C’è voglia di tenera creatività, nell’aria.
Di tornare a meravigliarsi, di guardare un’auto da corsa, chiudere gli occhi e sognare. Anni di regolamenti castranti, variabili azzerate dai computer e progettisti obbligati al braccino da alchimie millimetriche hanno banalizzato tutto. Peccato davvero. Un appassionato duro e puro a una macchina da competizione essenzialmente non chiede di vincere, ma di meravigliare. E d’essere indimenticabile. Sì, di restare per sempre un’emozione della quale può solo svanire l’adrenalina cristallizzandosi nella nostalgia. C’era una volta e ancora c’è il più antico dei supereroi umani: Batman. Bruce Wayne, miliardario di Gotham City al quale da bambino, davanti agli occhi, un criminale uccide i genitori. Da lì l’ossessione purificatrice di azzerare il male muovendosi con tecnologie da favola. E il suo mezzo preferito: la Batmobile. Belva che al regista Christopher Nolan, autore della recente trilogia cinematografica sul Cavaliere Oscuro, fa dire: «Non è solo una macchina pensata per combattere il crimine, è il veicolo definitivo prodotto dalla nostra immaginazione». E quando un amante delle corse vede a Le Mans, alla Dakar, a Indy o ogni dove un bolide nero, cattivo, pinnato e futuristicamente inquieto ad accenderlo di meraviglia, spalanca gli occhi, torna bambino ed esclama: «è una Batmobile». No, non è mica solo fuffa di poesia, questa. I rapporti tra il mondo di Batman e le corse sono stretti e sorprendenti, oltre che reciproci e biunivoci. Quasi a tornare a spiegare al nostro universo che in fondo gli eroi non sono sbaffi di china nel mondo dei sogni e le stesse macchine sublimandosi non servono solo a spostarsi più velocemente possibile, ma a rendere il loro stesso esistere ghirigoro del possibile, razzo oscuro che ci fa sorridere di lievità bambina.
Alle origini del mito
Intendiamoci, non è che il Cavaliere Oscuro creato da Bob Kane si sia trattato sempre di lusso. In fondo, nel maggio 1939, quando fa la sua comparsa sul periodico Detective Comics, si muove a turno su decapottabili color rosso o notte, stile “vengo a prenderti stasera con la mia Torpedo blu”. Se nei fumetti il suo mezzo evolve telescopicamente, nella realtà semovente dei telefilm i ragazzi di tutto il mondo s’affezionano soprattutto alla concept car derivata da una Lincoln Futura del 1955, roba che sembrerebbe pacchiana a un taxista cubano piuttosto che caprese o a un tamarro voglioso di sgommare la sera davanti al luna park. Fatto sta che nei giorni scorsi la prima vera Batmobile reale, capsula nostalgica degli Anni ’60, è stata battuta all’asta in Arizona alla rispettabile cifra di 4,2 milioni di dollari e allora ecco che i sospiri acquistano una loro stordente concretezza.
Voglia di Panoz
Ma è nel 1989, quando Batman rinasce per il cinema grazie al giovane regista Tim Burton, che viene sfornata dagli studios una nuova mammifera placentata metallica e da lì tutto cambia. E l’interazione con l’immaginario collettivo e perfino col mondo delle corse esplode seminando spore creative. Da Sebring 1997 il magnate farmaceutico Don Panoz stupisce il mondo con la sua Esperante muscle car Gt a motore anteriore-centrale che sembra trarre ispirazione dalla fiammante bestia nera del Dark Knight guidata dall’attore Michael Keaton, in questo caso mossa da un assordante Ford by Roush. E nella versione nera vista alla 24 Ore di Le Mans sotto le insegne della Dams, nella notte la Panoz, piuttosto delle avversarie, sembra porsi alla caccia del Joker o di chissà qual altro birbaccione. Ancora un paio d’anni e toccherà a un’altra Panoz pipistrellosa, la Lmp900, tuffarsi dagli orizzonti della serie Alms nelle tenebre della campagna francese, in versione roadster, per l’ultimo, inesausto ma sfortunato assalto alla vittoria di Mario Andretti.
