Intervista a Giancarlo Bruno: "F1 di oggi troppo restrittiva. Nuova vettura? Alboreto diceva bastano pochi giri per capire"

Intervista a Giancarlo Bruno: "F1 di oggi troppo restrittiva. Nuova vettura? Alboreto diceva bastano pochi giri per capire"

Giancarlo Bruno da ingegnere ha lavorato sia in pista che fuori, vivendo in prima persona tantissime categorie fino al ruolo di commentatore tecnico in tv: tra i ricordi di Schumi e Alboreto, ecco cosa pensa della F1 odierna ed eccome come vede Hamilton a Maranello

15.02.2024 ( Aggiornata il 15.02.2024 16:41 )

Ingegnere e commentatore tecnico per la RAI, appassionato ed appassionante per ciò che riguarda tutto il lato ingegneristico del motorsport. In pochi hanno l'esperienza di Giancarlo Bruno, che ha lavorato in F1, nel DTM, nel WTCC ed altri campionati, senza mancare l'opportunità di vivere in prima fila le migliori gare dell'Endurance come la 24 Ore di Le Mans.

Una voce, quella di Giancarlo, che si è distinta all'evento Ruote da Sogno di Reggio Emilia, dove tra una vettura storica e l'altra, nell'incontro mediato da Veronique Blasi, c'è stato modo di parlare di tutti i temi più importanti alla vigilia del mondiale 2024 di Formula 1.

Una F1 sempre più in miniatura

Le prime parole sono state spese sulla nuova Ferrari SF-24, vettura di cui si è potuto capire poco a primo impatto: "La presentazione mi ha un po' colto di sorpresa, mi aspettavo tutt'altro. Innanzitutto posso dire che come altre realizzazioni viste nei giorni passati il colore nero del carbonio nasconde piccoli segreti, e naturalmente quello che possiamo fare oggi è solo una valutazione dal punto di vista estetico e sulle linee esterne. In realtà, ciò che farà la differenza riguarda ciò che è all'interno delle fiancate e ovviamente il fondo, ovvero cose che non possiamo vedere. Lo sfruttamento del carico aerodinamico di queste aree è quello fondamentale per la prestazione. Come sospensioni lo schema è rimasto invariato dall'anno scorso, per quanto riguarda le fiancate invece ho visto un labbro inferiore abbastanza pronunciato prima della sezione d'ingresso dei radiatori che funge da profilo alare. La fiancata ha un profilo ad ogiva, simula un profilo alare, ma il contributo aerodinamico è minimo rispetto a quello del fondo. La chiave di tutto è lì sotto, come si era visto con la Red Bull sollevata dalla gru a Montecarlo nel 2023.

Queste sono vetture complesse, ci sono sette o otto circuiti di raffreddamento diversi: penso a quello del motore con acqua e olio, ma ci sono anche quelli per le batterie, il motogeneratore elettrico ed altro. Sono circuiti tutti diversi perché alcuni sono ad acqua o ad altro liquido, altri sono ad olio ed altri ancora sono aria-aria, come ad esempio gli scambiatori, per cui c'è una certa complessità tecnica. Quello che sorprende, sulla Ferrari ma anche su tutte le altre vetture, è la miniaturizzazione di tutte queste componenti".

Hamilton, Schumacher, Alboreto

Un tema del 2025, e non ancora del 2024, sarà Lewis Hamilton in Ferrari a partire dalla prossima stagione: "Lewis porterà freschezza, nonostante la sua età - ha spiegato Bruno -, ed anche un approccio diverso. Viene da un'azienda organizzatissima che ha due sedi separate per vetture e motore, per un totale di circa 2000 persone, e senza un'organizzazione perfetta non vinci, nonostante negli ultimi due anni anche loro abbiano fatto fatica. Hamilton ha vissuto tutto il periodo vincente della Mercedes, queste cose le sa, ne ho parlato anche con Aldo Costa". 

