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Non solo Gilles: in Canada ricordiamo anche Alboreto

Dopo il trionfo di Vettel e della Ferrari, oltre ai riferimenti a Gilles e Schumi è giusto celebrare anche il trionfo a Montreal dell’italiano nel 1985

Non solo Gilles: in Canada ricordiamo anche Alboreto

Mario DonniniMario Donnini

12 giu 2018 (Aggiornato alle 12:27)

Certo che è stato bello domenica veder trionfare Seb Vettel in un Gp del Canada stradominato e bellissimo sentirlo omaggiare il passato glorioso e indimenticabile della Ferrari.

Con tutti, giustamente, a ricordare i quarant’anni dal primo successo in F.1 di Gilles Villeneuve e a sottolineare i quattordici anni di scarto con il precedente successo canadese della Rossa con Michael Schumacher, peraltro esatrionfatore a Montreal. Viva la storia della Rossa, dunque. 

Tutto giusto e tutto bello, con Seb che mai come nel dopogara si è messo a parlare italiano, e Arrivabene che cantava l’inno da puro patriota, solenne come un fuciliere del battaglione San Marco.

A questo quadro stupendo non c’è nulla da togliere, in un pomeriggio memorabile che ha riportato Seb e il Cavallino Rampante in testa al mondiale. Piuttosto, c’è solo qualcosa da aggiungere, di sentimentalmente, emotivamente e nostalgicamente importante.

In Canada la Ferrari è una Casa che ha vinto tanto, 12 volte, seconda solo alla McLaren con 13. E allora giusto spazio anche ai centri di Jacky Ickx nel 1970 a Mont Tremblant, di René Arnoux a Montreal nel 1983, di Jean Alesi nel 1995, l’unico nei Gp, per lui. Ma con queste e sopra queste ce ne è una che va ricordata con commovente senso di giustizia e rimpianto per ciò che poi avrebbe potuto e dovuto essere ma non fu: il trionfo del grande Michele Alboreto nell’edizione 1985, nell’anno in cui la Ferrari sfidava - allora come oggi - una monoposto dotata di un motore tedesco ritenuto invincibile, il Tag-Porsche V6 turbo in luogo della powertrain Mercedes d’oggidì.

Era una Ferrari molto diversa da quella d’oggi, col suo fondatore ormai 87enne e comprensibilmente meno al timone, con Mauro Forghieri ormai a bordo campo e tante piccole e grandi lotte in atto per raccogliere le investiture più prestigiose. 

E fu così che in quella situazione strana, di delicatissima transizione, che ben presto sarebbe diventata l’antipasto di una gravissima crisi d’affidabilità meccanica, di consistenza tecnica e di solidità politico amministrativa, Michele Alboreto riuscì a emergere come punto di riferimento generoso e non sporadicamente vincente. Dopo tre secondi posti a inizio stagioone 1985 fu proprio la vittoria in Canada a lanciare la sua candidatura iridata, ben presto doppiata dalla grande affermazione al Nurburgring. Prima che il crollo tecnico della Rossa gli distruggesse la seconda parte della stagione e anche l’unica vera occasione della carriera che si presentò a Michele di diventare campione del mondo.

Così il successo di Vettel che riporta la Rossa al top, al di là del giusto fascino dell’anniversario, offre anche la stupenda chance di ricordare, oltre a Gilles e Schumi, una terza figura amatissima e rimpianta tra i tifosi dal cuore Rosso: Michele Alboreto. Un grande pilota, un ragazzo stupendo, una bella persona.

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