Hammer è sempre Hammer: gli basta d'avere una Mercedes W13 accettabile e...
In Spagna Lewis Hamilton - come tante volte Gilles Villeneuve nella sua carriera -, dimostra che la vittoria è solo un’astrazione e che a contare per giudicare un campione è come combatte e non certo quanto vince.
A Barcellona le cose per lui sono andate esattamente in questo modo, all’interno di una gara disputata in modo semplicemente divino. Con una prestazione personale che tanto dice sulla sua intatta classe e sulle, a quanto pare, inurtate spinte motivazionali. "Non è stato un azzardo prendere le medie, considerate che sono stato colpito da Kevin Magnussen dopo tre curve. Penso fosse la scelta giusta, potevamo lottare per la vittoria, avevamo un passo grandioso proprio sulle gomme medie. Sono giornate che arrivano per metterci alla prova".
Queste le parole squillanti e felici di Lewis Hamilton nel dopogara, presumibilmente il pilota più messo in dubbio, più sotto pressione e tendenzialmente e apparentemente il meno motivato in questa strana fase del mondiale, alla vigilia del Gp di Spagna.
Tutto poi si era messo nel peggiore dei modi, per Hamilton medesimo, con il compagno di squadra Russell ancora una volta davanti in qualifica e Magnussen che subito dopo il via gli franava addosso mettendogli kappaò una gomma, costringendolo a un lungo e lento rientro in pit-lane per la sostituzione. Gara finita, dunque? Macché. La sfiga subita diventa prologo e occasione di reazione imperiale, fatta di passo gara da top driver, con un’efficacia, un’umiltà e un’intensità tali da fargli infilare una rimonta antologica, a suon di giri veloci e sorpassi indiavolati. Fino a farlo agganciare stupendamente una quinta posizione miracolosa, perché colta (ri)partendo da ventesimo. In una corsa totalmente priva di emergenze e Safety-Car, quindi spietata e sprovvista di ganci risarcitori nei confronti di chi senza colpe s’era trovato a inseguire.
In poche parole, i ventidue secondi di distacco finale dal compagno di squadra George Russell non devono per niente preoccupare, perché, senza tutto il tempo perso con la gomma a terra, presumibilmente al giovane compagno di squadra Lewis poteva fargli la prima amara sorpresa di questo vibrante quanto stimolantissimo confronto interno in casa Mercedes.
Laddove la W13, per l’ennesima volta modificata, ritoccata e scaravoltata, finalmente comincia a dare chiari segni di reazione positiva nonché di ritrovata competitività in pista. Il che dimostra alcune cose interessanti e istruttive assai.
La prima delle quali dice che Hammer è ancora un martello e che se fino ad ora in questo 2022 non aveva battuto un chiodo la colpa andava ascritta solo alla squadra, fino a che non gli ha messo a disposizione una W13 decente.
La seconda dice chiaramente che il duello in casa con Russell è apertissimo e con un Lewis meno sfortunato ovvero mai più ostaggio delle tramvate prese incolpevolmente da Magnussen, le cose potrebbero mettersi financo ben diversamente, chissà.
La terza verità recita che non è Hammer ad avere problemi esistenziali, di guida o di capacità, bensì è George Russell a sfoderare prestazioni talmente monstre, che presumibilmente, a parità di macchina con il giovanissimo britannico, chissà, perfino Max Verstappen qualche domandina se la comincerebbe a porre. Ricordate come tutto è cominciato?
Certo che sì. Avere per casa uno come George Russell non è una di quelle cose che mettono tranquillità. Lewis Hamilton se ne accorse amaramente già a fine 2020, quando, positivo al Covid, fu costretto a vedere il baby supplente fare sfracelli in Bahrain 2, favoloso in pista senza far rimpiangere il capitano. Show tale da consigliare il vecchio campione di fare un’ingozzata di Brufen per ripresentarsi subito in gara nel finalone di Abu Dhabi per levare la Mercedes dalle mani del pericoloso riservista di lusso, il quale in tre seratelle di prove a gara in notturna aveva proiettato più ombre d’un campanile sulla superstagione fin lì immacolata di Hammer.
Tornando alla cronaca, giunti a questo punto del mondiale 2022, le novità che emergono da Montmelò, sfighe d’affidabilità della Ferrari a parte - certo, e mica dico poco - per il resto recano news entusiasmanti, specie dalle parti di Toto Wolff.
La Mercedes W13 è una monoposto salvabile, quanto a competitività. Resterà la peggiore e la meno entusiasmante delle Frecce d’Argento nell’era turboinbrida, di sicuro quella partita meno bene, ma il potenziale della squadra è talmente terrificante che a forza di lavorarci su, questi renderebbero veloce perfino uno scaldabagno.
Quanto a Lewis Hamilton, non solo in questo campionato, ma per la sua epopea stessa di campionissimo, è proprio di giornate così che ha bisogno. Perché dopo anni e anni in cui ha corso con Bottas quale unico rivale e una Mercedes imbattibile in mano, vederlo ora lottare alla grande con una vettura non irresistibile e l’occhio della tigre dalla parte sbagliatissima dei trent’anni, lo rende infinitamente più simpatico, dando soprattutto segnali meravigliosi circa la sua classe e la sua attitudine a voler tornare a lottare per le posizioni che contano davvero, nel minor tempo e nel miglior modo possibile. Per questo Lewis Hamilton, pur solo quinto di fronte al compagno Russell di nuovo a podio, esce alla stragrande dalla graticola di Montmelò. Preparandosi ad affrontare il mondiale da qui in avanti con la consapevolezza che con ogni probabilità per lui e la Mercedes il peggio è passato.
Anche se le parole di Toto Wolff, il quale adesso vede addirittura la sfida per l’iride riaperta, sembrano financo belle esagerate. Ma non importa. Ciò che conta è che a Barcellona la Formula Uno, oltre a cambiare seccamente due leadership in altrettanti i campionati in corso, ha pure ritrovato, come effetto collaterale entusiasmante, un grande campione. Mai come ora valido, spendibile e per niente appannato, pronto a far vedere già dal weekend di Monaco che con una vettura a posto può tornare a essere lo stesso leggendario battistrada che aveva ipnotizzato il Gp di Abu Dhabi 2021 e il finalone del mondiale precedente, fino a quella per lui malaugurata Safety-car causata da Latifi. Per questo la morale laterale di Montmelò sta tutta in una riga e mezzo, capace di regalare ulteriori emozioni pensando al presente e, soprattutto al futuro. Bollito non è mica Lewis, ma solo chi ha avuto l’ardire di pensarlo bollito.
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