Giancarlo Bruno è poi miniera di informazioni storiche, utili per raccontare sia come un pilota di grande carisma possa portare cambiamenti positivi e sia come una nuova vettura appena battezzata possa dare subito sensazioni chiare. Il primo ricordo è su Schumacher: "Quando ero in F1 alla Scuderia Italia, così come altre scuderie italiane e tra queste la Ferrari, come sistema di acquisizione dati utilizzavamo un sistema fornito dalla Marelli, la Benetton invece aveva un sistema fornito da un'azienda inglese. Più volte noi, confrontandoci anche con altri ingegneri della Ferrari, avevamo fatto presente che c'erano delle difficoltà nella gestione del sistema Marelli così come era concepito, ma non c'era niente da fare. Quando invece arrivò Schumi in Ferrari, provò quel sistema e non gli piacque, e disse subito secondo lui cosa si sarebbe dovuto cambiare. E disse cose che più o meno erano vicine alle nostre indicazioni. Era anche una questione di praticità, il sistema inglese era molto più pragmatico. La Ferrari mandò le indicazioni alla Marelli e stavolta la Marelli ascoltò i consigli. Oggi sono ovviamente altri tempi, ma un campione del mondo porta in squadra credibilità ed autorevolezza, e questo vale tantissimo".

Si è sempre detto che i primi giri su una nuova vettura per un pilota sono molto indicativi. Vale per i piloti ma a quanto pare anche per i tecnici, che si ritrovano ad ascoltare immediatamente il pilota: "Ricordo che nel 1993 Lucchini, capo della Scuderia Italia, decise di passare dal telaio Dallara al telaio Lola, mantenendo il motore Ferrari. Arrivammo a fare il primo test all'incirca a metà febbraio, con questa macchina tutta nera e molto più lunga della concorrenza, avevamo un passo di circa tre metri, più o meno 20 centimetri in più rispetto alle altre vetture della griglia. Era un camion rispetto alle altre. Michele Alboreto salì in macchina, fece un giro e si disse subito poco convinto. Alla seconda uscita fa tre giri, uscita, giro veloce e rientro, torna e ci dice che questa macchina non va per nulla. Aveva ragione. Ricordo che mi disse 'Credimi, so come devono andare le macchine vincenti, e questa non lo è'".

C'è stato poi modo di approfondire tutto il lato tecnico delle vetture ai microfoni di Autosprint

Ingegnere, approfondiamo il discorso dei giri di "battesimo". Lei può confermarci dunque che vale per il pilota, ma anche per gli ingegneri con un primo confronto dei dati, è così?

"La prima necessità da parte dei tecnici è quella di capire la funzionalità della vettura, dunque essere certi che tutto stia funzionando al meglio. Tutto ciò riguarda le temperature di esercizio del motore, e poi confrontarle con la temperatura esterna. Qualunque temperatura abbia l'aria al momento del test, bisogna poi fare un calcolo in proiezione e verificare che se la temperatura esterna salirà il motore non andrà in crisi. Succedeva soprattutto una volta, quando si girava d'inverno e faceva più freddo. Questa è una delle necessità da affrontare nei primissimi giri della vettura. Superata poi la fase della verifica delle funzionalità, ed oltre al motore mettiamo anche batterie o motore elettrico al giorno d'oggi, si passa a quella della prestazione. Con le simulazioni si sa che con un certo carico di benzina, con quelle gomme e con quell'assetto c'è un tempo di riferimento da raggiungere, e lo si verifica in pista. Se viene raggiunto significa che si è nel target previsto, e così tutti i valori di riferimento ed i dati acquisiti ci fanno capire che si è sulla buona strada grazie a questa corrispondenza funzionale. A questo punto si va più nel dettaglio e si verificano le altre temperature, le pressioni delle gomme e con i mini long run degrado e decadimento delle gomme. E' tutto pianificato e programmato per step, partendo come detto dalla funzionalità fino alla performance".

Sorprende che oggi tutte queste verifiche vadano fatte in tre giorni su una F1, con una giornata e mezza a disposizione per ciascun pilota.

"Vero, però bisogna dire che c'è un livello simulativo che fornisce un grande aiuto. Ci sono i banchi dinamici ed i simulatori, dove vengono messi alla prova tutti questi parametri. Successivamente si cerca la corrispondenza tra i dati della pista e quelli delle simulazioni. Se i dati collimano, si può crescere e migliorare la monoposto agendo direttamente sul simulatore. E' una sorta di circolo vizioso: quello che si trova in pista va confrontato con il simulatore, se questo è confermato si possono modificare alcune cose sul simulatore e cercare di ritrovarlo in pista. E' un girotondo che ha come ultimo fine quello ovviamente di migliorare il livello della vettura".

La convergenza tecnica sulle F1 2024 era prevedibile, ma lei si aspettava qualcosa di più o qualcosa di meno?

