dopo 18 giri): saranno i suoi ultimi GP in F1. Una scelta alla fine condivisa, perché quella McLaren non era ciò che cercava Mansell e, con una macchina così, Mansell non era ciò che cercava la McLaren, squadra in piena fase di ricostruzione. Insomma, per Nigel, a quasi 42 anni, 15 spesi in F1, poteva bastare così.
Il malinconico addio di Barcellona 1995 non tocca, ovviamente, una carriera straordinaria. Perché ciò che Mansell è stato e rappresenta tutt'ora, non dipende certo da un'uscita di scena triste e quasi silenziosa, considerando le modalità. Rumorosa per la voglia di compere il contratto certo, ma silenziosa sul piano sportivo. Eppure, beh, il funambolo non si dimentica. Mansell è cuore innanzitutto, prima che traguardi e risultati. I numeri, quelli, potevano essere anche migliori delle sue 31 vittorie, ma c'è ben altro oltre alla cifre. Mansell, per chi lo ha visto correre, è stato un concentrato di temerarietà, grinta ed un pizzico di follia. Ingredienti che ti portano a vittorie clamorose e pure a sbagli grossolani, un qualcosa che non può che fare breccia nel cuore della gente: lo svenimento nel caldo cocente di Dallas 1984, a spingere sul traguardo una Lotus ormai ferma; le piroette con la Ferrari, il recupero sul compagno-rivale Piquet in una Silverstone 1987 strabordante per lui, Budapest 1989 quale una delle rimonte più belle terminata con uno dei sorpassi più belli su Senna, sfruttando un doppiaggio. In tutto ciò, appunto, ci sono anche abbagli degni di nota, come quando spinse Prost, suo compagno in Ferrari, contro il muro, oppure Montréal 1991, una vittoria persa all'ultimo giro: in un primo momento si pensa sia colpa di Mansell che, salutando anzitempo il pubblico, abbia abbassato troppo i giri del motore fino a farlo spegnere, ma in realtà il rapporto finale della Williams parlerà di problema al cambio. Momenti di vita così, tra gare spettacolari e finali rocamboleschi, con o senza colpa: Nigel Mansell era questo, prendere o lasciare.
Per 11 anni aveva fatto il poliziotto sull'Isola di Man, poi aveva puntato forte sulle corse arrivando addirittura a mettere in garanzia con le banche casa sua: "Non lo fate", dirà in un'intervista molto distesa un giorno. Eppure, l'amatissima moglie Roseanne lo sostenne sempre, fu il suo più grande sostegno morale: quando si dice che dietro ad un grande uomo c'è sempre una grande donna, il caso di Nigel e Roseanne è ciò che meglio può fare da esempio. Nigel era veloce, anzi velocissimo: ma rischiò la paralisi in Formula Ford, rischiò ancora quando uscì di pista nelle prove in Giappone, un colpo violento alla colonna vertebrale, per cui fu costretto a dare forfait per gli ultimi due GP e quindi consegnare il titolo a Piquet. Non sempre è stato razionale, ma non sempre è stato istintivo, con una connessione tra ragionevolezza e temperamento difficile da trovare e non sempre trovata. Un concentrato di talento, insomma, declinato in varie forme a seconda dell'anno, della giornata, perché da Nigel Mansell ti potevi aspettare tanto, forse tutto, ogni domenica. Di lui Senna diceva: "E' l'unico che quando lo hai dietro ti compare in entrambi gli specchietti", un complimento che sa di consacrazione. E poi, quella storia di essere stato l'ultimo pilota scelto da Enzo Ferrari, quella storia di aver portato al successo, alla prima gara, la prima Ferrari del dopo Enzo Ferrari: era la mitologica 640, la macchina del primo cambio semiautomatico della storia, la macchina del cambio a leve al volante: si rompeva ad ogni test, ma poi cominciò il mondiale vincendo.
Nigel Mansell è storie così, storie di chi in carriera ha incrociato Lauda, Prost, Piquet, Senna, Schumacher. Un tipo tosto, un attaccante nato, uno che ha conosciuto la fatica per arrivare alla redenzione, uno che ha dovuto digerire la sconfitta (su tutti, la gomma forata che costa il titolo 1986 e la beffa, già citata, del 1987, oltre alla vana rincorsa iridata a Senna nel 1991) per assaporare la vittoria. Un grande che ha corso con le grandi: Lotus, Williams, Ferrari e pure McLaren, l'ultimo, brevissimo capitolo di una carriera, per le trame tracciate, probabilmente irripetibile. Un Leone, appunto, in tutto e per tutto, nei giorni felici e pure in quelli meno felici.
Le notizie più importanti, tutte le settimane, gratis nella tua mail
Loading
Abbonati all’edizione digitale e leggi la rivista, gli arretrati e i contenuti multimediali su tutti i tuoi dispositivi.
Abbonati a partire da € 21,90