Quella voglia pazza del figlio di buona donna

Quella voglia pazza del figlio di buona donna

Tutti a cercare di indovinare chi sarà il sostituto di Binotto con un sogno preciso i testa...

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05.12.2022 09:38

Due riflessioni sull’immediato dopo Binotto, premettendo che qui non si parla né si fa il nome del successore prescelto. La prima riguarda il passato e la seconda il futuro. Tanto per cominciare, vorrei richiamare l’attenzione su una cosa piuttosto singolare, ossia questa. Dal 1961 a oggi, guardando tra tutti i supercapi assoluti o quasi, si capisce e si carpisce una realtà piuttosto sconvolgente: chi lascia la Ferrari, poi in F.1 non vince più niente o quasi. Verissimo, c’è la figura di Ross Brawn a meritare considerazione e considerazioni, visto che nel 2009 con la BrawnGp ha poi vinto mondiali in un sol colpo da proprietario, team principal e responsabile strategico di muretto, però va anche detto che lui capo assoluto alla Ferrari non è mai stato, ricoprendo una figura ad hoc di apicale semi-intermedio rispetto ai semidei Montezemolo & Todt, in qualità di Direttore Tecnico, e alla fine andandosene alla Honda proprio perché la scalata al vertice non la vedeva praticabile.

I destini di chi lascia la Ferrari

Tutti gli altri hanno fatto molto, producendo progetti e idee interessanti, ma mai bissando altrove la gloria ottenuta a Maranello. Di Chiti tutto si sa, di Forghieri abbiamo detto e scritto tutto - il suo motore Lamborghini V12 meritava maggiori chance, in verità -, Piccinini, un politico-amministrativo e non un tecnico, poi se n’è andato altrove, dividendosi tra incarichi Fia e l’avveduta gestione del suo capitale finanziario. Fiorio, che in questo numero trovate intervistato proprio nel suo ruolo di ex timoniere Rosso, ha avuto il vanto di riuscire a vincere un Gp con Panis a Montecarlo 1996, con la modesta Ligier ottenendo anche dieci podii, e meriterebbe una medaglia d’oro al valore sol per questo. Quanto a Jean Todt, chiuso il rapporto con la Ferrari, s’è dedicato con successo a incarichi presidenziali globali, quindi onore al merito. Quanto a Marco Mattiacci e Maurizio Arrivabene, dopo la Rossa F.1 si sono in altre faccende affaccendati. Per certi versi, solo Montezemolo ha la gloria d’aver vissuto due ere vincenti in archi narrativi e agonistici diversi, ma, attenzione, pur sempre all’interno della Ferrari, prima da giovane diesse e poi da austero Presidente, ovviamente mai altrove. La verità è che chi lascia Maranello, perde la magia vincente. Come la teoria dell’ostrica letteriariamente, socialmente ed esistenzialmente propugnata da Giovanni Verga: smarrendo la roccia d’origine, l’organismo soffre assai e non prospera come prima.

Ferrari, il capo è come il Presidente degli USA

Nelle pagine dedicate qui dedicate appunto a Fiorio, lui stesso risponde con l’acutezza di sempre che la Ferrari è la più grande università al mondo specializzata in corse e chiunque esca, per definizione, percorre gradini verso il basso, mai verso l’alto. È vero. Come è vero che tecnici di talento e responsabilità alta quali Aldo Costa e James Allison, a turno, si sono poi inseriti stupendamente bene nella Mercedes, divenendo strumenti di vittoria, dopo essere stati validissimi anche in Ferrari, ma senza esserne stati mai stati i capi assoluti. Il superboss rosso, per definizione, dati alla mano, quando smette d’esserlo non lo diventa per altri. Come un Presidente degli Stati Uniti che, esaurito il mandato, singolo o doppio che sia, poi non va al servizio d’altre potenze, in ogni caso adeguandosi a un tipo di vita diversa. Mi viene da sorridere a pensare a Binotto come a un possibile e incattivito Donald Trump in cerca di rivalsa. Galantomismo nel comportamento e serenità personale fanno di lui un tipo assai diverso dal focoso tycoon pel di carota, quindi, comunque e dovunque vada in futuro dopo il gardening, sarà sempre con poco chiasso e molto stile.

Seconda riflessione

La seconda faccenda, invece, è di carattere socio-mediatico. Mai come stavolta, a Binotto dimesso e a sede maranelliana vacante, s’è scatenato il toto-responsabile Ges. Neanche al commiato di Todt targato 2008, al tempo in veste di Ad, che era stato il capo Rosso più vincente di tutti, c’era stata tanta febbrile e spasmodica ricerca del nome dell’erede. Come sempre, c’è da pensare che questo cambiamento non sia casuale. C’era una volta il mercato Piloti e la ricerca soignante di un grande campione per la Ferrari. Tutto partiva dal presupposto che per fare una grande squadra era fondamentale avere un gran manico al volante, tutto lì. Al resto pensava lui. «Date una macchina decente o buona a Niki Lauda e lui vi porterà a casa un titolo mondiale» - diceva orgoglioso Mauro Forghieri.

Un bravo figlio di...

Adesso no. Non più. Credo che questa sorprendente enfasi nella ricerca di un nome e un volto con cui sostituire Binotto affondi le radici in una nuova, rivoluzionaria e amarissima consapevolezza ormai condivisa da tutti. In F.1, in questa F.1, se non hai un capo politicamente forte, superavveduto, sgamato, all’occorrenza anche un tantino spregiudicato e figlio di buona donna, proprio non vai da nessuna parte. L’ingegner cortese, la persona intelligente ed educatissima, lo studioso promosso a condottiero - incarnato a torto o a ragione da Binotto - sembra aver lasciato questo, come retrogusto analitico e pretesa risarcitoria, tra la gente. Forse questa ricerca spasmodica del nome capace di aggiustare tutto parte dalla consapevolezza, secondo me un po’ triste e pure malinconica, che in un Circus come questo è meglio poter contare su un condottiero estremo, tosto, sinuoso, politico e all’occorenza politicone, iperfurbo, tentacolare e superdeterminato, che non avere a disposizione Adrian Newey o Max Verstappen. Il tempo passa e i gusti cambiano, assieme alle legittime esigenze. La base dei ferraristi, spesso masticando amaro, ha capito la lezione e reagisce a suo modo. Teniamoci pure Leclerc, Sainz e Cardile che sono bravissimi, ma dateci al comando uno più cattivo della suocera di Helmut Marko incrociata con la zia di Eva Kant e il nipote di Tex Willer, sennò qui non si va da nessuna parte. L’avete voluta la F.1 post-eroica tutta soldi, circuiti arabescati, giochi di potere, zero rischi e very politicona? Adesso godetevela.


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