La Ferrari compie 75 anni aspettando il Bahrain

La Ferrari compie 75 anni aspettando il Bahrain

Nozze di platino con le corse. Settantacinque anni fa esatti, il 12 marzo 1947, muove i primi passi la prima Ferrari, la 125S, simbolicamente guidata da Enzo Ferrari medesimo, destinata a diventare l’origine del mito, oltre che la prima della specie
 

14.03.2022 13:12

Tempo due mesi e arriverà il debutto in gara e la prima vittoria. Se la F1-75 che s’incarica di far rinascere il Cavallino Rampante nei Gran Premi 2022 si chiama così, il motivo è proprio e solo questo. Non solo: c’è qualcosa di meravigliosamente pulsante e biunivoco tra la resilienza dell’Enzo Ferrari personaggio che diventa Costruttore, potendo finalmente dopo la parentersi Auto Avio Costruzioni, dare il nome alle sue creature, e quella della Rossa di F.1 del terzo decennio del terzo millennio, la quale cambia pelle per non arrendersi e nel fuoco consumante dell’astinenza della vittoria rinvigorisce, come il mito della salamandra, cercando nuova gloria. E attenzione perché dietro la primissima 125S v’è la storia e anche la parabola umana ed esistenziale di Enzo Ferrari a rappresentare un fino a oggi mai colto pienamente motivational, a mo’ di inno all’inseguimento infinito dei sogni non raggiunti.

La chiave di tutto, il fascino, la magia, la stordente esemplarietà dell’epopea del Grande Vecchio è proprio nell’essere diventato Grande da Vecchio, a differenza di tutti i suoi rivali di ieri, oggi e domani. Perché quando il Drake sale su quel simulacro di macchina ha quasi cinquant’anni, ne dimostra venti di più, è sovrappeso, pare stanco, praticamente cotto e invece ha gli occhi sognanti e sta per dare inizio a una delle più grandi rimonte rivelatrici nella storia dell’umanità, sportive e non solo. In fondo l’ultima fase dell’esistenza di Ferrari è la parte più compiuta e protagonistica del suo immenso arco vitale, perché diventa sempre più padre decisionale ultimo di vite e carriere altrui e dell’intera storia dell’automobilismo da corsa.

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Aristotelicamente, tutto ciò che si muove è mosso da qualcos’altro e a dare l’impulso primo e ultimo su tutto c’è sempre lui, motorista e motore immobile, terreno e terragno dio delle corse, incistato regalmente al centro del proscenio. Sebbene nascosto, un po’ misterioso, ieratico, ma informatissimo e visitabile solo su invito. La Ferrari nasce quando il Drake va per 50 anni e vince tutto e subito. A quasi 65 anni, Enzo Ferrari mette Mauro Forghieri a capo del Reparto Corse e comincia la parte più esaltante della sua parabola di uomo innamorato delle Corse e dei Motori. Da lì e fino alla fine, passando attraverso il trionfo con Surtees, il lungo digiuno, l’avvento del 12 cilindri piatto, la gioia sfiorata con Clay, la resurrezione grazie a Niki Lauda che poi si brucia ma come salamandra nel foco si renovella. Quindi il devastante divorzio dall’austriaco, la scoperta dal nulla di Villeneuve, l’esaltazione febbricitante dell’astro canadese, l’alloro di Scheckter, l’ultimo volo sacrificale di Gilles, la rivincita immediata con Tambay, il richiamo di Alboreto, il mondiale sfiorato con Michele, il sogno Barnard, il quasi ingaggio di Nigel Mansell e poi sipario.

Chissà, magari con le ultime tazze di latte della vecchiaia magari portate da “Pupo” Moreno mentre a Fiorano collaudava la Ferrari col cambio al volante. Forse più rombi uditi che respirati, ma la poesia resta. Monumentale, voluta, vissuta, centellinata e struggente. Fino alla fine. In un’era - questa - di vecchi non raramente orrendi, a volte volgari, spessi, malvissuti, incapaci d’accettare il tempo che passa, vecchi che spesso si tingono capelli, si segano le pance, si pompettano, si mettono dentature hollywoodiane, s’abbronzano, ballano e sgambettano vestendosi a fiori per sembrar fighi, ma il più delle volte, ancorché ricchissimi, son solo vuoti, tristi e non sanno esistenzialmente che pesci pigliare, la figura di Enzo Ferrari si staglia ancora, umanamente monumentale, brandendo il volante della 125 S come un Re all’interno d’un momumento equestre. Emblema alto e altro, maschio ma anche dotato d’infinita, dolcissima e quasi femminea passionalità per ciò che fino in fondo visse e amò. Con voluttà tenera e spietata, razionale, coraggiosa, sorvegliata e dolce del capitano d’industria, del race enthusiast puro e del padre ferito, mai banale e fuori luogo. Raccontando un modo bello e forte di rendere sublime l’estetica romanza di una vecchiaia forte che non fu mai deludente e sciatta vecchiezza. E se quasi tutto della sua vita resta così straordinario e ineguagliabile, la sola cosa stupendamente trasmissibile è proprio il modo in cui seppe essere vecchio non vergognandosi mai d’esserlo. Divenendo immediatamente mito grazie alle prodezze endurance. A quella mitragliata di mondiali vinti nei primi tre lustri d’attività. Regalando un esempio stimolante e inorgogliente di romanticissima vitalità, decoro e dignità.

La pozione nella quale la F1-75 nasce, è questa. Beneaugurante, auspicabilmente salvifica, magicamente carezzevole. Perché l’Enzo Ferrari apparentemente troppo Vecchio per sognare e destinato a trovare il segreto dell’eterna riconquistata giovinezza nelle corse subito stravinte e nei tanti, troppi mondiali da subito voracemente ghermiti, diventa l’ode più bella da sillabare. Mentre della F1-75 si ode il rombo, a formare l’eco di una poesia che ora, magicamente, chiede solo di potersi ripetere.


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