Sostenere quarant’anni dopo che la Tyrrell 006 fosse filosoficamente democristiana, sarebbe esagerato. Di certo, però, nel 1973 comandava lei facendo rispettare l’ordine costituito, che vedeva Jackie Stewart premier di una coalizione formata dallo “Zio Ken” ai box, da Derek Gardner al tavolo da disegno, dal promettente Francois Cevert gregario in pista e dai finanziatori francesi della Elf in veste di ministri col portafoglio.
Un monocolore blu che nessuno avrebbe mai più dimenticato. Imperante nel bel mezzo del Circus, a tenere a bada i Neri Fittipaldi e Peterson, incavolatissimi con le Lotus 72 Jps, e i Rossi Ickx e Merzario, sulle Ferrari, quest’ultime mai così in crisi.
Certo, ci sono monoposto avveniristiche, che cambiano un’epoca, esistono quelle estreme che la rivoluzionano e accanto a loro brillano e vengono ricordate anche quelle che si fanno strada semplicemente perché vincono. La Tyrrell 006 è una di queste. Centrista, razionale, moderata. Né reazionaria né golpista.

Tendenzialmente affidabile. E a suo modo originale. Con quel musone avvolgente che rappresenta uno schiaffo alla purezza aerodinamica delle Lotus cuneiformi, coi radiatori laterali e la presa d’aria a trombone periscopico, il cosiddetto airscope, che è tra i primi a inaugurare il vezzo delle bocchette ultragenerose per iniettare più aria possibile sulle trombette d’aspirazione dell’ormai classico Cosworth Dfv 8 cilindri, la pietra filosofale dei garagisti, quelli che il motore 12 cilindri Boxer manco se lo sognano.
E poi c’è quell’alettone posteriore grande come il cassetto di un tipografo, a rendere il tutto non solo armonico ma pure piuttosto cattivo, all’impatto visivo. Col dovuto ossequio alla nuova struttura deformabile in caso di crash, divenuta obbligatoria dal Gp di Spagna ’73 al Montjuich.
La 006 sostanzialmente è una evo dolce della 005. Debutta a fine’72 e gradualmente sostituisce il vecchio telaio. La 005 resta così l’ultima Tyrrell a essere costruita in un solo esemplare, viene portata ai Gp per tutto l’anno come muletto e a fine stagione è affidata al terzo uomo, Chris Amon.

Sia chiaro: il mondiale lo perde la Lotus. Le 72 di Fitti e Peterson, se Chapman avesse le idee chiare, potrebbero far bocconi delle 006, ma in realtà i due finiscono col rubarsi punti l’un l’altro, facendosi una guerra che il boss del team alimenta piuttosto che sopire. Tutto il contrario di casa Tyrrell, dove Cevert sembra un ciclista che corre col tubolare a tracolla per aiutare il suo capitano. Tanto, lo dicono tutti, Jackie a fine stagione smetterà per sempre con le corse e il promettentissimo Francois, l’uomo che vanta un invidiabile flirt con Brigitte Bardot più mille altre, o, se preferite, il sorriso più bello in tutta la storia dell’automobilismo, prenderà il suo posto al timone, quindi che frettà c’è? Detto questo, il punto forte della maneggevolissima, agile e veloce 006 è l’affidabilità.
In tutto l’anno Stewart ha un problema a un disco-freno in Spagna, un guaietto al cambio a Silverstone e rompe un motore nel warm-up del Gp d’Italia. Nient’altro. La 006 è un maglio, un rullo compressore, viaggia con la imperforabilità computerizzata di una monoposto di quattro decenni dopo.
Con essa il 33enne Jackie Stewart - un giorno destinato a diventare Sir nonché Costruttore F.1 race winner -, tocca traguardi semplicemente leggendari, sconosciuti a qualsiasi pilota precedente.

Quali? Be’ dunque, vincendo in Belgio eguaglia le 24 vittorie in F.1 di Juan-Manuel Fangio, quindi sbancando il Gp di Montecarlo aggancia Jim Clark coi suoi mitici 25 centri. E trionfando in Olanda, nel giorno del tragico rogo di Willimson, s’invola in vetta alla graduatoria dei più vincenti di tutti i tempi, portando il primato a 27 Gp, con la perentoria affermazione sulla terribile Nordschleife del Nurburgring.
Ciascun weekend di gara diventa una festa: dopo un 2° posto in Austria, il 9 settembre, al termine del Gp d’Italia vinto da Peterson, il manico di Monza, Jackie Stewart festeggia il terzo titolo mondiale.
Dopo la gara di Mosport, lo scozzese, al Watkins Glen, ha già pronti i pasticcini per salutare tutti, al termine di quello che dovrebbe essere il suo 100° Gp, con la conquista del trofeo Costruttori per la Tyrrell. Due cose che non succederanno mai. Perché nelle prove l’attenzione si sposta su Cevert, che le prime voci danno per protagonista di uno spaventoso incidente nella velocissima sezione delle “Esse”, a filo rail. Non ci sono cedimenti meccanici evidenti. Il telaio è quello nuovissimo, mentre il francese era salito in macchina dolorante alle caviglie, dopo un crash in Canada.

