Poche storie e zero dichiarazioni di prammatica: il Tricolore 2013 inizierà tra quasi un mese, ma intanto, salvo sorprese che per ora non appaiono all’orizzonte, sembrerebbe proprio avere in Umberto Scandola il vincitore già designato. Andreucci sarà alle prese con una stagione di transizione al volante della piccola Peugeot 208 R2 e in giro al momento non sono previsti annunci di altri programmi ufficiali di vertice, quindi la responsabilità derivante dall’indossare i panni del favorito d’obbligo è tutta sulle spalle del veronese della Skoda, chiamato a raccogliere quanto seminato lo scorso anno.
- Un peso o una faccenda che lo lascia indifferente?
«Favorito d’obbligo sì – mette le mani avanti il ragazzo veronese –
ma solo perché per il momento non sappiamo ancora chi ci sarà. Come mi sento in questa situazione? Non so se è perché per ora devo ancora calarmi nella parte del favorito, ma devo dire che al momento non mi dà alcun peso emotivo, non mi crea problemi. Anzi, credo che sia un aspetto che mi aiuterà a dare un qualcosa in più rispetto agli altri anni. Ecco, se devo fare una sintesi, direi che per adesso questa faccenda mi carica».
- Corri da parecchie stagioni ed hai molta esperienza. E il 5 dicembre compirai 29 anni: a questa età un rallista è da considerare giovane o vecchio?
«Guardando all’età media dei rallisti direi che a 29 anni si è ancora giovani. È, comunque, l’età alla quale un pilota inizia a raccogliere i frutti della sua esperienza. Se poi guardiamo in particolare all’Italia, allora direi che sotto i trenta si è giovanissimi, visto che molti a questa età hanno ancora tutto da dimostrare».
- Parliamo della squadra: tutto come nel 2012 o è in arrivo qualche novità?
«In linea di massima la squadra rimane quella dello scorso anno, anche se abbiamo due persone in più che ci aiuteranno. Hanno già lavorato con Skoda Motorsport, acquisendo una buona esperienza in Repubblica Céca. Si tratta di due tecnici italiani, di cui uno specializzato nelle trasmissioni. In passato seguivano la vettura di Mikkelsen».
- Per dare la caccia al Tricolore Costruttori servirebbe un compagno di marca “Under 28”, come prevede il regolamento per poter segnare i punti con due vetture...
«Sarebbe interessante – riflette –
ma il problema di fondo è sempre quello del budget. Per correre in un certo modo servono cifre importanti e farlo solo per partecipare non credo che sia la politica che interessa seguire a Skoda. Per questa ragione si è preferito allineare una macchina sola ma essendo sicuri di poterla far bene».
- Facciamo un passo indietro, all’episodio chiave del 2012: quando al San Martino di Castrozza tu e D’Amore vi siete trovati di fronte quella banda chiodata, in prova speciale: qual è stato il primo pensiero?
«Onestamente, sul momento non l’ho vista la banda chiodata. E l’ho notata solo riguardando il filmato. Lì per lì non capivo cosa fosse successo, non riuscivo a spiegarmi la foratura di entrambe le gomme anteriori. Però non mi davo pace, infatti sono partito a piedi e sono andato sulla strada, in cerca del qualcosa che poteva aver provocato il danno. Non ho trovato nulla, ma quando con il carro attrezzi ci hanno riportato ad inizio prova, i commissari mi hanno dato il chiodo. Lo aveva trovato un collega del capo prova, che lo aveva sentito rotolare dopo il passaggio di una macchina. Fino a quel momento avevo solo il dubbio, nessuna certezza».
- Nell’immediatezza qualcuno ha scritto che poteva trattarsi di pneumatici difettosi, voi lo avete mai detto?
«No, quello mai. Al limite, visto che sia io sia Guido tendiamo spesso ad assumerci anche responsabilità non nostre, possiamo aver pensato di essere partiti con una pressione delle gomme troppo bassa. Ma non abbiamo mai pensato ad una partita difettosa, né tantomeno lo abbiamo mai dichiarato».
- Le polemiche e il ricorso finale sulla classifica del campionato Costruttori non hanno un po’ minato un clima che sino a quel momento era stato decisamente più disteso?
«Minato? Dipende con chi – sorride –
perché per comprendere bene tuta la situazione bisogna ricostruire i fatti. Quando ci è stata assegnata la vittoria nel Rally di San Martino, è stata contestualmente cambiata anche la classifica Costruttori, mutando quella che era stata sino a quel momento l’interpretazione della regola. Così Skoda ha mandato alla Federazione una richiesta di chiarimenti, per avere una risposta ufficiale. Abbiamo atteso la risposta sino all’ultimo momento, ma questa non c’è stata. Solo a quel punto, per replicare a questo silenzio, è stato presentato il ricorso. Che, è bene chiarirlo, non è stato fatto nei confronti della Peugeot ma della Csai, che a tre quarti di stagione ha cambiato l’interpretazione del regolamento. E dire che al 1000 Miglia, quando io ero terzo ed Hanninen quarto, abbiamo posto il problema ai federali, per vedere, nel caso, di invertire le posizioni. Ci risposero che l’unica cosa importante era che vi fosse una vettura condotta da un Under 28 nei primi dieci, senza badare alle posizione».
- Eri nella squadra corse Abarth quando al vertice c’era Luca De Meo, oggi uno degli uomini chiave dell’operazione Volkswagen Polo Wrc. Siete rimasti in contatto?
«Sì, siamo rimasti in contatto – rivela Scandola –
. Ci scambiamo qualche mail e so che lui è informato della mia attività e della mia situazione».
