Con una macchina non più al top dei top, Lewis perde e a volte sbaglia, perché non è un alieno ma solo il più bravo tra gli umani
No, cioè, va bene tutto, però io dal Red Bull Ring uscirei con una considerazione sola, ma semplice semplice e anche interessante, penso. Ovvero questa: che fine hanno fatto tutti quelli che magnificavano l’imbattibilità, la classe sopraffina, l’inarrivabile acume tecnico-tattico e la superiorità di guida di Lewis Hamilton? Hanno ancora domicilio certo e riconoscibilità dialettica tutti coloro i quali fino a ieri sostenevano che la Mercedes nella sua superiorità di questo settennato tanto, tantissimo doveva al fattore Hammer?
Davvero ancora lo pensano, oppure la realtà che si presenta in questo momento è importante perché rettifica, aggiusta, lima e fa perequazione su certe valutazioni esagerate, espresse fino a poco tempo fa? Io dico che è proprio così. Giunti a questo punto del mondiale, comunque vada, alcune considerazioni diventano possibili e praticabili e riequilibrano molto certi giudizi che imperavano fino a poco tempo fa.
Tanto per cominciare, è vero che Lewis Hamilton è senza dubbio il più forte pilota dell’era contemporenea della Formula Uno, oltre che il più vincente, blasonato e prestazionale, sia in qualifica che in gara, punto. Guai a chi pensa il contrario. Però l’ascesa per niente resistibile di Max Verstappen e della Red Bull motorizzata Honda dimostrano che di fronte a un avversario stupendo, coriaceo, velocissimo e a un team rivale dotato finalmente di assetto giusto, cavalleria adeguata e affidabilità sopraffina, perdere può diventare possibile e perfino inevitabile.
Perché in questa Formula Uno l’uomo conta tanto, tantissimo, ma la macchina vale e influisce ancora di più e, finalmente, aggiungo, il Verstappen che fino al 2020 poteva dar fastidio solo in certe occasioni, ora è diventato l’uomo in fuga, il castigamatti e, ovviamente, la Red Bull-Honda la combinazione da battere. Perché l’automobilismo moderno è fatto così: prima ancora di cercare di capire chi è il più forte, vale la legge che la macchina conta infinitamente più dell’uomo. Il passo ulteriore è di sintonia fine e tocca a esperti e ingegneri capire come, perché e di quanto la Red Bull ora sia più valida della Mercedes, ma di fatto la squadra di Toto Wolff adesso non è più la regina del Circus, la dominatrice, la cattiva e spietata mistress delle prime sette stagioni del turboibrido. Quindi? E allora? Dove voglio andare a parare?
In un approdo molto rispettoso per Lewis Hamilton ma anche, allo stesso tempo, un tantino ridimensionante rispetto a certe odi sperticate, rapite, innamorate e quasi estaticamente devote. Per dire quanto segue: attenzione, perché un Max Verstappen maturato, tetragono, aggressivo, senza requie e ormai per niente incline alla sbavatura e all’errore, dimostra, unito alla Red Bull più forte degli ultimi otto anni a questa parte, che perfino la Mercedes e con essa Lewis Hamilton diventano battibili. Perdenti mai, ma vulnerabili adesso sì.
E quando nelle corse, come nella vita, perdi improvvisamente le certezze su cui eri ormai abituatissimo a contare ecco che arrivano i primi svarioni nella gestione tattica, con strategie discutibili ed errori al muretto box (non in Austria, ma, per esempio, in Francia) e, a proposito dello stesso Hamilton, pure il comportamento del campionissimo diventa diverso.
Le pole improvvisamente son beni rari e rarefatti, le dichiarazioni minimaliste, furbine e disorientanti si trasformano in lamentini sinceri, lo sguardo da sgamato gestore mediatico diventa un po’ disorientato e la piega del sorriso da aperta e perlacea si fa contratta, tirata. E a Baku un dritto fa andare tutto storto, dopo un Gp Monaco da dimenticare. In altre parole, bentornato tra gli umani, Lewis Hamilton. Queste recenti gare, appunto Baku compresa e Montecarlo non esclusa, dicono una cosa semplice: resti il migliore degli umani, il più bravo tra i ragazzi che negli ultimi quindici anni hanno corso e corrono in Formula Uno, ma non è vero che sei prodigioso e infallibile.
E l’età non c’entra niente, perché i tuoi trentacinque anni li porti alla grande, sei un pilota integro e un uomo assolutamente fresco, dalla personalità definita e dalla classe provata. Sei ancora un pugile dal nasino all’insù, non hai mai preso colpi demolenti e vanti un curriculum specchiato.
Però, ora è certo, uno come Verstappen lo soffri terribilmente, adesso che la Red Bull-Honda è diventata una bestia strana e mordace, affidabile e cattiva sempre, ogni domenica, su quasi tutte le piste. Così viene tanto da pensare che quei tuoi numeri da supercampione in quota cento, sia a proposito o di pole position che di vittorie (novantotto, per la verità), in una situazione epocalmente più equilibrata negli anni e senza questa specie di monomarca che è stato fino ad oggi la formula turboibrida, sarebbero completamente diversi e, letti così come sono ora, dicono qualche sonora bugia.
Perché l’aritmetica che ti dà forte otto volte più di Alberto Ascari, sette volte Stirling Moss e tre volte più di Clark magari qualche cavolata la spara e mica piccola. Forse con un compagno di squadra alla pari avresti perso molto più del mondiale che ti ha ghermito Rosberg nel 2016, visto che a parità di McLaren anche Button aveva concluso una stagione davanti a te, no? Ecco, io da un weekend come il primo del 2021 al Red Bull Ring esco con una sensazione serenissima e duplice: mi cala totalmente la credibilità per il presunto extraterrestre Lewis Hamilton e mi aumenta molto la simpatia per l’uomo che porta lo stesso nome.
Anzi, il primo penso non sia mai esistito, mentre il secondo, di fatto, ha vinto meno Gp e vanta meno pole del suo avatar invincibile al volante della imprendibile e stellare Mercerdes, però alla fine è lo stesso che adesso sta dando tutto per cercare di contrastare il capofila del mondiale, al volante di una monoposto ora di sicuro un tantino inferiore alla Red Bull. La verità? È ancora presto e impossibile dire chi vincerà il moindiale, ma un primo verdetto - e fondamentale -, questo sorprendente campionato 2021 lo ha già dato. Hamilton non è ET. È solo - e ti pare poco - un umanissimo fuoriclasse. Con tutti i pregi dei fuoriclasse e i difetti degli umani. Senza più avere a mano il miglior ferro del mazzo, fa e farà una fatica boia, altroché. E forse valgono più certi suoi secondi posti che ottiene adesso sudando a bestia, che non tante vittorie ottenute prima, fischiettando col gomito fuori dall’abitacolo. Il mondiale 2021 intanto ci sta spiegando una cosa che faremo bene a tenere in mente. Lewis Hamilton non è un alieno, ma solo l’uomo più bravo al volante di una F.1. E la sua monoposto numero 44, adesso che è tornata battibile, ci fa capire che il suo pilota merita tifo, incoraggiamento e stima immensa, ma non ha niente a che vedere con l’area 51.
Link copiato