Già, Francois, al quale tanti anni prima una zingara aveva previsto che non sarebbe mai arrivato a compiere 30 anni. Muore così, il francese, a 29 anni d’età. Col numero 6 che si ripete tante, troppe volte per non essere notato come simbolo sfortunato. Cevert se ne va il 6 ottobre mentre guida la 006 dotata di numero di gara 6 e un motore Cosworth che ha il numero di matricola 066.
La festa è rovinata, l’addio di Stewart mesto e anticipato d’un giorno, mentre il titolo Costruttori della Tyrrell viene praticamente ceduto alla Lotus e la 006 termina qui la sua carriera da protagonista assoluta.
La attende un inizio di stagione 1974 in sordina, guidata dai nuovi piloti del team Patrick Depailler e Jody Scheckter, nell’attesa di venir sostituita dalla 007 e chiudere un’epoca gloriosa.

Quella del monocolore blu, del sorriso cavallino dello “Zio” Ken, dei cinque trionfi di Jackie, delle tre doppiette in Belgio, Olanda e Germania e dei due piloti che scrivendo pagine scintillanti di storia ebbero anche la meravigliosa sensibilità d’essere amici veri.
per lo scozzese fu la tyrrell dell'ultimo hurrà
perfetta per vincere
Nel 1973 Stewart si esaltò guidando la 006, con la quale a Monza ebbe la certezza del terzo titolo. Poi l'amarezza per la morte di Cevert
«La stagione 1973 è stata la più intensa della mia carriera e anche l’ultima» - ricorda Jackie Stewart.
«Mixed emotions: ansia, sfida, esaltazione e, infine, purtroppo la tragedia dell’amico Cevert».
Nella sua recente autobiografia “Winning is not enough” il campionissimo tratteggia un’annata difficile, iniziata al volante della Tyrrell 005 con piazzamenti a podio in Argentina e Brasile:
«Non potevo che seguire Fittipaldi e la Lotus, in forma irresistibile. A Buenos Aires eravamo competitivi, ero in testa dalla partenza, ma per una foratura giungo 3°, dietro al mio compagno Cevert. Niente da fare per la mia 005 a Interlagos, dove Emerson spopola con la sua 72. Così per me acquista grande importanza il Gp del Sudafrica».

A Kyalami, però, Stewart incappa in prova in uno dei più brutti incidenti della sua carriera:
«Vado a frenare alla curva Crawthorne, ma sulla 005 non succede niente. Prendo una botta fortissima e per fortuna resto incolume. Posso partecipare solo agli ultimi minuti di qualificazione con la nuova 006, con la quale ottengo il 16° posto sullo schieramento. La gara del debutto con questa vettura scaccia tutti gli incubi, perché rimonto fino ad andare a vincere: non potrebbe esserci inizio migliore».
E siamo alla quarta gara 1973, in Spagna:
«La 006 continua a correre più che bene, eppure è ancora una volta un guasto ai freni a rovinare tutto. Stavolta mi costa la vittoria e sono costretto al ritiro. Però si apre un periodo positivo, con due vittorie consecutive, a Zolder e Montecarlo. Nella corsa del Principato sono in testa tranquillamente e nel finale rallento ma poi vengo raggiunto dal solito Fittipaldi, così devo approfittare del doppiaggio del mio compagno Cevert, che nelle prime fasi aveva avuto un problema a una ruota ed era rimasto attardato. Francois rende difficoltoso il sorpasso a Emerson. Quel tipo di gioco di squadra era ancora possibile, oggi no».

La metà stagione per Jackie e la 006 si rivela difficile:
«Perdo terreno sulle Lotus, finendo 4° in Svezia e 5° in Francia e col team facciamo di tutto per piazzare la zampata a Silverstone, nel Gp di Casa. Infatti al primo giro sono in testa ma dietro di me scoppia l’inferno con una collisione multipla che blocca la corsa con bandiera rossa. Al restart capisco di avere problemi al cambio, tanto che alla curva Stowe mi entra la seconda invece della quarta marcia e la vettura parte per prati. Perdo un sacco di tempo fermandomi pure ai box, torno in gara e mi devo accontentare di un 10° posto che non serve a niente».
Si avvicinano i due weekend caldi, determinanti nella rincorsa iridata e Jackie non sbaglia un centimetro:
«In Olanda la macchina è perfetta e vinco superando il record di vittorie di Jim Clark. Ma su tutto grava l’ombra dell’incidente mortale di Roger Williamson, a seguito delle insufficienti misure di sicurezza mostrate in mondovisione durante il disperato ed eroico tentativo di salvataggio ad opera di David Purley. La corsa dopo, in Germania, sulla Nordschleife, le 006 sono di nuovo perfette e io e il mio compagno Cevert mettiamo a segno una fantastica doppietta. Con Francois il rapporto è stato sempre perfetto. Non è solo uno che corre con i miei colori, ma un pilota che stimo molto e soprattutto un amico. Il secondo posto al Gp d’Austria è un altro bel passo avanti verso il titolo. Ormai la decisione di ritirarmi dalle corse a fine stagione l’ho presa, anche se non dico niente, per il momento, a Ken Tyrrell e neppure a mia moglie Helen».