"Direi di no. L'identità per ognuna delle squadre viene comunque conservata, sono approcci diciamo filosofici all'interpretazione del regolamento. Tutto nasce da una comprensione molto profonda del regolamento, una volta metabolizzato dagli ingegneri si passa ad elaborare le strategie progettuali e si intraprendono certe direzioni. Il caso della Mercedes recente è emblematico, si è metabolizzato un regolamento scegliendo la strada delle pance rastremate che si è rivelata sbagliata, tuttavia loro ci hanno insistito anche l'anno successivo. Già nella seconda parte della scorsa stagione hanno fatto degli interventi, vedremo come reagiranno quest'anno. L'impostazione iniziale che deriva dalla lettura profonda dei regolamenti è molto importante per generare un tipo di vettura piuttosto che un'altra. Una volta intrapresa una strada poi non è facile interrompere il processo, non si può di punto in bianco dire 'copiamo la Red Bull e andiamo più forte', perché non è detto che avvenga. Altre volte invece insistendo per la propria strada di interpretazione si riesce a migliorare".

Dunque è possibile dire che per riprogettare una macchina si deve andare anche a rileggere il regolamento?

"Assolutamente sì. Osservando i concorrenti ci si pone dei dubbi, ed allora si va a rivedere il paragrafo di quell'area sul regolamento. A volte osservare la concorrenza fornisce altre chiavi di lettura e dunque si va a rivedere ciò che è stato fatto. Di solito non si parla dell'impostazione generale del progetto, si parla di dettagli, ma oggi il piccolo dettaglio fa la differenza. Un buon esempio di tutto ciò è stata McLaren, che ha capito al volo che la sua macchina era sbagliata e l'ha di fatto riprogettata dopo aver compreso che tra simulazioni e pista non c'era riscontro. A luglio la nuova macchina era pronta ed hanno fatto un salto prestazionale incredibile. Ciò significa che indipendentemente da ciò che fanno gli altri, pur osservandoli sempre, quando escono delle problematiche si fa sempre una sorta di reverse engineering, cioè si va a rivedere a ritroso i passi che hanno portato a quel tipo di progetto. Così si può capire dove si è sbagliato e risolvere i problemi, è una cosa che si può fare e McLaren lo ha dimostrato".

Da ingegnere, osservando i regolamenti tecnici delle principali categorie, tra F1, WEC, WRC ed altro, se fosse un capo progettista, quale sarebbe secondo lei il regolamento tecnico più stimolante dove avrebbe voglia di mettersi alla prova per disegnare un nuovo progetto?

"Devo dire la verità, nessuno. Fino a qualche tempo fa l'Endurance era il più sfidante, perché consentiva di avere in pista assieme un 4 cilindri, un diesel, un 8 cilindri, c'era insomma una varietà tecnica marcata. Quel regolamento poi è morto, segno che qualcosa evidentemente non ha funzionato. Oggi invece c'è meno libertà, restano i motori differenti ma sono fissate altre caratteristiche. Poi abbiamo la F1 all'estremo opposto della libertà, perché abbiamo cilindrata, cilindri, corsa del pistone ed angolo del motore fissato: ma perchè? Se sono bravo a fare un monocilindrico, per dire, perché non posso farlo? Perché non posso fare un motore piatto se non voglio il V di 90°? Ci sono troppi vincoli. Poi dipende anche dai punti di vista, ed a tal proposito ne ho parlato con Newey: per un ingegnere è più stimolante avere la libertà totale del foglio bianco oppure avere dei vincoli e provare ad infilarsi tra le pieghe del regolamento? Possono essere stimolanti entrambe le vie, forse il foglio bianco è più dispersivo, l'altra strada invece ti costringe ad essere uno specialista ed affrontare il dettaglio fino del particolare in quella particolare area. E' difficile trovare un bilanciamento tra le due, però secondo me la F1 dovrebbe avere qualche margine di libertà maggiore rispetto a quella odierna. Poi la fantasia e la capacità dei tecnici emergeranno sempre, questo è fuori discussione, ma quando i vincoli sono troppi il rischio è quello di avere macchine tutte uguali, e oggi c'è un'altra dimostrazione. Vincoli eccessivi portano a vetture decisamente troppo simili. Fossero tutte le nere, ed in buona parte già lo sono, non le riconosceremmo. Ci vuole un occhio molto molto attento".


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