Il diavolo nero di Ongais
Nelle corse americane di Batmobili se ne parla specie dagli Anni ’70, quando, al ritorno della serie Can-Am, nel 1977 Tom Klauser vince la prima prova al volante della stupefacente Dana Schkee Db1 derivata da una Lola T332C di F.5000 e adattata a linee aggressive, ipercarenate ed affascinanti. Nella serie americana toccherà alle profilatissime Frissbee rilevarne l’eredità di macchine che solo a guardarle fanno sognare, mentre nel 1983 la nera Escort Can-Am a guida disassata del gentleman driver Adam, farà gridare a una nuova revivescienza del Giustiziere di Gotham City. Poco male, perché già nel 1981 alla 500 Miglia di Indianapolis Danny Ongais, per gli amici “On The Gas”, aveva infiammato le tribune correndo a vita persa al volante della sua Interscope, balenottera color notte superprofilata, cattivissima e ipercarenata. Belva nata per ospitare il motore Porsche poi reso obsoleto dalla protezionistica Usac. L’hawaiano attacca alla grande prima di polverizzare la sua Batmobile in uno degli incidenti più spettacolari e raggelanti nella storia delle corse. Una delle esperienze più drammatiche vissute da un uomo restandone vivo. Okay, fa niente. Perché Danny non s’arrende e comunque resta nella memoria anche per quella ignorantissima, nerissima e aliena Lola T600 in versione Imsa, marchiata dal doppio zero della solita Interscope, scuderia del magnate cinematografico Ted Field al quale Batman piace non solo molto ma di più. La nerissima, sofisticata e avveniristica Allard 2Jx del biennio 1992-1993 a Le Mans, nell’endurance e nell’Imsa non combina niente di buono, eppure viene ricordata come una delle gruppo C più aggressive e originali, se non altro nell’aspetto. Una plausibilissima Batmobile, tanto quando altri due mezzi in grado di suscitare la curiosità innamorata dei race fans. Alla Parigi-Dakar 1981 desta sensazione al via la presenza del prototipo a 6 ruote concepito e guidato dal playboy Thierry de Montcorgé, griffato, sponsorizzato e ribattezzato col marchio del profumo Jules, che ben presto finirà in pezzi sulle prime pietraie algerine. Più fortuna incontra invece nelle alte quote del Colorado la cattivissima Palatov D4, nera come la notte di San Pietroburgo, all’attacco dei tornantoni con David Donner, tra i protagonisti nella Unlimited Class della Pikes Peak.
Le Batmobili cavalcano ancora
E proprio mentre la trilogia cinematografica del Cavaliere Oscuro è nel bel mezzo, la gara d’appalto in vista della IndyCar 2012 fa sbattere di nuovo le ali della fantasia, con la lotta a colpi di rendering tra Dallara e DeltaWing. Gli studi di fattibilità sbalordiscono, riaccendono il sorriso agli appassionati e alla fine è la Casa italiana a spuntarla col progetto della Dw12, anche se la DeltaWing aggiunge un posto a tavola, diviene prototipo e si gode l’invito e il debutto alla 24 Ore di Le Mans 2012, finendo speronata da una Toyota non prima d’aver fornito un magnifico show visuale, Gotham style. Ancora una volta, ormai da cinque decenni a questa parte, gli spettatori quando godono d’una macchina solo a vederla sfrecciare dicono in estarsi: «Sembra una Batmobile». E la DeltaWing, poi ben classificata alla Petit Le Mans, dal 2014 dovrebbe avere un futuro assicurato in una classe apposita della riunificata serie principale di gare endurance statunistensi.
