Per favore, niente prediche in F.1 dai Mercedes boys

Per favore, niente prediche in F.1 dai Mercedes boys

Le polemiche dopo il contatto tra Raikkonen e Hamilton ci possono stare, ma a Silverstone il team di Wolff a caldo è parso fin troppo incline al vittimismo aggressivo

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10.07.2018 10:34

Passano le ore e la vera novità di metà stagione, quella che si proietta nel futuro prossimo del campionato, non è tanto nel risultato del Gp di Gran Bretagna - lietissimo per Vettel e la Rossa -, ma nel clima piuttosto rovente instauratosi nel post Silverstone, tra la Challenger Ferrari e la Defender Mercedes.

In verità son bastate due toccate, la prima di Vettel a Bottas dopo il via a Le Castellet e la seconda di Raikkonen a Hamilton alla terza curva della gara di Silverstone - peraltro in entrambi i Gp asetticamente e dovutamente sanzionate da altretanti penalty della direzione gara -, per scatenare una vera e propria bufera mediatica semiufficiale da parte di rappresentanti della Stella a Tre Punte, a turno apparsi più o meno piccatissimi.

Prima il tecnico James Allison, ex Ferrari, a Sky inglese, quindi lo stesso Hamilton nel dopo gara, sulle prime poco incline a accettare qualsiasi tentativo di chiarimenti o scuse da parte di Raikkonen - tanto che è già epico l’intevento su Instagram di Minttu, moglie di Iceman, rivolta a Lewis con un bel “Se piangi come una ragazza quando perdi, datti al balletto #tantoperdire” -.

In ultimo, meno male, Hammer è sembrato molto più sereno e pronto a archiviare la faccenda. Infine, lo stesso Toto Wolff, timoniere del team argenteo nei Gp, per una volta è parso meno brillante, signorile e gentleman del solito, anche se poi ha fatto di tutto, con intelligenza, per smentire che ci sia un accusa diretta e ufficiale d’intenzionalità da parte della Mercedes circa i comportamenti in pista dei piloti ferraristi, in particolare di quello di Raikkonen a Silverstone.

Meglio così, perché in un campionato di ventuno gare non sarà certo una toccata all’ottavo e al decimo Gran Premio a risultare decisiva. Al contrario, sarebbe proprio il mettere in dubbio la credibilità del rivale a minare il fondamento stesso di una sfida peraltro a oggi tesa, vibrante e bellissima. In poche parole, il team Mercedes in questa faccenda presumibilmente e legittimamente ha qualcosa da recriminare, ma anche nulla da insegnare agli altri. A parte le frequenti intemperanze di Verstappen il quale in F.1 fa caso a sé, se c’è stata una squadra che in pista non è riuscita a disciplinare e a tenere a freno i suoi piloti, quella è stata proprio la Mercedes. Con vari contatti rusticani tra i suoi stessi alfieri e una vera e propria odissea di volute intemperanze tra Rosberg e Hamilton, culminata col finalone di Abu Dhabi 2016, quando tra Lewis e il suo muretto ci fu una totale assenza di dialogo e una secca discordanza d’intenti, mentre il mondiale scivolava, peraltro senza demerito, nelle mani di Nico Rosberg. Il quale, stufo del clima insostenibile nel team e pago dell’iride in saccoccia, s’affrettava, pochi giorni dopo, a salutare la compagnia per sempre, piantando baracca, iride e burattini.

In altre parole, Toto Wolff farebbe bene a mostrare ai suoi il secondo giro del Gp Belgio 2014, quando Rosberg attacca il compagno Hamilton al termine del rettifilo del Kemmel e la vettura del tedesco tocca la gomma posteriore sinistra dell’inglese, forandola, mentre Nico ne esce col muso danneggiato. Niente male il harakiri di Barcellona 2016 con entrambe le Mercedes che fanno l’autoscontro finendo la gara subito ammaccate a bordo pista, rientrando a contatto già in Austria, nello stesso anno (10” di penalità a Rosberg).

Poi l’anno scorso si va a Baku e, pronti-via, Bottas butta a muro il ferrarista Raikkonen, mentre Hamilton - lui, già spettacolare investitore a fine corsia box di Raikkonen medesimo in Canada 2008, quando Kimi il Rosso sceso di macchina si limitò glaciale a indicargli il semaforo rosso - fa l’elastico provocatore a Vettel sotto safety, che abbocca, lo tampona, parte per la tangente e gli rifila una botta laterale, a mo’ di fallo di frustrazione. Apriti cielo. Cioè, dai. Non facciamo i perfettini e i verginelli, che vergini in F.1 manco lo si è al debutto, su. Chi è senza peccato scagli il primo nolder.

Per questo Maurizio Arrivabene è stato lì lì per sbottare ai microfoni di SkySportF1 ed è per tale motivo che le polemiche inutili, il clima invivibile e l’atmosfera di terrore da Cid - nel senso di modulo assicurativo, non di Campeador nella guerra coi mori -, non devono rovinare un mondiale sempre più appassionante e incertissimo. Siamo a dieci Gp corsi su ventuno e in questo momento la sola cosa da non mettere in dubbio è la credibilità della sfida e dei comportamenti dei principali protagonisti.

Fino a prova contraria, Kimi Raikkonen può avere anche delle colpe in vita sua, chissà, ma non certo quella d’essere provocatore, speronatore seriale in pista o pilota capace d’andare avanti a forza di dolose fallosità. Men che meno Vettel, che dagli autoscontri ha tutto da perdere, e la stessa Ferrari di Arrivabene, da sempre sinonimo filosofico di testa bassa & pedalare, senza mettere la pompa in mezzo ai raggi a nessuno. Quanto alla Mercedes della premiata ditta Lauda & Wolff, il blasone del team e dei rispettivi curricula rende certi che i due sapranno assumere gli atteggiamenti più giusti e adeguati, quand’anche il ruolino assicurativo turboibrido dei loro piloti, passati e presenti, non li autorizzi a far prediche o a intentar reprimende.

Buon mondiale a tutti. 


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