Monza si rivela tracciato decisivo:
«Nel weekend del Gp d’Italia ho l’influenza e nel warm-up della domenica, per la prima volta nella stagione, il mio motore cede e i meccanici sono costretti a fare acrobazie per montarne uno nuovo in tempo per la gara. La gara mi vede svantaggiato per una foratura nei primi giri, che mi fa piombare in 20esima posizione, ma da lì in poi mi produco in una gran rimonta che mi vede finire al 4° posto. La gara la vince Pereson con la Lotus, che resta davanti a Fittipaldi negandogli ogni chance di continuare a inseguirmi nella lotta al titolo. La rivalità tra i due e la decisione del brasiliano di lasciare la squadra a fine stagione mi aiutano, così appena raggiungo il pit Ken Tyrrell con un sorriso mi dice che ho appena vinto il mio terzo titolo iridato. Mi restano due gare».
Il confusissimo Gp del Canada, che vede il primo utilizzo della safety car nella storia della F.1, vede Stewart intruppato in quinta posizione con una tornata di distacco da Revson, proclamato vincitore tra mille dubbi sulla veridicità del contagiri, andato in tilt.
Manca Watkins Glen, l’ultima gara di Stewart in F.1:
«La morte di Cevert in prova rovina tutto. Appena passo sul luogo del crash capisco la situazione. Successivamente appuriamo che l’incidente non è dovuto a un cedimento tecnico, ma non me la sento di correre. La mia carriera finisce lì ma non il mio rapporto con la 006, vettura che malgrado tutto mi ha lasciato un bel ricordo e che nei revival guido sempre con piacere».
Affidabilissima e razionale
La Tyrrell 006, spinta dal Cosworth, puntava sulla semplicità costruttiva
LA SCHEDA TECNICA DELLA 006
Telaio: Monoscocca in alluminio
Motore: Ford Cosworth DFV 3.0 V8
Trasmissione: Hewland TL 200
Dimensioni e pesi
Passo: 2386 mm
Peso: 578 kg
Carburante: ELF Aquitaine
Pneumatici: Goodyear
francois ebbe il crash con la 006 più fresca
cevert morì col telaio 3
Di regola accanto alle due 006 fu tenuto come muletto la 005. Il debutto della nuova scocca coincise con la tragedia del francese
La Tyrrell 006 nella storia della Casa britannica rappresenta un significativo passo in avanti, non fosse altro perché è la prima monoposto dotata di numeri di serie multipli. Prima di essa per ciascun telaio la sigla era anche quella del numero di matricola.
Quindi, per spiegarlo in termini più semplici, la 001, la 002, la 003, la 004 e la 005 furono costruite ciascuna in un unico esemplare, mentre la fatidica 006 viene realizzata a partire dal 1972 in tre diverse monoscocche.
Si tratta di un logico e razionale sviluppo della 005, che costituisce una base su cui impiantare l'evoluzione della specie. È Francois Cevert a portare al debutto il telaio numero 1, in occasione del Gp del Canada 1972, a Mosport. Il francese sarà poi l'esclusivo depositario di questa vettura fino al Gp del Canada dell'anno successivo, quando la usa per l'ultima volta in gara, dopo averci disputato in tutto 15 Gp. Solo una volta Cevert cede la monoposto al caposquadra Stewart, nel Gp del Sudafrica 1973 e lo scozzese ottiene una vittoria, l'unica nella carriera della 006 telaio 1.
Quanto allo stesso Stewart, la sua Tyrrell di riferimento è la 006 telaio 2, con cui inizia a correre, vincendo, nell'International Trophy di Siverstone dell'8 aprile '73, gara non valida per la serie iridata, e che conduce in tutta la sua stagione che gli regala l'ultimo titolo mondiale, con appunto l'eccezione del Gp del Sudafrica.
La 006/2 continua quindi la sua carriera anche nel 1974, affidata a Scheckter e infine a Depailler, prima di concludere la sua lunga vicenda agonistica dopo il Gp di Francia, ormai sostituita dalla nuova 007. È allora che Ken Tyrrel cede una delle sue monoposto più gloriose al suo pilota preferito Jackie Stewart. Lo scozzese a tutt'oggi quando può ci scende in pista in occasione di revival, mentre generalmente la monoposto è esposta presso il museo di Donington.
Ben diversa purtroppo è la storia del terzo e ultimo telaio 006 prodotto dalla Tyrrell. Esso viene utilizzato per la prima e unica volta in prova al Watkins Glen. Ed è proprio al volante della 006/3 che Cevert ha l'incidente mortale nella sezione delle "Esse".