Le corse visitano a Batman
Eppure il viaggio più sorprendente e strabiliante è quello inverso, concepito dal mondo delle corse nella dimensione fantastica di Batman, grazie non solo a piloti e progettisti. Ma andiamo con ordine. Nel 1989 il driver italo-inglese Valentino Musetti, con esperienze in F.1 nella serie Aurora, in F.2, in F.3000 e nel Mondiale marche, prende parte da stuntman 2011 - batmobile gordon murray spettacolo teatrale 2002 - panoz us army 12 ore di sebring 2010 - red bull x2010 show car virtuale pure murray È designer di una vera batmobile! Sopra, al centro, la Batmobile show car realizzata nel 2011 da Gordon Murray, artefice negli Anni ’80 delle Brabham iridate e della quasi imbattibile McLaren Mp4/4. In alto, il Tumbler di Batman sfida la Toyota di Formula 1 in un’esibizione a Silverstone nel 2008 37 al film di Tim Burton, figurando anche come attore nel ruolo di uno dei componenti della banda di Napier. E negli ultimi anni lo stuntman re della Batmobile è il pilota britannnico Ben Collins, classe 1975, già veteramo del Btcc e per tre volte al via della 24 Ore di Le Mans. E questo è niente. L’ultima delle Batmobili, l’avveniristico Tumbler, deve molto alle dream car, essendo concepito come incrocio e ircocervo tra una Lamborghini e un Hummer. Non è un caso, quindi, che proprio un Tumbler da due tonnellate e mezzo si sia misurato a distanza di quattro anni in esibizioni promozionali a Silverstone, contrapposto alla Toyota e poi alla Lotus di Formula 1.
La Batmobile di Gordon Murray
C’è dell’altro, perché nel 2011 nello spettacolo teatrale “Batman Live”, andato in scena in Inghilterra, a stupire è stata la più nuova e avveniristica Batmobile, disegnata nientemeno che dal leggendario progettista sudafricano Gordon Murray, già autore delle Brabham iridate nel 1981 e nel 1983 con Piquet e dell’invincibile McLaren Mp4/4 condotta al titolo nel 1988 da Ayrton Senna. «È stato qualcosa di fantastico e d’innovativo: finalmente ho potuto dare libero sfogo alla fantasia - ha dichiarato Murray -, creando un incrocio tra i miei ricordi d’infanzia e una F.1». A ben guardare c’è perfino qualche rassomiglianza tra la creatura di “Mister Genius” e quella concepita poco prima dall’altro nuovo geniaccio del Circus, Adrian Newey con la sua Red Bull X2010, vettura estremissima e virtuale per il gioco Ps3 “Gran Turismo 5” poi prodotta anche come show car. Sono queste le monoposto che entusiasmano davvero ogni volta che le vedi, evitando la noia di certi vernissage delle F.1 nei quali per scovare la minima novità ci si deve accanire su un gradino in più o in meno nel muso, piuttosto che per il profilo cambiato a mezzo nolder. E a elettrizzare potrebbe essere financo altro, dal momento che non tutti sono a conoscenza della grande passione di Batman, nelle vesti del miliardario Bruce Wayne, per le corse. In fondo la sua attualissima fortuna nasce dalla grafic novel “Il ritorno del Cavaliere Oscuro”, pensata nel 1986 per la DC Comics da Frank Miller, l’autore di “300” e di Sin City. Ebbene, l’epico racconto inizia proprio con Mr. B, al secolo Bruce Wayne, che esce miracolosamente vivo da un gravissimo incidente nel corso di una corsa automobilistica della quale si stava rivelando protagonista, al volante di una delle sue belve prodotte dalla Wayne Enterprires. Già, un po’ come fece Danny Ongais a Indy 1981. Passano i decenni, s’alternano le generazioni e, al di là delle imprese e delle vittorie, grazie alle Batmobili reali e presunte prosegue l’infinita storia d’amore tra chi sogna tramite le macchine e il Razzo Oscuro che volle farsi sogno.