- Sei un pilota del gruppo e sei in contatto con De Meo: si può sperare in qualcosa, sognare in grande?
«Sono molto razionale, sono cose che sulla carta potrebbero accadere ma non so proprio se mai succederanno. A volte serve un po’ di fortuna, quindi per ora è meglio non pensarci. E se il colpo di fortuna arriverà, tanto meglio...».
- Degli anni in Abarth cambieresti qualcosa ripensando soprattutto a quello che hai fatto?
«Onestamente, no. Penso di aver raccolto il massimo da quello che la situazione poteva offrirmi. Dall’Abarth ho avuto tanto, perché ci ho lavorato negli anni d’oro. Quelle dal 2006 al 2008 sono state stagioni importanti, con investimenti adeguati. Ho imparato tanto davvero e ho conosciuto persone speciali, con le quali ho avuto l’onore di lavorare».
- In tanti anni di corse, quali sono state la schifezza più grande e la cosa più bella che ti è capitato di vedere?
«Tralasciando gli incidenti gravi, dei quali non mi sento di parlare, direi che una cosa proprio brutta è stata quella che è accaduta lo scorso anno a Gamba a San Martino. Una faccenda del genere non si era proprio mai vista. Atti come quelli dei chiodi purtroppo si vedono da tempo nei rally, ma quella è stata una storia molto peggiore, un sabotaggio senza precedenti. La più bella? Ricordo un episodio accaduto in Sardegna quando correvo ancora nella Subaru Cup. Avevo rotto il cambio e non ne avevo uno di scorta. Eppure i miei meccanici, che poi sono gli stessi che fanno parte del team attuale, pur non avendo né i ricambi né la forza lavoro necessaria per completare l’operazione in tempo, iniziarono a smontarlo. Nel giro di cinque minuti arrivarono un cambio, prestatoci da Bertino, ed un sacco di persone ad aiutarci. Alla fine riuscii a terminare la gara, a prendere punti ed anche i premi di gara».
UMBERTO SCANDOLA, GIOVANE ESPERTO
In cerca della grande
chance
Nato a Verona il 5 dicembre 1984, il pilota di Skoda Italia Motorsport viene da una famiglia di rallisti. Pilota il padre, pilota lo zio, pilota pure il fratello, che ha praticamente lasciato il volante per seguire la carriera di Umberto. Dopo un paio di esperienze in salita, il debutto nei rally arriva nel 2003 con una Clio Rs. L’anno dopo Scandola si fa notare nella Subaru Cup e nel 2005 entra nella squadra ufficiale. È l’inizio della scalata che lo porta ad essere pilota Fiat-Abarth dal 2006 al 2009, stagioni in agrodolce nella quali corre poco e non ottiene grandi risultati, mostrando però un buon potenziale e indubbie doti. Nel 2010 e 2011 affronta il Cir da privato con la Ford Fiesta della A-Style e nel 2012 è secondo alle spalle di Andreucci con la Skoda Fabia S2000 del team creato a sua misura.
UMBERTO SI È ALLENATO IN MOTOSLITTA SUI MONTI LESSINI
Come
Alen e
Villeneuve
Un tramonto da togliere il fiato, visto dai monti Lessini, dopo una giornata passata a macinare chilometri sulla motoslitta in compagnia del fratello, dei familiari e degli amici più cari. È su queste montagne, nelle Prealpi Vicentine, dove la famiglia Scandola è di casa -
«abbiamo dei terreni e quindi ci è permesso usare le motoslitte», chiarisce Umberto - che il pilota della Skoda trascorre tanto tempo in inverno. Per divertirsi certo, ma anche per allenarsi perché la guida della motoslitta al limite è incredibilmente formativa anche per il pilotaggio delle quattro ruote. Per comprenderlo non è necessario scomodare il mito di Gilles Villeneuve, che proprio sulle motoslitte aveva vinto tutto prima di passare alle monoposto.
Anche un rallista doc come Markku Alen, e con lui altri ancora, è un cultore del traverso con i cingoli al posto delle gomme e il manubrio anziché un volante tra le mani:
«Facciamo anche 100 km al giorno e oltre, visto che giriamo tutta la Lessinia. È decisamente un buon allenamento, posso garantire che dopo una giornata in motoslitta, se non si è preparati, non ci si riesce a muovere per la stanchezza. Un conto è passeggiare, un conto è spingere forte. Ricordo che nel 2008, anno in cui venne tantissima neve, ci confrontammo sui km della stagione con Alen, che rimase meravigliato della qualità e della quantità dei nostri allenamenti».
IL TEAM L'HA AGGIORNATA COMPLETAMENTE
Fabia rifatta a nuovo
Smontata sino all’ultima vite e ricostruita da zero, come se fosse nuova. La Skoda Fabia S2000 di Umberto Scandola ha ricevuto, nelle scorse settimane una cura davvero radicale:
«La scocca non l’abbiamo sostituita – spiega il veronese –
ma l’abbiamo inviata in Repubblica Céca per un controllo approfondito. L’abbiamo riverniciata completamente e da quella base siamo partiti per ricostruire la macchina». Come?
«Tutte le parti meccaniche sono state sostituite con altre nuove, è stata cambiata ogni vite, ogni uniball, ogni ingranaggio». Un lavoro lungo?
«Vi si sono dedicate tre persone per circa tre settimane! Normalmente, per assemblare una macchina, ma con le parti meccaniche già pronte, occorre una settimana di lavoro in due. Ripeto, in questo caso si è trattato di un lavoro completamente diverso».
di Daniele Sgorbini
Da Autosprint n.8 del 26 febbraio 2013